20 OTTOBRE 2023
Sta per sorgere il sole lungo la strada che taglia di striscio San Pietro a Patierno, quartiere a nord-est di Napoli. Ancora poche le persone in giro per strada, esiguo il numero di automobili in circolazione. Per raggiungere i cancelli della filiale FedEx di Casoria bisogna attraversarla tutta, finché non ci si ritrova tra la circumvallazione e i muri alti sormontati dal filo spinato che circondano la pista dell’aeroporto di Capodichino. In occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati di base, l’appuntamento è prima all’alba in provincia di Caserta, per dare supporto ai lavoratori migranti della So.Ra.Ri. di Carinaro, poi alla FedEx di Casoria, dove i driver di Abaco chiedono un tavolo per trattare le condizioni d’impiego.
Le mappe della lotta lungo la filiera logistica del trasporto merci stavolta localizzano il sud e certi luoghi lontani dallo storico epicentro del conflitto nell’area “Lover” (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna). Lo sciopero s’inserisce nel quadro drammatico che il capitalismo di guerra mostra a chi ha ancora gli occhi aperti per vedere. Appare evidente che non viviamo più in tempo di pace. Ai lavoratori, ai precari e ai disoccupati è chiaro da tempo. Ne ritrovo parecchi fuori ai cancelli della filiale FedEx qui a Casoria, stamattina. Ostruiscono l’accesso di un magazzino grande quanto un campo di calcio. Sono passate da poco le sette e intorno ai caffè ciondolano quelli che hanno raggiunto la filiale dopo essere stati all’alba a Carinaro. Gli aerei ci decollano sopra la testa e le bandiere del Si Cobas sventolano all’ingresso del magazzino.
Per arrivare a questo punto ci saranno volute chissà quante sigarette, quante parole, assemblee, chiacchiere, spintoni e discussioni accese. La composizione dei presenti al picchetto suggerisce qualche elemento di novità che annoto almeno nella testa. Sono presenti i lavoratori della corrieristica di Brt e Ups. Ci sono i portuali di Salerno, i facchini e i driver della FedEx dell’hub di Teverola, i solidali del laboratorio politico Iskra e i disoccupati organizzati 7Novembre. E poi i driver di Abaco che forniscono da poco in appalto i servizi di trasporto e logistica per questa filiale FedEx. Si riconoscono tutti in questo sciopero generale, e l’unica cosa che li distingue al momento è la divisa di lavoro che indossano. Le scarpe invece sono per la maggior parte quelle antinfortunio. Età media non superiore ai quarant’anni, in prevalenza tutti italiani delle provincie di Napoli e Caserta, ma c’è anche un gruppo di lavoratori migranti a sostegno.
Il numero di persone che si oppone al regolare smistamento della merce in entrata e in uscita dal magazzino tende ad aumentare con il passare dei minuti. Altri fanno la spola dai cancelli al bar fuori la strada, che fa i cornetti buoni e soprattutto ci lascia usare i cessi. Passa un’ora abbondante quando iniziano ad arrivare i primi camion coi semirimorchi insieme a qualche furgone della FedEx, la scritta sulla fiancata “The world on time” sotto lo stemma color viola e salmone che vedi a ripetizione durante le partite di Champions. Le facce assonnate si riprendono dal torpore, poiché fuori alla via si è formato un tappo di camion e furgoni che arrivano fino all’imboccatura della circumvallazione, mentre al di là dei cancelli altri lavoratori con le pettorine addosso ci guardano per cercare volti noti tra i colleghi al picchetto. Il blocco impedisce l’ingresso di autisti e corrieri, e al momento di polizia non se ne vede. Uno dei camionisti a un tratto esce dalla cabina, è alto e grosso e viene verso di noi che siamo tanti, scambia qualche parola per raccogliere informazioni sui tempi, poi prende la bandiera del Si Cobas e comincia a sventolarla tra gli applausi. L’altro camionista invece sembra più incazzato, viene da Firenze ed è in ritardo, sotto pressione commerciale da parte del suo committente. Si ritira in disparte insieme a un autista dell’est di nome Dimitri – questo almeno c’è scritto in cirillico sul muso del suo bilico fermo davanti a noi.
