“Nei sogni cominciano le responsabilità” è un racconto di Delmore Schwarz e un presupposto consigliabile ai collettivi di artisti e lavoratori dello spettacolo e della conoscenza che in questi giorni stanno animando la scena napoletana. Ridefinire il concetto di cultura, come sembra che essi vogliano fare, è un vasto e importante obiettivo che prima di ogni cosa non deve fondarsi sull’autoassoluzione dei suoi promotori: quello culturale è anche un dibattito sulle responsabilità degli artisti e sugli effetti spesso devastanti imposti alla popolazione e al suo immaginario da opere e progetti al soldo del mercato e/o delle elite.
Queste contestazioni di operatori e lavoratori del settore, prima di tutte l’occupazione della sede del Forum delle Culture, stanno dando vita a una riflessione su direzioni e posizioni da prendere verso politiche culturali che, finora, quando sono state pubbliche si sono spesso risolte in clientele e quando private (e spesso private lo sono state nel pubblico stesso) hanno teso solo al profitto. Nel Palazzo delle Arti c’è da mesi un dibattito aperto dall’ Assemblea permanente dei lavoratori dello spettacolo, a carattere corporativo – nel senso di fronte comune – che punta a una riforma dell’infernale meccanismo di finanziamenti e commesse della fondazione Campania dei Festival e al ridimensionamento della pluripotenzialità del suo direttore, nonché direttore del Teatro Stabile con un ruolo di marcata radice partitica. I validi obiettivi giudiziari perseguiti – una petizione che invita la magistratura a indagare sull’operato della fondazione – potrebbero però assumere la forma più movimentista e politica della class action. Inoltre, il dibattito culturale dell’Assemblea, finora incentrato su una proposta di revisione del meccanismo teatrale regionale, necessaria ma piena di incertezze sul come e sul chi, dovrebbe intrecciarsi con quello dell’altro collettivo mobilitatosi in questi giorni, La Balena.
Quest’ultimo ha protratto la sua occupazione della sede del Forum delle Culture, inizialmente prevista per soli tre giorni, a seguito di un ampio e inaspettato consenso cittadino all’impresa. In molti sono accorsi perché era stata espugnata la sede di un simbolo dell’astrazione e dell’inconcludenza delle politiche culturali dei nostri tempi e ciò ha significato per il collettivo abbondanza di visibilità e di sostegno ma anche di aspettative. In verità, la logistica dell’occupazione era molto complicata, incuneata in un edificio vigilato all’ingresso e sede di uffici al primo piano, e avrebbe richiesto un’azione di forza per un suo completo impossessamento. Così, il 12 marzo, La Balena ha trasformato l’occupazione in presidio permanente, cioè in un permanere grazie a un tacito accordo con il sindaco che, messo inizialmente in difficoltà dall’azione, ha poi cercato di recuperarla utilizzando il proprio carisma e gli ex attivisti che compongono il suo staff.
L’Asilo della conoscenza e della creatività, come è stata ribattezzata la sede della Balena, si propone adesso di dare vita a iniziative culturali tematiche di contestazione che, sull’onda di una commistione postmoderna tra dentro e fuori, tra affini e contrari, giocheranno la loro partita, nel tentativo di non risolversi in uno spiaggiamento della balena, in un cacciarsi in un cul de sac da parte dei suoi componenti o in un prelibato boccone al profumo di mare per il sindaco e il suo Forum. Bisogna tenere gli occhi aperti, agire in una logica di discontinuità con le istituzioni – anche a loro vantaggio, perché una società civile attiva e indipendente può arricchire le logiche amministrative – e non abbandonare il piano delle pratiche sociali chiudendosi in teorizzazioni e manierismi che sono il rischio proprio dei lavori intellettuali e il simbolo della loro fiacchezza. C’è dell’energia e ci sono dei rischi ma appunto, come scrisse Schwartz, “nei sogni cominciano le responsabilità”, non solo perché la creazione di immaginario e simboli è ormai una pratica irrinunciabile del potere che bisogna strappare al suo dominio e alla prostituzione intellettuale, ma anche perché è necessario riportare la cultura da un piano astratto a uno concreto, al fianco degli oppressi, delle tematiche scottanti, rompendo le scatole e non implicandosi con i governi se non, al massimo, con il mero opportunismo dei deboli che vogliono ridimensionare i forti. Ora La Balena è in pericolo, il pericolo di diventare un animale da baraccone o il pasto di un Leviatano composto da più corpi e più anime che tutto ingloba e fa suo, ma in questo pericolo, in cui si è cacciata da sola e forse ingenuamente, c’è anche una possibilità, non di cambiare il mondo ma almeno se stessi, attraverso delle cautele e delle responsabilità. Tenersi al largo, muoversi lungo i fondali, rigenerarsi continuamente e ogni tanto salire a galla in un guizzo spettacolare ma, quando ci si sente braccati, immergersi e svanire per riapparire altrove in nuove imprese. (maurizio braucci)
Leave a Reply