Verrà ufficializzato nei prossimi giorni – venerdì, con ogni probabilità – l’accordo per la cessione dell’area su cui sorgono lo zoo, l’Edenlandia e l’ex Cinodromo a una cordata costituita dalla Clear Lesuire Plc (ex Brainspark, che fa capo al discusso imprenditore Alfredo Villa) in partnership con il napoletano Floro Flores, leader di un’azienda che si occupa della produzione di software.
Nei giorni che hanno preceduto l’accordo – annunciato tra brindisi, bottiglie di champagne e squilli di tromba dalla stampa cittadina – tanti sono stati quelli che hanno mostrato soddisfazione per la transazione: dall’ex proprietario Falchero al partito dei Verdi, dai lavoratori dell’azienda (che avevano annunciato di essere pronti ad autotassarsi per salvare almeno il parco dei divertimenti) fino alla giunta comunale, che nella persona dell’assessore Panini ha esultato «per la restituzione di due strutture storiche alla città». Proprio da palazzo San Giacomo, in realtà, nei mesi scorsi erano state diffuse affermazioni poco lusinghiere nei confronti di Villa. In un incontro risalente al gennaio 2012, gli assessori Realfonzo ed Esposito avevano dichiarato che il comune avrebbe fatto tutto quanto nelle proprie possibilità perché l’area fosse affidata dal giudice fallimentare a pretendenti più degni.
Anche il sindaco de Magistris, in più occasioni, nel corso di alcuni incontri con i comitati e le associazioni della zona, si era mostrato preoccupato riguardo la possibile cessione all’imprenditore, già re del porno con la sua Private Media Group e al centro di più di un polverone negli ultimi anni. Nel 2010, per esempio, quando acquistò alcune azioni dell’Ancona calcio, provando a risanare i conti, ma non riuscendo alla fine a iscrivere la squadra, che militava in serie B, nemmeno alla D. Il nome di Villa, è ben noto poi in Piemonte, dove la costruzione di un discusso parco dei divertimenti da seicentomila metri quadrati è bloccata da anni a causa delle proteste degli ambientalisti, e di alcune varianti al piano regolatore che la regione non vuole rilasciare, dati i vincoli ambientali che proteggono l’area verde canavese.
Al di là delle referenze dell’acquirente, però, l’accordo raggiunto tra il giudice fallimentare e la Clear Leisure appare come un accordo ampiamente al ribasso, particolarmente sbilanciato a favore dell’imprenditore, soprattutto se si confrontano le cifre con quelle del bando di gara per la cessione dell’area – poi andato deserto – pubblicato lo scorso 24 maggio. Così, se il bando fissava il prezzo base per l’acquisto del lotto unico a quattro milioni e settecentomila euro, la proposta (poi accettata), pervenuta al giudice tramite la procedura di trattativa privata, da parte di Villa e soci, è di un milione e settantacinque mila euro, di cui trecentomila da pagare subito e il resto tra sei mesi. La seconda grossa distanza è quella che separa le due somme previste per la manutenzione straordinaria di alcune strutture coperte da vincolo: all’interno del bando, la cifra necessaria per effettuare quegli interventi era di due milioni e trecentomila euro, per operazioni indispensabili su strutture come la tribuna dell’ex Cinodromo, il ripristino di alcune voliere, recinti e gabbie dello zoo, gli archi e il colonnato dell’ingresso di Edenlandia. Di questi due milioni e tre, la Clear Leisure ne garantisce ben ottocentomila euro in meno. Non si capisce, leggendo il decreto del giudice Graziano, quali degli interventi previsti inizialmente dal bando non verranno effettuati (fatta eccezione per la ristrutturazione della villa Leonetti), o se gli stessi, come da tradizione, verranno effettuati alla meno peggio, per risparmiare tre-quattro centinaia di migliaia di euro.
Il terzo tasto dolente dell’accordo riguarda il canone d’affitto che i nuovi proprietari dovranno pagare alla Mostra d’Oltremare, proprietaria dei suoli. Il prezzo stabilito inizialmente era di ottocentoquarantamila euro annui, con un’agevolazione per il primo anno a cinquecentosettantamila. È qui, forse, che ai compratori riesce il vero colpo da maestro, tanto che al termine della trattativa si aggiudicano un canone da quattrocentomila euro all’anno, meno della metà di quello che chiedeva la Mostra inizialmente, e addirittura una cifra inferiore di un terzo al canone agevolato che era previsto per i primi dodici mesi. Insomma, un affitto di tre euro per metro quadro, su un’area come quella di zoo, Edenlandia e Cinodromo, è un regalo che non si capisce in base a quali meriti la cordata acquirente si sia meritato.
«Nessuna alternativa!», arrivati a questo punto, ribattono gli opinionisti e i difensori a oltranza dell’accordo: l’offerta della Clear Leisure in effetti è stata l’unica pervenuta e rifiutarla avrebbe significato il fallimento e la liquidazione delle aree. Sarebbe stata proprio quella, però, probabilmente, la soluzione più valida. Da circa un anno – va tenuto in considerazione – un coordinamento di cittadini dell’area Fuorigrotta-Bagnoli ha presentato al sindaco un progetto di gestione dell’area da parte di comitati e associazioni, facendo leva sulle velleità partecipative dell’amministrazione. «Anche il problema dei lavoratori sarebbe stato superabile attraverso l’assorbimento degli stessi nell’organico della Mostra d’Oltremare – spiegano dal Laboratorio partecipativo Zoo-Edenlandia – mentre una gestione congiunta tra cittadini e comune avrebbe potuto impedire l’ennesima svendita di un bene pubblico, tanto più a un imprenditore così discusso e poco affidabile».
Proprio quest’aspetto, assieme alle perplessità sulla solidità del progetto, sembra essere quello più difficile da mandar giù. La strada scelta dal giudice fallimentare (con l’indiretta complicità dell’amministrazione, a cui in tanti chiedevano di procedere fin dall’inizio con una gestione diversa della crisi, evitando lo strumento del bando di gara, che avrebbe portato inevitabilmente a una svendita, considerando i vincoli che rendono l’area poco appetibile per qualsiasi imprenditore) è stata la più facile, ma anche la più rischiosa. Cosa succederà se tra qualche tempo, come già accaduto due volte in precedenza, il progetto si dimostrerà non in grado di sostenersi? Quali garanzie ha fornito Villa perché la storia di fallimenti, di finti rilanci e mediocri ristrutturazioni non si ripeta in eterno? Sarebbe stato così assurdo lavorare per la costruzione di un grande parco verde pubblico e gratuito, insieme ai cittadini, piuttosto che regalare (con la scusa di far cassa) un’area così grande e così importante al primo capitano di ventura? La risposta è abbastanza scontata, e le perplessità aumentano, nel frattempo, assieme alle voci riguardo la possibilità che dietro Villa possa esserci in qualche modo anche la presenza della vecchia proprietà, che con Villa, un paio di anni fa aveva trattato perché lo affiancasse, attraverso l’inserimento di capitale, nella gestione dell’area. (riccardo rosa / davide schiavon)