da la Repubblica Napoli, 21 luglio 2011
In linea con l’apertura di canali di partecipazione inediti per un’amministrazione locale, il sindaco de Magistris ha delineato i nuovi indirizzi di politica culturale mettendo l’accento, tra le altre cose, sul decentramento delle iniziative e sul coinvolgimento dei centri di produzione culturale più piccoli e periferici. Ci vorrà del tempo per valutare la capacità della giunta di rendere concrete tali dichiarazioni d’intenti ma, almeno per il momento, sembra aprirsi uno spiraglio per una politica culturale intesa non tanto come un’estemporanea vetrina di eventi per turisti e investitori ma piuttosto come un tassello importante per l’emancipazione dei cittadini, soprattutto i più giovani, attraverso la creazione di infrastrutture, e di relazioni e occasioni costruttive.
Chi ci vive sa bene che a Napoli l’offerta dei servizi pubblici, anche culturali, è di gran lunga inferiore alle necessità dei suoi abitanti. La politica culturale di una grande città è inevitabilmente composta da un mosaico eterogeneo di attività e di interventi. E se il giudizio sugli artisti, e il dibattito sulle loro opere, spetta in primo luogo alla critica (che si vorrebbe meno distratta e pilatesca), accanto alle rassegne, ai musei e ai concerti in piazza questo nuovo corso potrebbe essere finalmente l’occasione per avviare una rete di centri culturali (ma si può leggere anche spazi teatrali o biblioteche al passo con i tempi) che offrano in ogni quartiere servizi minimi – sale riunioni, sale prove, computer connessi a internet, incontri qualificati con autori e docenti – alle migliaia di giovani in cerca di spazi di conoscenza, efficienti e affidabili ma anche attraenti e non paludati. Qualcuno dirà che qualcosa del genere è già compreso nell’attuale carta dei servizi comunali, la realtà è che purtroppo esistono solo simulacri che portano questi nomi, considerati con sovrana indifferenza dai loro principali destinatari.
In fondo, anche la precedente amministrazione ha realizzato le iniziative meno effimere nel campo della cultura quando ha promosso l’incontro e la mescolanza tra artisti emergenti – e motivati a trasmettere – e tanti giovani delle scuole del centro e della periferia. Lo stesso museo Madre, accanto ai vernissage mondani e alle serate danzanti, ha ospitato per due anni e mezzo le scuole elementari del circondario, in un percorso di avvicinamento all’arte che culminava periodicamente in un’esposizione dei lavori degli alunni, capace di attirare nelle stanze del museo un inedito pubblico di famiglie con bambini.
L’assessore alla cultura Di Nocera non ha bisogno di essere stimolata su questo terreno. Tra i vanti della sua lunga esperienza come operatrice culturale c’è la visita del regista inglese Ken Loach al Pierrot, il cinema superstite di Ponticelli, non un semplice fiore all’occhiello ma punto di partenza nell’opera di quotidiana animazione culturale svolta in quel quartiere. Ecco, se tra qualche tempo diventasse “normale” che i grandi nomi dell’arte in transito nella città, ma anche i non numerosi maestri che ci vivono e lavorano, potessero far visita ai centri di cultura viva che fioriscono tra mille difficoltà in periferia, sarebbe il segnale di un’inversione di tendenza. Naturalmente questi centri andrebbero accompagnati, sostenuti e, in non pochi casi, creati ex novo. L’enfasi posta sul ruolo delle associazioni è un tratto distintivo di questi primi mesi del governo de Magistris ma non deve diventare un alibi per i soliti inefficaci interventi a pioggia. È inutile nascondersi che un programma di capillare e duraturo intervento sul territorio ha bisogno di idee chiare, di una pianificazione organica e di risorse adeguate, e tutti sappiamo in quali lamentevoli condizioni l’amministrazione Iervolino abbia lasciato le casse del comune.
Insomma, le variabili della politica culturale napoletana sono molteplici e non resta che seguirne criticamente l’evoluzione. A partire, per esempio, dal Forum delle culture, che la città ospiterà tra due anni. Le risorse a disposizione per questo “grande evento” verranno dilapidate per mettere in piedi il solito circo dei grandi nomi della cultura-spettacolo, lasciando in eredità alla popolazione, come è accaduto a Barcellona nel 2004, una montagna di debiti e infrastrutture tanto gigantesche quanto inutilizzabili, oppure sarà l’occasione per diffondere in città almeno un embrione di questo nuovo corso? L’ex assessore alla cultura Oddati, da poco riconfermato alla presidenza del Forum delle culture, ha subito annunciato di essere al lavoro per aggiudicarsi l’esibizione della rockstar Madonna… È questa la linea della giunta de Magistris o con quei soldi si può fare qualcosa di meglio che pagare l’onorario e la suite al “Vesuvio” alla Madonna di turno? (luca rossomando)
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