La voce di Maria Nazionale è una delle più apprezzate nell’ambito del panorama musicale napoletano. Riduttivo sarebbe definirla “neomelodica”, con tutto il rispetto dovuto al genere che ha caratterizzato la maggior parte dei suoi venti anni e più di carriera. Ma negli ultimi tempi Maria ha fatto di tutto: ha cantato con i migliori musicisti della città; ha ammiccato vagamente alla word music, soprattutto con gli ultimi due album, Puortame a cammena’ e Libera; ha lavorato con De Gregori, è stata attrice nel Gomorra di Garrone, e ha partecipato due volte al festival di Sanremo riscuotendo grandi consensi. Nel frattempo, come non sempre accade, è riuscita a tenersi stretto il suo pubblico popolare. Quando tre anni fa Nino D’Angelo le chiese di accompagnarlo a Sanremo, non furono poche le ironie sull’accoppiata: l’ex caschetto d’oro ormai riabilitato dai critici, e la neomelodica dalla voce potente, ma troppo poco elegante e discreta, troppo scollata e troppo bruna, insomma troppo napoletana. La canzone Jammo jà, era un’apologia un po’ bonaria e compiaciuta della meridionalità, non certo la migliore dell’ultimo D’Angelo, ma il successo arrivò comunque: su tutto il territorio nazionale, a livello di critica; da Roma in giù, se parliamo di pubblico.
Da quel momento Maria ha definitivamente sbaragliato la concorrenza femminile delle voci partenopee. Da un lato, è vero, ha avuto la fortuna di cantare testi e musiche di Gragnaniello, Lanzetta, Servillo. Dall’altro le va dato atto di essere riuscita a crescere senza perdere quell’espressività e quella vocalità così personale che l’hanno sempre accompagnata negli anni. L’emblema di tutto ciò sono le due canzoni presentate durante l’ultima edizione di Sanremo: È colpa mia e Quando non parlo. I due pezzi di punta dell’ultimo album (scritti proprio da Peppe Servillo e Gragnaniello) risultano molto diversi tra loro, a cominciare dalla lingua, che poi è stata la discriminante per il passaggio del turno della prima canzone, quasi interamente in napoletano. Ma tutte e due, nella loro diversità, erano delle canzoni scritte per Maria Nazionale, quasi “di” Maria Nazionale.
Anche per questo, ma non solo, oggi Maria piace a tutti. Piace da vent’anni alla gente dei vicoli e dei rioni popolari, di cui canta la quotidianità, i sacrifici e soprattutto gli amori. Piace alla piccola borghesia, che era bisognosa solo del via libera della critica e della consacrazione nazionale. Ma piace anche a quella colta, di borghesia. Una nuova Angela Luce, per capirci. Anche per questo piace molto agli uomini, per il suo essere così “carnale” ed esuberante, ma anche alle donne, che in lei intravedono l’emblema della femmena che subisce il peso di una cultura maschilista e patriarcale, ma che si emancipa rivendicando il diritto al sentimento, alla passione, alle corna, e quindi all’indipendenza e alla volontà.
Rappresentanze di tutta questa gioiosa macchina da guerra cittadina erano presenti ieri al concerto di Maria alla Fiera della Casa, altra istituzione pop napoletana (o forse considerandone il decadimento sarebbe più giusto dire “ex istituzione”) che da qualche anno a questa parte almeno riesce a portare sul palco della Mostra d’Oltremare cantanti napoletani e nazionali a prezzi accessibili. Cinque euro per vedere Maria Nazionale sono un’occasione da non perdere. Il concerto è un vero concerto, e non un semplice saluto alla città. Dura più di un’ora e mezza, durante la quale la protagonista non si concede soste, visibilmente contenta e un po’ emozionata per aver iniziato la tournèe del nuovo album nella sua città.
Le canzoni importanti ci sono quasi tutte, soprattutto quelle dagli ultimi due dischi, quindi dal 2008 a seguire. Le due di Sanremo, e poi Me chiammo Maria, Si t’annascunne, Nnammurate a metà, e ‘A luna; tra le più vecchie spicca una versione riarrangiata di Pe’ ridere e pazzia’, ma l’impressione – e qualcuno a fine concerto se ne lamenta – è che Maria metta un po’ da parte il repertorio degli anni passati. Allo stesso tempo è ben consapevole di non poter privare il pubblico dei suoi successi storici, a cominciare da Ragione e sentimento, ma li confina in un medley a cappella che lascia un po’ di amaro in bocca. Se avesse riservato un po’ più di spazio a quei brani, magari a discapito di qualcuna tra la lunga serie di canzoni classiche (su tutte una grande interpretazione di Passione) che Maria aveva per la maggior parte già pubblicato riarrangiate nei suoi vecchi album, la serata forse non avrebbe avuto pecche. Anzi, no, da segnalare c’è purtroppo un evitabile “momento Gomorra”, con la proiezione di un paio di minuti del film in cui Maria recita (a dire il vero molto bene), seguiti da qualche frase buttata lì, un po’ troppo “rimbocchiamoci le maniche che Napule adda cagna’” per essere presa sul serio.
Da prendere sul serio, invece, è Maria Nazionale come artista. Una cantante ormai completa, capace di reggere senza difficoltà un concerto di quasi due ore, adorata dal suo pubblico – che l’ha applaudita fragorosamente per tutto il tempo, abbandonando talvolta la platea per raggiungere il sottopalco e osannarla vis a vis – e accompagnata da ottimi musicisti, a cominciare dal percussionista Ciccio Merolla. Sperando che il prezzo da pagare, anche per lei, non sia dover far scomparire tutto ciò che ha fatto finora, ma anzi, arricchirlo e rinnovarlo, come pare stia facendo durante questo delicato passaggio. (riccardo rosa)
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