Andrea, ventottenne tifoso del Napoli. Impiegato in banca, laureando in giurisprudenza, frequentatore abituale dello stadio. È abbonato da quando di anni ne aveva tredici, prima in curva B, poi in curva A. Guarda la partita al centro della curva, nella zona dei gruppi organizzati, avendo alcuni amici che “militano”. Non perde una gara da anni, né di campionato né di coppa. E ha visto tutte quelle di Champions League.
Ho preso l’eliminazione con sportività, perché in fondo abbiamo fatto più del possibile e siamo andati oltre le aspettative. Ora spero solo che ci sia una reazione positiva in campionato, e in realtà credo che ci sarà, perché i giocatori vogliono arrivare al terzo posto per giocare la Champions l’anno prossimo, anche per questioni di immagine e visibilità. E poi vorrei vincere la coppa Italia, sarebbe il “mio” primo trofeo.
Che ne pensi dell’esperienza in coppa?
Dopo aver visto tutte le partite, dal vivo in casa e fuori, posso dire che cancellerei solo due cose a questa splendida annata. Nonostante i soldi spesi, quasi duemila euro, i chilometri e i sacrifici fatti, mi ha amareggiato un po’ il fatto che nemmeno dopo la sconfitta con il Chelsea, così come alla fine di tutte le altre partite, i giocatori non sono venuti sotto il settore ospiti per ringraziare i tifosi, gente che segue e sostiene la squadra sempre, in qualsiasi pizzo d’Europa. Penso, per esempio, a quello che succede con la Roma, che forse tra i calciatori ne ha due o tre che sono un po’ meno mercenari dei nostri, e che anche dopo le sconfitte più pesanti vanno sotto la Sud a chiedere scusa.
La seconda cosa, ancora più grave, è l’organizzazione della società per la vendita dei biglietti delle trasferte. È una vera e propria presa per il culo. Purtroppo la nostra è una società che è rimasta a Lanciano, Cittadella eccetera. Non posso pensare ai seimila napoletani compressi sotto ai botteghini per prendere i biglietti del Chelsea e poi al fatto che nel settore ospiti magicamente trovavi i vari Carlo Verna (Raitre) con moglie e bambini, Ciro Venerato (altro giornalista Rai) con moglie e bambini, il Pampa Sosa con tutta la famiglia, e un’età media di sessant’anni. Gente che pretendeva, in una partita come quella di Londra, di stare seduti, e chiamavano gli steward per far sedere gli altri. Nessun problema per questa gente allo stadio, ma vorrei sapere come hanno fatto a prendere i biglietti con quello che è successo ai botteghini. Allora la società lo dica subito che stacca duecento biglietti a partita, e il resto sono omaggi, almeno non fa andare seimila coglioni lì fuori, tanto più che poi la maggior parte rimane senza.
La questione della vendita dei biglietti crea problemi da qualche anno, in realtà. Oltre alla calca, alle modalità poco chiare di vendita, al problema del bagarinaggio, spesso ci si mettono i gruppi organizzati a creare problemi, provando ad accaparrarsi i biglietti in ogni modo.
Sinceramente, pur non facendo parte di nessun gruppo, credo che sarebbe giusto destinare una piccola parte dei biglietti agli ultras, non facendoli proprio venire ai botteghini. Dico questo sia per ordine pubblico sia per “merito”, perché in fondo sono loro che guidano il tifo per novanta minuti, con i cori, gli striscioni e le coreografie. Senza di loro ci sarebbe silenzio allo stadio, la squadra queste cose le avverte, e magari i risultati di questi anni non sarebbero stati gli stessi. Per il resto, ripeto, è una presa in giro: dei duemilasettecento biglietti che erano a disposizione per Londra ne ho visti staccare massimo trecento al botteghino. Gli altri?
Oltre a un canale preferenziale per i gruppi organizzati, quale potrebbe essere la soluzione?
Creare una carta come la gold card inglese, con punti da assegnare a ogni partita vista: un punto per la partita in casa di cartello; due per la partita in casa “non importante”; cinque per una trasferta vicina o tranquilla; dieci per la trasferta lontanissima o a rischio incidenti; quindici per la trasferta europea tipo Londra o Monaco; venti per quella rischiosa o non “di massa”, come sono state quelle di Bucarest o Panionios negli anni scorsi. Poi gestire la vendita in base a questi punti, e molti problemi verrebbero risolti.
Da due anni hai fatto la tessera del tifoso, pur di abbonarti. Sei d’accordo con questa misura?
Per me andare allo stadio è passione, adrenalina, aggregazione, legame alla città. Qualcosa a cui non saprei rinunciare. Detto questo, devo dire che non sono assolutamente d’accordo con la tessera, soprattutto per le modalità di “schedatura” che comporta. Poi così com’è non porta alcun vantaggio, rende lo stadio sempre più un teatro e meno una bolgia di cori, colori e scenografie. Detto questo, la tessera volente o nolente ho dovuto farla, perché lavoro tutto il giorno e non ho il tempo per andare a fare i biglietti e le file interminabili che già faccio, facendo i salti mortali, per le trasferte europee.
Per quanto riguarda la squadra invece che aspettative hai? Come giudichi il nuovo Napoli di De Laurentiis?
A me il presidente non piace per niente. Non mi piace la poca chiarezza, non mi piace la politica del tetto agli ingaggi per i calciatori, una politica troppo ferrea che a mio avviso non porterà il Napoli a vincere mai niente di importante. Non mi piace per la gestione dei diritti di immagine, per cui i grandissimi campioni, a Napoli, non li vedremo mai. E poi non mi piace come personaggio: non ha equilibrio, non ha rispetto durante le interviste. A mio avviso è semplicemente un grande imprenditore, ma di Napoli, del Napoli e dei napoletani non è che se ne freghi più di tanto. (riccardo rosa)