Sono passati tre giorni dall’incendio che nella notte tra lunedì e martedì ha devastato i capannoni di Città della Scienza. Le immagini della struttura in fiamme hanno fatto il giro del mondo, e tante parole sono state spese per raccontare l’accaduto. Quasi ovunque ha prevalso l’emotività, a volte vera, molto spesso presunta, e in pochi si sono soffermati a ricordare che cosa è stata, dal punto di vista politico innanzitutto, questa istituzione nella storia recente della città; in che modo nefasto è stata utilizzata dai politici, i sedicenti comunisti in primo luogo – con il loro capo Antonio Bassolino in testa -, e quanti soldi pubblici ha ingoiato in tutti questi anni; e ancora meno si sono chiesti se i risultati raggiunti – culturali, economici, sociali – sono stati proporzionali agli investimenti profusi. È partito invece, senza perdere un minuto, l’insopportabile circo declamatorio sui social network, con i soliti noti in prima fila e addirittura l’idea di promuovere una colletta per la ricostruzione, con grande scialo di Iban e numeri verdi, non si sa bene con quali obiettivi e soprattutto con quali destinatari concreti. Come se in questi anni non gliene avessimo dati abbastanza, dei nostri soldi, alla Città della Scienza.
L’origine del rogo è evidentemente di tipo doloso; per placare le fiamme sono state necessarie tredici ore e cinque squadre dei Vigili del fuoco; sei sarebbero invece i punti di innesco dell’incendio. Quel che lascia sgomenti è la violenza definitiva dell’azione, questa assenza di esitazione in chi ha progettato e messo in atto l’attentato, l’evidenza che qui davvero ogni cosa sembra in balia della volontà criminale, della sua tranquilla determinazione.
Le parole del sindaco, gli articoli della stampa non solo locale, le esternazioni della società civile, hanno identificato nell’attentato incendiario un attacco alla città da parte della camorra, interessata a una speculazione edilizia sui suoli del quartiere di Bagnoli. Una speculazione che, però, non potrebbe prescindere da una modifica, da parte della giunta comunale, del piano regolatore generale, che appare al momento – tanto più alla luce di un evento del genere – una possibilità piuttosto remota. Gli occhi sono puntati anche sul rimborso assicurativo che Città della Scienza sarebbe ora legittimata a ricevere, un rimborso prezioso considerando anche la situazione debitoria della struttura, e che coprirà almeno in parte danni stimati in circa trenta milioni di euro. Una grande disponibilità arriva inoltre dalle istituzioni nazionali (Ministero per la coesione territoriale) e continentali (la Commissione Ue) che starebbero valutando l’ipotesi di un cofinanziamento per la ricostruzione.
La questione delle responsabilità dell’incendio, rischia però di deviare il dibattito rispetto al ruolo svolto in questi anni dal polo scientifico, considerato una delle eccellenze internazionali nel suo genere, ma del quale sarebbe poco onesto non considerare le ombre, in particolar modo per quanto riguarda la gestione politica.
Città della Scienza nasce nel 1996 come centro di divulgazione scientifica e incubatore di impresa gestito dalla fondazione Idis di Vittorio Silvestrini, scienziato e scrittore bolzanese, militante del Pci, e già qualche anno prima creatore della manifestazione Futuro Remoto. Con lui, fin da subito, ci sono Vincenzo Lipardi e Luigi Amodio, provenienti da una comune esperienza politica comunista. Dopo aver effettuato la bonifica dei sei ettari e mezzo dell’area ex Federconsorzi, con centocinque miliardi di lire – il 90% dei quali provenienti da fondi pubblici – la fondazione riesce a ottenere nel 1997, con un accordo di programma, una deroga degli strumenti urbanistici tale da permettere la sopravvivenza degli edifici sulla spiaggia di Coroglio, e quindi la permanenza in loco, in concessione, per novant’anni. Nonostante la variante al piano regolatore firmata da Vezio De Lucia e il piano urbanistico attuativo prevedano il ripristino della linea di costa e l’abbattimento di qualsiasi edificio insistente sulla spiaggia, Città della Scienza si guadagna il privilegio di una importante (e tecnicamente illegale) vista mare.
Se da un punto di vista culturale la struttura ha costituito un’opportunità importante per la città, da quello politico e finanziario le cose sono andate diversamente. La società si è caratterizzata per una gestione clientelare delle assunzioni e in generale per i rapporti privilegiati con le forze politiche, della sinistra ma non solo, tanto che eventi organizzati dallo stesso Pdl, che etichettava Città della Scienza come “carrozzone bassoliniano”, venivano ospitati nella struttura. Il tutto, sia nella prima fase di gestione, che dopo la costituzione di Città della Scienza S.p.a., società in house della Regione Campania, che ha coinvolto attivamente palazzo Santa Lucia nelle scelte programmatiche.
Il foraggiamento di denaro pubblico di cui Città della Scienza ha sempre avuto bisogno – con una media di oltre tre milioni di euro l’anno solo dalla regione, negli ultimi sette anni – ha cominciato a rivelarsi insufficiente quando i fondi pubblici non sono più arrivati, o sono arrivati a intermittenza, a causa della crisi e in contemporanea con l’abbandono della scena politica del suo sponsor principale, Antonio Bassolino. La conseguenza più immediata è lo stipendio che i centosessanta dipendenti di Città della Scienza non ricevono da quasi un anno.
Nei prossimi mesi risorse importanti arriveranno per la ricostruzione del museo. Si dovrà, a quel punto, lavorare sulla delocalizzazione di Città della Scienza, considerando che anche l’assessore comunale all’urbanistica, De Falco, qualche tempo fa si pronunciò per accelerarne il trasferimento. L’ipotesi più accreditata, sempre secondo il piano regolatore, è quella di ricostruire il tutto nelle aree interne della ex Italsider destinate all’edificazione, anche se mancano previsioni di dettaglio. Vi sarebbero comunque altre possibilità, considerando l’abbondanza di spazi in disuso o in dismissione sull’intero territorio cittadino.
Insomma, quando il trauma sarà superato, il rogo di Città della Scienza potrebbe diventare un’opportunità per l’amministrazione comunale e per la città. Per una gestione più trasparente del polo, e perché no, per un miglioramento nell’offerta tecnico-scientifica; per un ripristino della legalità sul litorale Bagnoli-Coroglio; e ancor di più per provare a dare una scossa al processo di riqualificazione dell’area, che – in attesa di una vera bonifica – porterebbe almeno a una riunificazione senza interruzione tra il parco e la spiaggia. (riccardo rosa)