Dal n.49 di Napoli Monitor
I prossimi tre anni dovrebbero essere, almeno nelle intenzioni dell’amministrazione comunale, quelli decisivi per le rilevanti trasformazioni urbane che la città attende da tempo. Se sul versante portuale della città si gioca una partita delicata come quella con l’imprenditore Romeo (interessato a una gestione a suo dire “federal-municipale” dell’area della ex Dogana), mentre nell’area orientale risultano ancora poco chiari gli sviluppi di questioni come il sito di compostaggio, il progetto Naplest e quello dell’eventuale nuovo stadio, ancora più confusa continua a essere la situazione sul fronte occidentale.
Dopo il bluff della coppa America sulla colmata, infatti, sul destino dell’area Bagnoli-Coroglio-Fuorigrotta si sono riaperte le discussioni, che sembrano però di volta in volta svilupparsi a partire dall’“idea del giorno”, più che da reali progetti da mettere in campo. L’ultima, tra queste idee, è quella di un sito di compostaggio nell’area a ridosso di Coroglio, un progetto che in realtà aveva mosso (seppur in maniera molto diversa rispetto a quello attuale) i primi passi nel 2008, sotto la giunta Iervolino. Ma non era andato molto lontano.
Si è detto, in più di una circostanza, della necessità impellente che ha la città – per incrementare la raccolta differenziata – di dotarsi di almeno due o tre piccoli impianti di compostaggio. Sarebbe dunque ipocrita rispondere all’amministrazione con un no “senza se e senza ma” riguardo a questa ipotesi, anche se la necessità assoluta è comunque il mantenimento della vocazione turistica dell’area, e di conseguenza la costruzione di un impianto che sia compatibile (sia dal punto di vista ambientale, che paesaggistico) con questa intenzione. Più che sul sì o sul no, quindi, la discussione andrebbe spostata sul “come” si intende realizzare quest’impianto, facendo chiarezza sulle modalità e le dimensioni, tanto più che già parecchie sono le divergenze tra i sostenitori di tecnologie di tipo aerobico o anaerobico, e che la gara d’appalto per la bonifica dei fondali e del litorale è stata finalmente aggiudicata a un’associazione temporanea di imprese, proprio all’inizio del mese di maggio.
Nel frattempo, sul fronte delle iniziative di base, si segnala la campagna per ottenere un referendum sulla realizzazione di una spiaggia pubblica da Nisida a Pozzuoli, promossa da un folto gruppo di associazioni e cittadini, che mette l’accento sulle contraddizioni di un litorale che a più di vent’anni dalla dismissione dell’acciaieria vede ancora uno spazio esiguo dedicato alla balneazione gratuita, mentre sulla linea di costa insistono, oltre alla colmata mai bonificata, lidi privati, ormeggi abusivi e l’ingombrante struttura di Città della scienza, carrozzone insediato ai tempi di Bassolino, che sembra un tabù anche per i nuovi governanti. De Magistris ha speso parole di appoggio all’iniziativa ma la sua realizzazione dovrà inevitabilmente fare i conti con questi centri di potere locale.
La questione dell’impianto, tuttavia, non appare così decisiva come l’amministrazione comunale prova a presentarla per lo sviluppo dell’area; anzi, proprio negli stessi giorni in cui se ne discuteva, due elementi ben più importanti sono emersi, soprattutto a seguito di una conferenza stampa in cui il sindaco ha presentato un cronoprogramma per l’inaugurazione delle opere in costruzione, mentre all’assessore al bilancio Riccardo Realfonzo è toccato, suo malgrado, rendere conto della disastrosa situazione economica di Bagnoli Futura, la società di trasformazione urbana che gestisce le operazioni. Mentre il sindaco de Magistris, così, annunciava le tappe per la prossima apertura delle opere finora realizzate: Porta del parco (giugno), Turtle point (settembre) e Parco dello sport (dicembre), Realfonzo parlava del piano di risanamento di Bagnoli Futura, l’indebitato colosso (capace, per dirne una, di bruciare quindici milioni di euro tra il 2008 e il 2010) che gestisce le fortune e soprattutto le sfortune dell’area ex industriale.
Il rischio di fallimento per la Bagnoli Futura è un’eventualità non remota: si tratterebbe in questo caso di un evento che la maggior parte dei potenziali investitori interessati all’acquisto dei suoli aspetta da tempo, tanto che la necessità di trovare una soluzione per evitarlo, è in questa fase il cruccio maggiore per l’amministrazione; tanto più che una soluzione valida non sembra essere quella della vendita dei lotti di terreno, nonostante gli ottimismi del presidente Omero Ambrogi, già ex presidente della corte d’Assise, e insediatosi al vertice della società partecipata nei mesi scorsi, non appena il sindaco ha preso atto dell’impossibilità di chiuderla, così come promesso avventatamente durante la campagna elettorale. Nonostante il nuovo bando – che fissava al 19 giugno il limite per la presentazione di una manifestazione di interesse, poi prorogato al 2 ottobre – abbia ulteriormente diviso i lotti di terreno nel tentativo di invogliare i potenziali acquirenti, il presidente di Acen (l’associa- zione che riunisce i costruttori napoletani) Rudy Girardi, ha commentato in maniera scettica anche quest’ultima proposta, così che ci sono non poche possibilità che l’asta possa andare ancora una volta deserta.
Nel frattempo, altri due elementi utili a delineare lo scenario generale vengono fuori: nel corso delle stesse ultime convulse giornate, infatti, si è appreso della prossima cessione dal comune a Bagnoli Futura della Porta del parco, la prima (e finora unica) opera realizzata tra quelle previste nell’area. Sempre più probabile, inoltre, appare la creazione di una nuova società che inglobi la stessa Bagnoli Futura con la Mostra d’Oltremare e le Terme di Agnano. Se da un lato, queste operazioni potrebbero essere lette come preparazione a una futura vendita delle opere realizzate, o quanto meno come un tentativo di ampliare il patrimonio ipotecabile dell’azienda, dall’altro aprono la strada ad almeno due certezze. La prima, è che le ormai palesi difficoltà della partecipata non potranno che scoraggiare ulteriormente gli investitori, già alle prese con grane quali la grandezza dei lotti (ritenuta eccessiva) e la necessità di cambio di destinazione d’uso dei terreni (bonificati per uso industriale e non residenziale), per i quali il prezzo stabilito, tra quattordici e ventuno milioni, sembra ancora troppo alto. La seconda è che, nel caso non remoto in cui l’asta dovesse andare nuovamente deserta, il piano di rientro dal debito – a meno di clamorosi e non auspicabili sviluppi, vedi la privatizzazione delle opere – annunciato in pompa magna dall’accoppiata de Magistris-Realfonzo, rischierebbe di restare l’ennesima operazione esclusivamente mediatica della giunta. (riccardo rosa)