«La nostra amministrazione ha potuto tenersi in piedi fin quando abbiamo avuto l’appoggio popolare. Quando c’è venuto a mancare, non ce l’abbiamo fatta più a resistere alle pressioni interne ed esterne. […] Quando si crede di essere più forti che mai è allora che comincia il declino: si è portati a non dare tutta la necessaria attenzione alle critiche dell’opposizione, si diventa a volte arroganti, si perde il contatto con la base e buona notte al secchio. C’è stato un momento, sia pur breve, in cui questo errore noi l’abbiamo fatto». (Maurizio Valenzi, da: Un romanzo civile. Attilio Wanderlingh, 1988).
Leggo queste parole mentre aspetto un improbabile autobus che mi porti al circolo Ilva per il tanto atteso incontro tra Luigi de Magistris e Antonio Bassolino. Si parla di tredici anni (in due) di amministrazione cittadina, potenzialmente diciotto. Mi si avvicina una donna piccola e sorridente, che mi parla in un napoletano affascinante. È stata consigliera comunista durante la giunta Valenzi, non crede in de Magistris, non si fida di Bassolino. Curiosamente il filo che i due scioglieranno durante l’incontro porta ancora a Valenzi, sindaco dal 1975 al 1983, citato più volte da Bassolino, come in una sorta di ininterrotto flusso di dialettica politica che unisce gli ultimi quaranta anni di questa città. Le foto alle pareti ricordano le lotte operaie che Bassolino rivendica: lo vediamo manifestare con Berlinguer e Napolitano, ci giriamo ed è ancora lì a cercare di dettare la linea.
Prima del simposio c’è in programma un dibattito sul ruolo delle donne. Vi partecipano Livia Turco, Mara Carfagna e Francesca Scarpato, segretaria dei giovani democratici napoletani. Il confronto (generazionale) va avanti per compartimenti stagni. I tempi non permettono alla discussione di aprirsi al pubblico. Le cose migliori le dice proprio la giovane Scarpato, un po’ imbarazzata dalla platea ma quantomeno sincera, unica scintilla nel piattume di una discussione tutto sommato inutile. Livia Turco vuole «abolire la cultura patriarcale, dove l’uomo è proprietario del corpo femminile». Invita poi gli uomini a elaborare un nuovo linguaggio. Carfagna, in tailleur e sorriso smagliante, ricorda le segretariette di Bianciardi (“Basta che una di queste, con le sue gambette secche e il visino terreo, si impadronisca d’un pezzo di tubatura aziendale, e lo intasi, perché poi tutto si subordini a lei”), e ripete parole come “competizione” e “affermazione”, portando a esempio il Nord Europa, magari quella Svezia paese da record per suicidi e depressione.
Con quindici minuti di anticipo inizia il dibattito tra de Magistris e Bassolino. Modera Marco Damilano, vicedirettore dell’Espresso e opinionista di Gazebo. A sorpresa sarà lui il più ricercato per i selfie di fine serata. Si inizia con una serie di reciproche vaghe piacevolezze, come ex compagni di squadra che intervengono in radio e si fanno complimenti assurdi, del tipo: «Eri il migliore a mettere cross dai cinquanta metri». Nei problemi della città si entra di striscio, incorniciandoli sempre nella confusionaria lotta per l’autonomia che l’amministrazione vuole portare avanti. Bassolino ricorda che a Napoli bisogna avere «due occhi: uno guarda i guai e l’altro le risorse e le bellezze». La sala è piena, duecento persone accalorate. In maggioranza operai in pensione ed ex tesserati del Pci in divisa Polo Lacoste. Pochi giovani, qualche volto semi-noto della politica cittadina, insegnanti. C’è chi accompagna le parole di Bassolino con i pugni chiusi, chi guarda foto lascive su facebook, chi litiga per la visuale.
Scelgo un posto fuori dalla mischia. Acutizzo l’udito e dal cancelletto di ferro guardo i volti tesi verso i conferenzieri. Alle mie spalle il rumore del mare che s’ingrossa di pioggia, Nisida si illumina in lontananza. Sono le otto di un sabato primo ottobre duemilasedici, ma il tempo si è fermato – lo testimonia anche l’orologio del circolo, fermo alle 10:05 di un giorno andato forse da quarant’anni. De Magistris chiede autonomia al governo, ricorda che contro il commissario di Bagnoli, Salvatore Nastasi, non ha nulla di personale. «Su Bagnoli, su Napoli Est, sul centro storico Unesco siamo pronti. Il governo e la regione ci diano i soldi che ci spettano e noi partiamo». Bassolino rispolvera il suo “passo dopo passo” e scatena qualche applauso. Damilano sollecita i due su Renzi, nemico comune: il sindaco è desideroso di confrontarsi con il presidente del consiglio in tv, Bassolino fa i complimenti al primo cittadino per la strategia della campagna elettorale: «Ha reso Renzi il vero candidato del Pd a Napoli». Quando qualcuno comincia a chiudere gli occhi, Bassolino gioca l’asso dell’enfasi e pausa lunga. Una anziana signora riconosce il suo leader e apre gli occhi.
«Ho rintracciato tra le mie carte un mio articolo di sedici cartelle scritto per Rinascita nel 1976», incalza Bassolino. «Titolo: “Cosa ci insegna Castellammare”. Analizzammo per mesi la sconfitta. Avevamo preso, pensate, il 31,1%!». De Magistris conclude dicendo che «la dialettica non può essere condizionata dalla collaborazione istituzionale. […] Il liberismo, l’oligarchia e le concentrazioni di potere in seno al governo sono quanto più lontano da noi». Il confronto è finito, ciascuno ha detto la propria per conquistare un pizzico di consenso. A pochi centimetri uno dall’altro, il comunista del rinascimento e il magistrato dello zapatismo partenopeo. Analizzano insieme i reciproci fallimenti senza mai nominarli. Ma la discontinuità che il più giovane proclamava nella sua prima campagna elettorale è già saltata, resta un lontano ricordo di scapigliatura degli esordi. La sinistra napoletana è più viva che mai, pronta a governare la città per un altro secolo.
La pioggia cessa, qualcuno si dirige verso il profumo di carne alla brace. Il menu prevede penne alla siciliana e panino con le salsicce, per i vegetariani solo friarielli. Il gazebo di Federconsumatori ospita i più affamati. Torno a piazzale Tecchio prendendo un passaggio da un dipendente comunale. «In comune nessuno sopporta De Magistris. Solo i vigili urbani l’hanno ri-votato». Una donna mi racconta del discorso che a quattordici anni, al liceo Vittorio Emanuele, pronunciò davanti a tutta la scuola e al sindaco Valenzi. Alla fine il primo cittadino le fece i complimenti e le lasciò una carezza. «Che uomo!», mi dice. «Però anche Bassolino ha il suo fascino». (davide schiavon)