Atto primo
Gennaio 2013. Edenlandia chiude i battenti, dopo quattordici mesi di “attività straordinaria” concessa dal giudice fallimentare. Decisiva per il fallimento, qualche mese prima, era stata la richiesta della Mostra d’Oltremare – proprietaria dei suoli – creditrice per due milioni e mezzo di euro. Cesare Falchero, che aveva rilevato l’Edenlandia e lo zoo nel 2003, aveva lasciato, al momento del suo addio, settanta dipendenti in cassa integrazione e trecento animali in condizioni di assoluta precarietà.
Già sei mesi prima della chiusura, nel pieno della infruttuosa “attività straordinaria” che avrebbe dovuto risanare la situazione debitoria, la curatela aveva pubblicato un bando di gara per la vendita di Zoo, Edenlandia ed ex Cinodromo. Noto a tutti, però, era il fatto che di lì a breve si sarebbe dovuto procedere alla liquidazione, e infatti il bando va deserto. Comincia così una fase di trattativa privata con alcuni imprenditori. Quella che sembra andare più vicina al concludersi vede protagonista il discusso Alfredo Villa, ma dopo le firme preliminari l’accordo salta. Qualche mese dopo si fa avanti uno degli imprenditori napoletani che faceva parte della cordata di Villa, Francesco Floro Flores, che chiede di poter rilevare solo l’area dello zoo. L’offerta viene accettata. Passa quasi un anno e un altro accordo viene sottoscritto: Mario Schiano, imprenditore che opera nel campo delle biciclette, acquista l’Edenlandia e il cinodromo. La sua offerta prevede l’esborso di cinquecentomila euro per la cessione del ramo d’azienda, una locazione da concordare con la Mostra d’Oltremare, e un business plan in cui i nuovi proprietari si impegnano a riqualificare l’area con un investimento di undici milioni di euro.
Atto secondo
La curatela fallimentare esce di scena. Protagonista diventa la Mostra d’Oltremare, che deve trattare la locazione dei terreni. Va ricordato che la Mostra è una partecipata di Comune (in larga maggioranza), Regione e Provincia, e che dovrebbe quindi tutelare gli interessi pubblici. Nel bando iniziale, giusto per avere un’idea, l’affitto per l’area (che all’epoca comprendeva anche lo zoo) prevedeva un canone annuo di ottocento quarantamila euro. Dopo le trattative, la Mostra affitta a Mario Schiano e all’associazione di imprese da lui capitanata alla bellezza di mille e seicento euro circa per i primi cinque anni; nei successivi cinque il canone medio è di circa undicimila euro, mentre per i quattordici che seguiranno il prezzo è fissato a quarantaquattromila. Il totale per il primo decennio di affitto non copre nemmeno un decimo di quanto previsto dal bando per il solo primo anno. Nel contratto non vi è traccia degli undici milioni di euro di investimenti promessi.
Nel frattempo, a inizio febbraio, la sovrintendenza blocca i lavori iniziati nel parco. Su quei terreni, infatti, sono in sospeso alcune delicate questioni giudiziarie: la prima riguarda una procedura di abbattimento, e prevede il pronunciamento finale della procura sulla demolizione di alcuni volumi abusivi; la seconda è un condono edilizio di altri edifici (più volte rifiutato), “la cui mancanza di conclusione pregiudica la realizzazione delle opere necessarie per la riapertura”. Senza che queste situazioni si sblocchino non si può procedere, così come i lavori non possono continuare senza che la proposta progettuale, dichiarata dalla sovrintendenza incompleta e inadeguata, venga riformulata in maniera idonea.
I nuovi proprietari, spalleggiati dall’Unione Industriali, mostrano insofferenza per la situazione. Tra le righe, in tutte le interviste che rilasciano, si intravedono velate minacce di far saltare tutto.
Atto terzo
Un consigliere comunale, presidente della Commissione affari istituzionali, scrive al sindaco una lettera di denuncia sulla questione Edenlandia. Sostiene di aver richiesto e ricevuto dall’assessore Palma la copia del contratto di locazione, e domanda chiarimenti.
Intanto, un gruppo di cittadini che ha contestato fin dall’inizio la gestione della crisi Zoo-Edenlandia – proponendo al Comune, senza avere riscontri, di farsi partecipe di un progetto per l’istituzione di un enorme parco verde – chiede e ottiene un incontro con la neo presidente della Mostra, Donatella Chiodo. I cittadini esprimono preoccupazione per l’incongruenza (la questione degli undici milioni) tra gli accordi presi in fase di gara e il contratto. La presidentessa sostiene che non sia importante la cifra, ma è sufficiente che sia indicato il tipo di lavoro da portare a termine. In sostanza, è come se promettessi di riverniciare i muri di casa spendendo duecento euro, ma al momento di comprare la vernice ne tirassi fuori solo venti. Il non aver specificato nel contratto la quantità di investimenti da effettuare, inoltre, potrebbe considerarsi condotta lesiva nei confronti degli altri offerenti, che in sede di gara erano risultati perdenti in virtù di una proposta meno rilevante economicamente.
Epilogo
La morale di questa storia non è difficile da elaborare. La curatela fallimentare ha fatto di tutto per sbolognare, a qualsiasi prezzo, un’area di proprietà pubblica di cinquantamila metri quadri; il comune, incapace di elaborare proposte o di farsi portatore di quelle dei cittadini, non ha mosso un dito per evitare la svendita. Un gruppo di imprenditori ha preso possesso di quest’area formando una società dal capitale di appena diecimila euro, e pagando la locazione tanto quanto costa l’affitto di una bella casa a Posillipo. Viene fuori, inoltre, che Mario Schiano si è proposto come capo-cordata, e quindi come garante, investendo una cifra corrispondente appena al 3,5% delle quote, mentre tanto la Mostra quanto la curatela non hanno ritenuto opportuno prendere con gli investitori accordi relativi alle procedure giudiziarie in corso, nonostante (o forse proprio per questo) la questione del condono avesse fatto saltare gli accordi precedenti. Il risultato è che ora, mentre gli imprenditori fanno la voce grossa, la colpa dello stop viene tutta attribuita alla burocrazia, in un muro contro muro destinato a durare e nel quale gli imprenditori hanno il coltello dalla parte del manico.
Se non ci fosse da deprimersi per come l’amministrazione, in questo caso con il connubio della magistratura, abbia preso una parte enorme di città e l’abbia regalata ai primi capitani di ventura di passaggio, verrebbe quasi da fargli i complimenti a Schiano & co., per aver tirato a tutti noi un pacco che nemmeno i peggiori film di Nanni Loy. (riccardo rosa)