Lunedì 23 ottobre l’Associazione dei senegalesi di Napoli e l’associazione 3 febbraio hanno organizzato un presidio contro l’ennesima minaccia di sgombero del mercato multietnico di via Bologna, nei pressi di piazza Garibaldi, che dovrebbe far posto a un parcheggio gestito da Grandi Stazioni. Lo sgombero degli ambulanti, regolarmente dotati di licenza per la vendita e concessione del posteggio, non è certo una novità. Basta digitare su un qualsiasi motore di ricerca le parole “sgombero”, “mercato via Bologna” e “Napoli” per imbattersi in notizie ciclicamente ricorrenti (2012, 2017, 2019) che danno la percezione di una vera e propria guerra di posizione da parte del comune di Napoli, nell’espressione delle differenti giunte, nei confronti degli ambulanti di via Bologna.
Come già scritto su questo giornale (che ne ha parlato qui e qui) il mercato a ridosso di piazza Garibaldi nasceva nei primi anni Novanta, disegnando una T con una parte del marciapiedi della piazza, a beneficio di ambulanti africani e napoletani. Nel 2001 (giunta Bassolino-Marone) sono arrivate le prime concessioni e da allora il mercato ha rappresentato uno degli sbocchi lavorativi principali per tanti mercatali, principalmente senegalesi ma successivamente anche nigeriani, gambiani, cinesi, italiani, nonché un centrale luogo di integrazione nel cuore della città.
Pierre Preira, presidente dell’Associazione senegalesi di Napoli, definisce il mercato rionale come caratterizzato da “anomalie storiche” e spiega come lo sgombero di via Bologna non c’entri niente con l’ordine pubblico, ma sia una consapevole scelta politica dell’amministrazione comunale e del consiglio della IV municipalità, che ha puntato in maniera decisa sul suo smantellamento: «Il mercato multietnico è nato per volontà non solo della comunità senegalese, ma anche dei sindacati e di numerosi attivisti della città, a cominciare da quelli dei centri sociali. Ma è nato con due anomalie rispetto a tutti gli altri mercati rionali (come quello di Poggioreale): via Bologna non doveva essere la sua sede definitiva, e in questo modo si è giustificato un rilascio di concessioni soltanto annuali. Queste anomalie hanno esposto, in vent’anni di attività, i commercianti a una forte precarizzazione e a una serie di procedure farraginose per il rilascio della certificazione comunale che attribuisce la regolarità a ogni singolo banco. Così, visto che ogni anno i venditori corrono il rischio di non vedersi rinnovato il permesso, da un lato non sono spinti a migliorare il livello del cosiddetto “decoro” delle bancarelle (uno dei problemi millantati dall’amministrazione municipale è il “diverso colore” dei singoli banchi, ndr), dall’altro devono perdere ogni anno tantissimo tempo ed energia per riottenere la concessione di tutti i settantadue posteggi».
In effetti, persino la sede dello sportello comunale competente all’assegnazione dei permessi (per i quali gli ambulanti pagano centoventi euro all’anno ciascuno), sembra cambiare a ogni autunno, rendendo l’operazione di rinnovo estremamente complessa. «La cosa più grave – sostiene Preira – è che si vuol far passare un messaggio errato, e cioè che il mercato è un luogo illegale e pericoloso. Bisognerebbe avere l’onestà di dire chi è veramente contrario al mercato e cioè che c’è una linea politica precisa della giunta della IV municipalità: realizzare quanto promesso in campagna elettorale e cioè smantellare il mercato multietnico. Se realmente fosse presente un problema di sicurezza perché non è mai emerso durante i blitz della polizia?».
Al netto dell’importanza da un punto di vista lavorativo, va ribadito che quello di via Bologna non è solo un mercato ma una comunità, una realtà che svolge un ruolo di connessione del territorio, articolando persino politiche sociali “dal basso” e contribuendo a mantenere i delicati equilibri del quartiere. Un tema che sembra non interessare troppo ai consiglieri di municipalità che abbiamo provato a interpellare (maggioranza e opposizione), che hanno liquidato con faciloneria la questione. «Si preferisce – continua Preira – fare confusione mischiando temi come delinquenza e degrado con il diritto al lavoro di tante persone. Se questo spazio non viene occupato, allora sì che può diventare in pochissimo tempo uno spazio a beneficio della criminalità. Chi frequenta piazza Garibaldi lo sa bene: gli spazi di cui nessuno si prende cura sono posti ideali per lo spaccio o altre attività illegali». Piuttosto che farlo presidiare da un mercato multietnico, però, in attesa dei grandi interventi speculativi si preferisce farlo sgomberare con l’esercito o la polizia. (michela tuozzo)