Come al solito, gli interessi contingenti divergono fuori ai cancelli di un magazzino tra chi deve entrare, chi deve uscire e chi blocca il flusso. Ogni minuto che passa produce un danno economico per la controparte. Le concrete pretese sindacali al contrario ci incollano tutti a un punto preciso, ed è il punto che affermano tutti quelli che prendono parola, coloro che si ritrovano imbrigliati nella giungla del lavoro sottopagato e che rifiutano di abbassare la testa.
Ciccio, portuale di Salerno, dice che al porto la situazione contrattuale andrebbe rivista da anni. L’ultimo incidente in banchina risale a metà settembre: un morto di ventinove anni e un ferito grave. Poco lontano spiccano le divise color cachi dei corrieri che distribuiscono nell’ultimo miglio i colli per conto di Ups. Tutti soci di cooperative iscritti al Si Cobas, ne saranno almeno una trentina. Sono obbligati a vestire le divise di Ups ma di fatto non ne sono dipendenti. «È un po’ come se gli facessimo la pubblicità», dice uno di loro. Prende la parola Francesco, ma gli altri intervengono tra una domanda e l’altra per accennare ai problemi di tutti, compresi gli altri lavoratori che ascoltano come Antonio della Brt e Ferruccio della Dps. «I problemi? È semplice: mancato rispetto del contratto nazionale logistica e trasporti, mancati scatti di anzianità, assenza dell’indennità di cassa, una varietà di inquadramenti per la stessa prestazione di lavoro. Svolgiamo mansioni non previste dal contratto nazionale come lo scarico e il carico merci e sforiamo sistematicamente l’orario di lavoro previsto. Non ci viene pagato lo straordinario, e siccome non abbiamo un badge non possiamo dimostrare quanto lavoriamo. La filiale è ad Arzano ma copriamo tutta la Campania. In caso di incidente o di verbali paghiamo noi. Loro pretendono la qualità però ci riempiono di una mole di lavoro esagerata. Non siamo provvisti neanche di telefoni aziendali e siamo bombardati sui nostri telefoni dai clienti, inclusi il sabato e la domenica».
Girolamo mi fa vedere un’immagine dal cellulare. Sono i numeri di una giornata di lavoro di più di otto ore: ottantaquattro consegne, centoquaranta pacchi consegnati, centosessanta chilometri percorsi. «Noi qua non rispettiamo neanche il codice della strada – dice –. Niente cintura di sicurezza, niente limite di velocità, non rispettiamo nulla perché il carico di lavoro è troppo alto. Dobbiamo per forza correre, e lo sai loro che dicono? “A te chi ti ha detto di correre?”. Loro vogliono la qualità, la quantità… e sottopagati. Se in una giornata il carico è normale ti aggiungono altri pacchi e altre zone per ottimizzare il rapporto chilometri-pacchi. Il nostro sindacato ha chiesto un tavolo. Non ci è stato risposto proprio niente. Per noi la vertenza è come una reazione a catena».
Il tempo passa e aumentano le pressioni. Un dirigente aziendale si presenta al picchetto per cercare di trovare una soluzione alle diseconomie di scala che aumentano ora dopo ora, ma riceve urla e insulti dai manifestanti. Si tira avanti quasi facendo finta di niente, approfittando del tempo a disposizione per confrontarsi su orari, turni, buste paga e carichi di lavoro. I disoccupati organizzati sono qui a supporto del blocco. È Angelo a parlare: «In questa giornata di sciopero protestiamo contro il governo e la sua battaglia feroce nei confronti di lavoratori e disoccupati. Siamo qui per chiedere aumenti salariali in base al costo della vita, siamo contro l’abolizione del reddito di cittadinanza, contro la guerra, contro le spese militari. I soldi devono essere investiti per il lavoro, le case, la sanità pubblica. Non per le armi e le loro guerre».
I driver del magazzino FedEx chiedevano da settimane un incontro con la controparte, ed è probabile che dopo questo sciopero il messaggio sia arrivato forte e chiaro. Al rifiuto dell’azienda di formalizzare la riunione si decide di aprire uno stato di agitazione e di proseguire il blocco. Siamo fermi ai cancelli ma è chiaro che oggi è stato fatto un passo avanti. Questa giornata può essere interpretata senza illusioni come un’evoluzione delle mobilitazioni nazionali nel settore logistica e trasporti in un momento cruciale di un percorso che parte da lontano e che trova in questo punto la prospettiva di una nuova stagione di lotte. L’adesione allo sciopero è senza precedenti, ma non c’è neanche il tempo per pensarci sopra. Il blocco prosegue a oltranza. (andrea bottalico)
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