Saranno proiettati oggi, dalle 19, all’Istituto francese Grenoble di via Crispi, i film di Céline Sciamma, This is how a child becomes a poet e Tomboy.
La partecipazione di Céline Sciamma alla XIII edizione di “Venezia a Napoli. Il cinema esteso”, è un grande momento di scambio e riflessione per pubblico e addetti ai lavori del cinema e della cultura napoletana. Sarebbe infatti riduttivo per Sciamma parlare solamente di cinema: essendo lei anche artista visiva e intellettuale tout court, dichiaratamente femminista.
L’occasione della presenza della regista francese al cinema Astra è stata la proiezione del suo ultimo lavoro, This is how a child becomes a poet (2023), un breve, evocativo documentario-diario, dedicato a Patrizia Cavalli, la grande poetessa di Todi scomparsa un anno fa. Davanti a una sala gremita di un pubblico giovanissimo e attento, Sciamma ha raccontato del suo rapporto con Patrizia Cavalli: ha conosciuto e amato prima la persona che la poesia, prima la sua ironia e il suo spirito sagace e solamente dopo la genialità. Il documentario è girato nella casa della poetessa, attraversata dalla regista per un’ultima volta. In pochi minuti la centralità del corpo, che attraversa peraltro tutta la poesia di Cavalli, si impone fino a esplodere nelle inquadrature dove la stessa regista “si fa immagine” tra le stanze della casa ormai vuota. Sciamma ha sottolineato come questo mettersi davanti alla telecamera, caro alla grande tradizione di cinema femminile francese, da Agnès Varda e soprattutto a Chantal Akerman, sia stato per lei un gesto dai significati plurimi: soprattutto di sostituzione stessa con Cavalli, quasi uno scambio di identità, di ruoli. La scrittura intima e le bellissime note di Chiara Civello rendono questa piccola opera tanto commovente quanto intelligente, capace di investire su una grande varietà di temi, dalla memoria alla cinefilia, alla morte, alla poesia, alla casualità, allo spazio, al fantasmatico: e infatti c’è stato un plebiscito di consensi.
Céline Sciamma a Napoli ha innescato così la riproposizione in rassegna di alcune sue opere precedenti, in particolare Tomboy (2011), Ritratto della giovane in fiamme (2019) e Petite Maman (2021), tutti film che in un’ottica autoriale, femminista e radicale ci interrogano sulla fissità dei rapporti e delle posizioni sociali, familiari e sentimentali che non sono affatto naturali. La costruzione di miti e sguardi alternativi affrancati da logiche classiche di dominio, come la stessa regista ha ammesso, in Petite Maman, serve appunto a dimostrare che un altro mondo è possibile, privo di violenza e aggressività. Una prospettiva femminista che dà senso a una concezione del cinema come circolare generosità: «la generosità di una regista verso il suo pubblico, e del pubblico verso una regista, e del film stesso – ha dichiarato Sciamma in sala – è come una specie di temporale, come una libido delle idee».
Esplicitamente anticapitalista, Sciamma ha da sempre sottolineato l’importanza non solamente del “film” come risultato, ma anche di tutto quello che c’è prima – la produzione, il come e con chi si lavora – e dopo, la distribuzione. Si capisce che questo senso di cinema è qualcosa di totalmente altro dalla cosiddetta ideologia dell’industria e della facile emozione, e può consentire una riflessione allargata su cosa voglia dire oggi, per un’artista, posizionarsi nel mondo. (salvatore iervolino)
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