Da Repubblica Napoli del 16 giugno 2013
In questi giorni in cui la manutenzione del verde urbano è improvvisamente diventata d’attualità in circostanze tragiche, può essere interessante descrivere una piccola iniziativa virtuosa che ha il suo epicentro a Scampia, con propaggini che si spingono fino a Secondigliano e Piscinola. Si tratta di una rete di orti e giardini ricavati nelle maglie dell’urbanizzazione della periferia, che nonostante l’onnipresenza del cemento sono spesso meno strette che nel centro storico, con qualche spazio in più per le aiuole, i piccoli parchi, i terreni brulli. La questione, appunto, è: chi se ne prende cura? Domanda banale in qualsiasi città che sappia assicurare ai propri abitanti servizi pubblici appena efficaci. Domanda cruciale qui, dove i servizi si sono attestati ormai stabilmente al di sotto di tale soglia.
La rete comprende orti didattici all’interno delle scuole, ma anche negli spazi antistanti il teatro Area Nord di Piscinola; la cura di parchi condominiali o l’abbellimento delle aiuole al bordo dei tanti stradoni che attraversano il quartiere. Nel rione Monterosa, per esempio, tra gli edifici bassi dell’Ina Casa, gli allievi del liceo Elsa Morante hanno piantato alcune varietà della macchia mediterranea segnalandole con piccoli cartelli di legno. Accanto a quelle adottate dal liceo, le altre aiuole hanno l’erba alta un metro e ormai ingiallita, oppure talmente rada da lasciare intravedere la terra. Aldo Bifulco, professore di scienze in pensione, uno degli animatori di questa rete, racconta che spesso l’insidia maggiore non è costituita dal vandalismo ma dall’intervento dei giardinieri municipali, che compaiono quando meno te l’aspetti e tirano via tutto quello che si trova alla portata dei loro tagliaerba.
Nel giardino della scuola media Virgilio gli alberi sono al sicuro: albicocchi, limoni, una magnolia. Vent’anni fa cominciò a piantarli un professore appassionato di botanica insieme ai suoi alunni, poi il professore andò in pensione e il testimone passò a una collega. I ragazzi coltivano anche un orto e hanno piantato una serie di varietà selezionate per attirare le farfalle. L’obiettivo, spiega Bifulco, è di creare una specie di percorso protetto, un “corridoio” che accolga le farfalle in diversi punti del quartiere, nei giardini pubblici ma anche sui balconi dei privati. Nella scuola elementare intitolata a Eugenio Montale, i bambini hanno creato un giardino tematico, piantando nel corso degli anni tutti gli alberi e i fiori che compaiono nelle poesie di Montale. I pannelli sono ben tenuti e articolati, in alcuni punti si notano delle semplici panchine di castagno, ma quello che lascia a bocca aperta è uno splendido olmo, presente in quel posto da prima della nascita del quartiere. Alle spalle dell’albero, oltre il cancello della scuola, si elevano altissimi i blocchi delle case popolari, ma sotto la sua enorme chioma si può godere la penombra e la quiete quasi si trattasse di un luogo sacro.
La capacità di modificare la percezione dell’intorno che possiede una semplice aiuola fiorita e ben tenuta, si sperimenta anche all’interno del cosiddetto “giardino di Melissa”, uno spicchio di verde recuperato da circa un anno ai margini di una strada a scorrimento veloce che dalle Vele conduce verso la metropolitana. Aldo Bifulco, che con un piccolo gruppo di naturalisti fa un po’ da consulente tecnico e da collante tra le diverse realtà, non nasconde gli esperimenti meno riusciti, come il giardino nella zona dei Sette Palazzi, a causa della forte presenza degli spacciatori e del solito intervento indiscriminato dei giardinieri. Nel parco Curzio Maltese, invece, il verde pubblico con attrezzature racchiuso tra i palazzoni del lotto W di Scampia, viene curato in maniera impeccabile da un’associazione di abitanti della zona: prati tagliati all’inglese; campetti di calcio – ma anche di tennis – affollati di bambini; installazioni e istruzioni dettagliate per tenere il luogo pulito. Per un attimo sembra di trovarsi in una di quelle città mediterranee francesi o spagnole (Marsiglia? Barcellona? Valencia?) che tanto piacciono ai nostri amministratori ma la cui sobria efficienza resta per loro un modello inarrivabile.
I tanti animatori – di tutte le età – di queste minuscole esperienze di cura dei luoghi in cui si vive, non costituiscono un’esclusiva della periferia nord della città. La loro esistenza, in questi e in altri luoghi, è una sommessa esortazione per molti: a chi di mestiere racconta la città ribadisce che ogni quartiere è un microcosmo complesso, da indagare e descrivere nei dettagli, senza fermarsi alla facile, pigra, a volte interessata dicotomia tra buoni e cattivi, tra demoni ed eroi. A chi amministra la cosa pubblica dice per l’ennesima volta che si può e si deve fare meglio del quasi nulla che oggi si fa; che la qualità della vita negli spazi pubblici è – per estensione – anche un progetto di trasformazione della città, al momento disatteso e strumentalizzato; che l’organizzazione tra pari, il mutuo appoggio, l’attivazione dell’autostima dei più emarginati costituiscono obiettivi politici e mostrano, con chiarezza a volte commovente, che la città è in primo luogo di chi la abita, di chi lotta per migliorarla, di chi spesso in solitudine deve subirla e difendersene. Dopo, molto dopo, vengono i turisti, i grandi eventi e le chiacchiere sul “ritorno d’immagine”. (luca rossomando)
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