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26 Giugno 2023

Caso Cospito, la Corte d’appello cancella l’ergastolo

Riccardo Rosa
(disegno di ottoeffe)

La battaglia di Alfredo Cospito, che ha portato avanti per sei mesi un duro sciopero della fame in protesta contro ergastolo e 41bis, ha avuto la forza di portare in superficie non solo l’assurdità del singolo caso, ma anche di aprire un processo di messa in discussione dei due capisaldi dell’approccio punitivo dell’ordinamento giudiziario italiano. Con l’inasprirsi della battaglia del detenuto anarchico si è riusciti infatti ad aprire un dibattito che ha le potenzialità per far vacillare la ragion d’essere di questi due inumani istituti e che bisognerà portare avanti in tutte le sedi opportune.

Tuttavia, se il processo politico innescato dall’iniziativa di Cospito – a cui questo giornale partecipa attraverso la campagna Morire di pena – proverà nei prossimi mesi a spingere la battaglia su un terreno sociale assai eterogeneo, è importante mantenere alta l’attenzione sul destino giudiziario di un detenuto che – come altri nel nostro paese – sconta sulla propria pelle un accanimento da parte dello Stato in quanto militante politico e, considerando gli eventi degli ultimi mesi, come simbolo. 

Com’è noto, il reato di strage di cui era accusato Cospito per l’azione dimostrativa alla caserma di Fossano (l’esplosione di due ordigni che non provocarono morti né feriti) era stato riqualificato dalla Corte di Cassazione in reato di strage contro la sicurezza dello Stato, con la conseguente pena dell’ergastolo. La Corte d’appello di Assise di Torino, però, che doveva riquantificare la pena di Cospito, ha chiamato in causa la Corte Costituzionale, data l’impossibilità di applicare l’attenuante della lieve entità del danno al caso specifico, a causa della “recidiva reiterata” che interessava l’imputato. La Corte Costituzionale ha sposato la tesi di quella di appello, e ha ritenuto incostituzionale l’impossibilità di bilanciare questa aggravante con l’attenuante della lieve entità. Alla luce di ciò, ha chiesto al tribunale di Torino di riquantificare la pena.

Una volta tornato il procedimento alla Corte d’Assise d’appello di Torino, però, la composizione di quest’ultima è risultata sensibilmente mutata: era cambiata la presidente ed erano cambiati tutti i giudici popolari, circostanza che ha rischiato di condizionare pesantemente gli esiti dell’iter processuale. Quando le parti sono state chiamate a discutere, inoltre, il procuratore generale ha chiesto che venissero messi agli atti una serie di documenti volti a dimostrare come Cospito, nonostante la condanna, avesse continuato a diffondere volantini e idee sovversive. Si trattava, però, di materiale che appariva non riconducibile a iniziative dell’imputato, e che quindi ha visto una dura opposizione da parte dell’avvocato del detenuto, Flavio Rossi Albertini. Ciò nonostante il procuratore – che ha mantenuto un atteggiamento estremamente ostile nei confronti del collegio difensivo, per esempio quando Rossi Albertini ha chiesto di poter proiettare un video che già era stato ammesso agli atti – aveva chiesto al termine dell’ultima udienza una nuova condanna all’ergastolo, di fatto ignorando le indicazioni che erano state date dalla Corte Costituzionale.

Alle 15 di questo pomeriggio, dopo le conclusioni delle parti, i giudici si sono ritirati in camera di consiglio e dopo quattro ulteriori ore hanno emesso il dispositivo di sentenza. Anna Beniamino vede ridotta la sua pena a diciassette anni e nove mesi, e Alfredo Cospito a ventitré anni. «Gli anarchici non fanno stragi, non siamo lo Stato», ha detto Cospito prima della sentenza, mentre dopo la lettura del dispositivo il suo avvocato e quello di Beniamino hanno parlato di “ripristino di un minimo di ragionevolezza” e di una pena “che resta comunque significativa”. Sul piano giudiziario rimane aperto il tema del 41bis di Cospito, che in questi mesi governo e magistratura hanno sempre confermato, applicando una “linea dura” in contrasto persino con i parametri dell’inaccettabile legge che regola quest’istituto. Su quello politico la sentenza rappresenta invece un tassello all’interno di un quadro estremamente complesso, uno scenario davanti al quale continua a essere necessaria una mobilitazione ampia, eterogenea, che si muova sui piani della piazza e della sensibilizzazione, delle iniziative di lotta e di quelle culturali, politiche, di base, editoriali, per spingere verso un obiettivo che, considerando quanto successo in questi ultimi mesi, va inseguito con ancora più determinazione. (riccardo rosa)
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