È uno strano destino, quello di Nino D’Angelo, icona del pop partenopeo contemporaneo oggi riconosciuto come autore importante da critica e pubblico. Campione di ascolti fin dagli esordi della sua ricca produzione discografica – che conta più di trenta Lp in studio oltre a live e raccolte –, per anni il caschetto biondo ha simboleggiato il rapporto controverso dei napoletani con la propria cultura e la propria città. Apparentemente innamorati di Napoli fino allo stucchevole compiacimento provinciale, ampi settori della città hanno da sempre (e continuano ancora oggi) guardato con altezzoso disprezzo alle manifestazioni più concrete della cultura popolare, preferendo adularne un’immagine posticcia e nutrendo una vera repulsione per la vita di strada e le sue forme di espressione. D’Angelo era parte di questo paradosso: ascoltato da quasi tutti e rinnegato in pubblico per quel suo napoletano da proletario, per i temi che si allontanavano dalla canzone classica e per le sue mise bizzarre che, tuttavia, poco si discostavano da quello che si vedeva in tv in quei primi anni Ottanta.
In questo strano destino dell’ex venditore di gelati di San Pietro a Patierno entra di diritto l’ultimo lavoro di Dj Uncino, un album omaggio al primo disco di successo di D’Angelo, quel Nu jeans e ‘na maglietta uscito in doppia produzione disco-cinematografica nell’ormai lontano 1982 e divenuto, nonostante la miope spocchia di molti, un disco di culto nell’Olimpo della discografia italiana con un milione di copie vendute. Trentacinque anni dopo, il Dj e beatmaker acerrano Uncino rilegge le tracce di quel disco in una chiave che definire solo hip hop sarebbe riduttivo.
«È un’idea nata per caso – racconta Uncino – mentre ero in giro con Luché per il suo tour e ascoltavamo in macchina proprio quel disco di Nino. Sia Luca che io andiamo pazzi per quel disco e molti altri di D’Angelo e mentre andavamo in Calabria per un concerto ci siamo sentiti un po’ tutta la discografia. In quel periodo Luché aveva lanciato per la sua linea di abbigliamento una serie di shirt che raffiguravano proprio Nino. Tra i dischi ascoltati in auto, le chiacchiere con Luca e la maglietta mi sono innamorato dell’idea di questo lavoro».
Siamo nel marzo 2016, poco prima del concerto di giugno previsto per i sessant’anni di Nino, celebrati al San Paolo davanti a un pubblico eterogeneo che ha suggellato un lungo percorso di fuoriuscita dai “bassifondi”. E questo paradossalmente nel periodo non più interessante della sua carriera, che coincide invece con quegli anni Ottanta del caschetto biondo e delle tute colorate che portavano la canzone napoletana dentro la modernità, fondendo temi classici con sonorità nuove, batterie elettroniche e sintetizzatori che si collegavano a quanto accadeva allora nel pop europeo, con in più un’immagine che, con la sua bizzarria, rompeva in maniera decisa con la tradizione partenopea. Indipendentemente dai gusti, quindi, proprio quella versione di Nino era la più vivace e interessante ed è a quella che guarda il disco di Uncino, dodici tracce da ‘O studente a Bambola, da Arrivederci Scuola alla hit dalle sonorità reggae ‘O spiniello.
«In origine volevo farlo uscire per i sessant’anni anni del Maestro, ma non ero troppo convinto. La storia di D’Angelo non meritava un disco fatto in fretta e furia. E allora esce adesso, dopo un periodo di lavorazione più lungo del previsto, tra l’altro in free download perché mi piace condividerlo con le persone che mi conoscono e mi seguono, con chi mi vuole bene. Ma pure con chi mi schifa e vuole sentire di che si tratta».
Una carriera cominciata a metà degli anni Novanta ad Acerra, da sempre scossa da tensioni sociali e attraversata da forti correnti di cultura alternativa, Uncino ha attraversato la storia dell’hip hop nostrano senza avere un legame esclusivo con quel mondo affascinante ma che a tratti, nel corso degli anni, ha finito con il diventare asfittico. Musicista più che “soldato dell’hip hop”, ha sempre avuto un approccio aperto, con una predilezione per le incursioni musicali in “terra straniera”, come quando con la formazione Alpha Gang partecipa, nel 2005, al Premio Carosone con il brano Pigliate ‘na pastiglia, dedicato al tema delle droghe; e nel 2007 alle Audizioni Piedigrotta, uno scandalo per alcuni pasdaran del mondo hip hop, ma che invece rivelava già una propensione alla ricerca che si legge benissimo dentro Nu beat e ‘na maglietta, in download gratuito a partire da oggi, e che non è una rivisitazione in chiave hip hop del disco di D’Angelo ma una sua rilettura elettronica che sicuramente ha nella “doppia H” una radice essenziale ma si muove in un territorio più ampio. Un prodotto in linea con quanto accade da tempo in città già, con la riscoperta di artisti a lungo tenuti in ombra dalla stampa e dal circuito mainstream, da Maria Nazionale a Franco Ricciardi, fino al maestro Pino Mauro, omaggiato da tanti artisti napoletani contemporanei appena un anno fa al Teatro Augusteo.
Nu beat e ‘na maglietta sta comodamente dentro questo lavoro di recupero di elementi solidi della cultura musicale cittadina. Uncino partecipa a questa operazione con un lavoro appassionato, da scaricare e ascoltare giocando a rincorrere tra i beat i temi e le canzoni di un disco che ha fatto epoca, adesso che tutti finalmente si sono decisi a dire a Nino D’Angelo che‘sta guerra ‘e core l’e vinciuta tu. (antonio bove)