È durata poco meno di due ore l’assemblea cittadina organizzata ieri dall’associazione Davide Bifolco. Il dolore non ci ferma, al centro Polifunzionale di Soccavo, lanciata con lo slogan: “Verità e giustizia per Davide”. L’incontro – che ha sancito ufficialmente l’appuntamento per un corteo nazionale al Rione Traiano, previsto per il 18 aprile – non era a dire il vero iniziato sotto i migliori auspici, con la sala della municipalità trovata chiusa a chiave dagli organizzatori, ovviamente vuota, a dispetto dei lavori “improrogabili” di manutenzione che qualche ora prima erano stati comunicati dall’istituzione di quartiere alla famiglia Bifolco. Dopo una prima autorizzazione ricevuta infatti circa due mesi fa, una serie di improvvisi ostacoli burocratici erano sorti negli scorsi giorni a impedire l’utilizzo del luogo, proprio dopo le polemiche sollevate da alcuni consiglieri di maggioranza con cui si attaccava l’associazione per aver posato abusivamente, sul luogo della morte di Davide, una piccola lapide in ricordo del ragazzo. Dopo l’irricevibile proposta fatta alla sessantina di partecipanti di svolgere l’assemblea nel parcheggio (nella serata, forse, più fredda dell’intero inverno) è stata necessaria quasi un’ora di trattativa con gli agenti della Digos per aprire le porte del consiglio, e svolgere il dibattito in una sala la cui manutenzione improrogabile era null’altro che una stuccata alla parete delle finestre.
A quasi sei mesi dalla morte di Davide Bifolco, ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere in servizio, le evoluzioni della vicenda preoccupano il gruppo di persone che cerca di mantenere alta l’attenzione sull’assassinio del giovane, e che ha deciso di costituirsi come associazione per poter intervenire tecnicamente in sede processuale, ma anche per provare a porsi come punto di riferimento per tutti gli abitanti del quartiere che non hanno voglia di archiviare questa vicenda come un incidente.
Le perizie svolte in questi mesi hanno confermato che Davide è stato ucciso con un colpo sparato all’altezza del cuore, ma anche messo in luce grosse difficoltà per una corretta analisi dell’accaduto. È ufficiale, oggi, quello che si vociferava fin da poche ore dopo la morte del giovane: i ragazzi non avevano forzato alcun posto di blocco, ma era stata la volante a mettersi all’inseguimento del mezzo, spiegando le sirene; il bossolo del proiettile che ha ucciso Davide “non è mai stato rinvenuto” (eufemismo per dire che è stato rimosso prima dell’arrivo delle pattuglie deputate ad avviare le indagini); la scena del delitto, inoltre, è stata pesantemente inquinata dal momento che nessuno si è preoccupato di recintare l’area e di tracciare le sagome del ragazzo e del motorino sull’asfalto. Difficilissimo, in queste condizioni, ricostruire una dinamica esatta dell’accaduto, e persino le perizie balistiche potrebbero soffrire la mancanza di questi elementi chiave. Risulteranno fondamentali, invece, i risultati della prova del DNA, per sgombrare definitivamente il campo (dopo le dichiarazioni di Vincenzo Ambrosio, che si è fatto riconoscere qualche giorno dopo il fatto come il terzo dei ragazzi sul motorino) dall’ipotesi che quella notte, assieme a Davide e a Salvatore “Avatar”, vi fosse il latitante Arturo Equabile.
Da qualche settimana intanto, evidentemente in concomitanza con l’inizio del processo (il 6 marzo scade il termine per i legali del carabiniere per ricorrere al rito abbreviato, e iniziano, salvo eventuali proroghe, le udienze) sono ricomparsi sui principali quotidiani cittadini articoli che dissertavano sulla realtà apocalittica del rione Traiano e sul “triangolo dello spaccio”, proprio accanto a quelli in cui si denunciava la comparsa della lapide e di alcune fioriere – tutt’altro che abusive, essendo l’aiuola affidata dal comune all’associazione – nei pressi del luogo in cui è caduto il corpo senza vita di Davide.
La linea con cui, fin dalle prime ore dopo l’omicidio, i comunicati delle forze dell’ordine e gli articoli dei giornali cercavano di associare le vite dei tre ragazzi alla parte più oscura del rione (le voci venute fuori e poi smentite sul possesso da parte dei tre di droga o di una pistola giocattolo), continua a venir assecondata, nonostante le indagini abbiano smentito di volta in volta tutte le insinuazioni. È questo, quello che più preoccupa la famiglia di Davide e l’associazione – che nel frattempo fa partire una campagna per conoscere il nome del carabiniere che ha sparato – in vista di un processo che si annuncia lungo e difficile, e nel corso del quale, nelle aule del tribunale e fuori da queste, verrà fatto di tutto per fabbricare attenuanti tecniche (la fuga dei ragazzi, la presunta presenza di un latitante a bordo) e morali (l’assenza dell’assicurazione sul mezzo, l’andare in giro di notte su un motorino) a un omicidio che non ne presenta alcuna. Per il racconto di tutto questo, i familiari di Davide hanno chiesto a tutti la massima attenzione. E almeno un briciolo di onestà. (riccardo rosa)
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