da: Il Corriere del Mezzogiorno del 19 dicembre
«Carpentieri ha ricostruito la storia delle date per le primarie », bofonchiò l’uomo brizzolato piegando la testa verso il giornale. «Erano state fissate per il 7 febbraio, ma dalla segreteria è stata chiesta una moratoria. In seguito si era pensato al 20 marzo, ma a Roma sono state espresse perplessità. Infine si era ipotizzato il 28 febbraio, che a questo punto appare superato a favore del 6 marzo». L’uomo posò il quotidiano sul tavolino e si fermò a riflettere, passandosi la mano sul mento.
«Cose da pazzi…», sussurrò, accarezzando il gatto sull’altro bracciolo della poltrona.
«Come dici, nonno?».
«Niente piccolo…». L’uomo tranquillizzò il nipotino che giocava con un vecchio plastico-modello, usato a suo tempo per illustrare un piano regolatore mai attuato. «Cose da grandi».
«C’entrano con quella storia del sindaco?».
A soli sette anni il piccolo Antonio, che portava lo stesso nome di suo nonno, era un protagonista della scena politica. Di lui si parlava negli articoli di fondo, nei tanti libri scritti dal suo illustre parente, ed era stato tirato in ballo da un altro dei candidati, in una lettera su un giornale. Lui continuava a pensare ai suoi giochi, ma aveva memorizzato alcune parole come “primarie”, “spin doctor” e “affittopoli”, per far piacere al nonno. Aveva imparato che quest’ultima parola gli faceva un po’ meno piacere.
L’uomo brizzolato lo fissò, continuando ad accarezzare il felino: «Massì, Antonio. Cercano di mettermi i bastoni tra le ruote. Ma nonno non ha paura».
Ripensò a quegli sms anonimi ricevuti in settimana, sempre da un numero diverso. “Ritirati, il tuo tempo è finito”. “Largo ai giovani”. “Meno restaurazioni, più rottamazioni”. Poi l’autore di quegli scherzi infantili si era tradito e lui gli aveva risposto per le rime: “Migliore vedi che il tuo numero l’ho salvato in rubrica nel ’94! Quando mi chiamasti per scusarti che avevi organizzato un controvertice del G7”. A quel punto il nonno si destò, e ricominciò a parlare al piccolo Antonio, che simulava con dei peluche una seduta del maxiprocesso sui rifiuti.
«Stanno prendendo tempo, facendo finta di cercare qualcuno all’altezza. Ma io ho Matt dalla mia. Mi ha assicurato che è lo stesso giochetto di De Luca».
«De Luca, il sindaco?», chiese il piccolo Antonio.
«Sono io l’unico sindaco!» alzò la voce il nonno, pentendosene subito e riassestando la coperta sulle ginocchia. Chiese scusa al nipotino e riattaccò il discorso che gli aveva ripetuto mille volte: «Fino all’ultimo momento faranno gli indignati, fidati. Poi saliranno sulla barca dicendo che “è stato il popolo della sinistra” a volermi. E mi seguiranno».
«Come sempre nonno. Quei pappemolli hanno bisogno di un leader. Tipo il generale Custer», sottolineò furbescamente Antonio jr., bramando i soldatini riposti in una scatola, con cui non lo facevano mai divertire.
«Dici bene», gli sorrise il vecchio. «Ora possiamo giocare all’inaugurazione del Madre. Ti va?».
«Va bene. Ma senza quella parte in cui tu e Cicelyn mettete i salatini nella giacca di Napolitano. Che poi mamma trova le briciole per terra e mi sgrida». (riccardo rosa)