Alla ripresa dei giochi non è cambiato molto: l’offerta musicale in città è stata appagata nella misura ricorsiva delle stagioni e pianificata degli appuntamenti; riprende così il calendario serale degli ascolti collettivi.
Martedì 19 novembre ha preso avvio La forza del dialogo, il ciclo di concerti proposto dall’ensemble Dissonazen, questa volta presso gli spazi del ridotto Mercadante. Buona mossa, collaudata in occasione del ritorno di Evan Parker a Napoli, lo scorso gennaio. Gli spazi ridotti di questo Stabile esaltano l’intimità di una sala da concerto dedicata ancora all’ascolto di un pubblico presente, mai troppo. Manca sempre quella frequentazione delle sale da concerto a vantaggio del concerto in ogni salsa. Vengono dunque eseguite composizioni non sempre fresche, eppure utili per tastare il polso di una produzione sempre meno esposta al pubblico.
Dunque, il violoncello di Michele Marco Rossi e la fisarmonica di Francesco Gesualdi – il duo soli che ha tenuto banco nella serata inaugurale – ha proposto ascolti diversi integrati da un gioco comune sullo strumento. La presenza scenica del primo ha agito in direzione di un avvicinamento coinvolto a quanto eseguito, composizioni di autori italiani (Corrado, Perocco, Fedele) prima del personale omaggio agli universi del suono di Iannis Xenakis con Kottos. Il secondo ha interagito ancora più lungamente col pubblico, appesantito forse dal dovere di presentare uno strumento sconosciuto in questa veste solista, di certo piacevolmente partecipe nel raccontare al pubblico della gestazione e delle composizioni ancora da eseguire. Ancora una volta, frequentazioni con soli autori italiani (Cardini, Lenzi, Galante); da segnalare la prima esecuzione assoluta di Linna chi scandula ettada, natura mai mentidi (per Mariano Fenudi) col compositore toscano Antonio Agostini presente in sala. Piuttosto smarriti, abbiamo lasciato la sala per rientrarci ventidue ore più tardi, per il secondo appuntamento di questo festival occorso nella terza settimana di novembre.
Ci siamo ritrovati lì in numero accresciuto, per l’appuntamento dedicato alla musica di Luciano Berio, altro toscano che ha fatto faville anche all’estero, specie negli States. Il programma disposto per questo mercoledì senza Champions League accoglie comunque un brasiliano, Heitor Villa-Lobos con Chôros n.2, per flauto (Tommaso Rossi) e clarinetto (Francesco Filisdeo). Lo stesso Rossi, già presidente dell’Associazione, aveva rotto gli indugi con la Sequenza I per flauto solo di Luciano Berio, presentando subito dopo la composizione a seguire, quelle Quattro canzoni popolari per voce femminile (Eleonora Claps) e pianoforte (Ciro Longobardi), con cui la voce si è intromessa in un dialogo fino a quel momento strumentale (fatta eccezione di qualche frase sbiascicata nel circolo delle composizioni precedenti). Quattro canzoni siciliane, da testi anonimi e Jacopo da Lentini, giusto a motivare quella tensione irrisolta tra passato e presente nella scrittura della contemporanea che la Claps interpreta scalza, unitamente alla consueta vibratile eleganza di Ciro Longobardi. Il programma vira poi verso composizioni di area statunitense, con particolare riferimento a John Cage, anche in continuità con gli impegni oltreoceano dello stesso Berio, diviso tra la didattica e la produzione musicale. Party Pieces “Sonorous and Exquisite Corpses” di John Cage, Henry Cowell, Lou Harrison, Virgil Thomson – composto secondo la tecnica del “cadavre exquis”, gioco/metodo legato alla creatività del movimento surrealista – prima di Five, sempre di John Cage. Una parentesi quanto mai opportuna prima di chiudere con O King, per voce e cinque strumenti (Francesco Solombrino, violino; Manuela Albano, violoncello), storico lavoro di Luciano Berio dedicato a Martin Luther King. Poco più di sessanta minuti fitti di musica poco eseguita dal vivo.
Messa alle spalle la sala, mi faccio qualche domanda sulla presenza di un pubblico disposto a dialogare anche con questa musica. Aspetterò le giornate conclusive del festival per tirare qualche somma. (antonio mastrogiacomo)