Nel giugno 2018, il ventunenne Jefferson Garcia Tomalà viene ucciso dai colpi di pistola esplosi (secondo la ricostruzione della questura), dopo una colluttazione col giovane armato di coltello, da uno dei due agenti della polizia di stato giunti sul luogo, con un medico, per rispondere a una richiesta di emergenza psichiatrica. L’allora capo della polizia Franco Gabrielli dichiara: «Presto i poliziotti avranno in dotazione i taser, così potranno agire in ulteriori condizioni di sicurezza e non arrecare danno eccessivo alle persone in certi interventi».
Prevista dai vari “decreti sicurezza”, in dotazione dal 14 marzo 2022 a polizia, carabinieri e guardia di finanza di decine di città e oggi anche ad alcune polizie municipali (dopo Venezia, la sperimentazione parte anche a Napoli, mentre a Roma il consiglio comunale ha approvato una mozione in tal senso), la pistola elettrica Taser (dal nome dell’azienda, la Taser International oggi Axon Enterprise, che la produce), già durante il periodo di sperimentazione, il 12 maggio 2019, è stata utilizzata su un uomo ricoverato al reparto psichiatrico di Diagnosi e cura del Santa Maria Annunziata di Firenze. Inventata da Jack Cover, il suo funzionamento prevede, una volta azionata, il lancio di due dardi collegati a fili elettrici con il dispositivo, producendo, a impulsi, una scarica a bassa tensione e alta intensità, con lo scopo di contrarre la muscolatura del soggetto bersaglio arrestandone i movimenti.
L’arma, al di là degli entusiasmi propagandistici con cui da alcuni è stata accolta e continua a essere proposta, è estremamente controversa: già nel 2007, la Commissione contro la tortura delle Nazioni Unite ha espresso un giudizio fortemente negativo sull’adozione delle armi elettriche previste allora dal Portogallo, arrivando a definirle “strumenti di tortura” il cui utilizzo viola le previsioni della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani, degradanti. Anche Amnesty International nel 2015 ha sottolineato come gli shock inflitti potrebbero equivalere a trattamenti degradanti o tortura. Negli Usa, dove sono utilizzate da tempo, si è sviluppata una vasta letteratura scientifica che evidenzia i gravi rischi di morbilità e mortalità legati all’utilizzo delle armi a impulsi elettrici, soprattutto su alcuni soggetti fragili come i pazienti psichiatrici [1]. Agenzie di stampa come la Reuters, hanno condotto importanti e approfondite inchieste dalle quale sono emersi dati allarmanti, a partire dal numero di morti collegate all’utilizzo del taser.
In uno degli articoli pubblicati nel 2018 dalla stessa agenzia di stampa all’interno della serie titolata “Shock tactis”, tradotto in italiano da Internazionale e realizzato a partire dalla morte di Tom Schrock, uomo affetto da depressione e con problemi da abuso di alcol e droghe, colpito con il taser a seguito di un intervento della polizia richiesto per “disturbo della quiete pubblica da parte di un uomo disarmato con problemi mentali”, gli autori ricordano come “negli Stati Uniti la Reuters ha documentato 1.042 casi di persone colpite a morte con un taser dalla polizia. Molte vittime appartengono a gruppi di persone vulnerabili. Un quarto delle vittime soffriva di crisi psicotiche, come Schrock, o disturbi neurologici. In nove casi su dieci la vittima era disarmata. Più di cento incidenti mortali sono cominciati con una richiesta d’aiuto al 911 durante un’emergenza medica. In molti casi non è possibile stabilire con precisione quale sia stato il ruolo del taser. Ma ci sono oltre quattrocento eventi dei quali la documentazione presentata in tribunale fornisce un resoconto abbastanza dettagliato. In un quarto di questi casi i poliziotti hanno usato solo il taser. Negli altri casi sono state impiegate altre forme di coercizione”.
Già a fronte della sperimentazione del taser in Italia, alcuni commentatori e media parlarono di una sorta di ritorno dell’elettroshock. Seppure, chiaramente, l’arma elettrica è molto diversa dall’apparecchiatura inventata da Bini e Cerletti e dalla tecnica ancora oggi utilizzata in psichiatria, è comprensibile come il ricorso alle scariche elettriche abbia richiamato nell’immaginario le prassi psichiatriche elettro-convulsivanti.
Certamente, a fronte dei dati disponibili, di una mancata adeguata formazione del personale di polizia, di possibili abusi, di elementi precauzionali estremamente ridotti, del sospetto entusiasmo dei suoi sostenitori, desta forte preoccupazione l’utilizzo di quest’arma su persone che abbiano difficoltà cardiocircolatorie (come potrebbero essere i pazienti sottoposti a lunghe cure psicofarmacologiche), mentre non sono chiari gli effetti che comunque potrebbe avere su alcune sofferenze psichiche. Inoltre, il taser, soprattutto (ma non solo) nel caso di abusi dello stesso, può essere fortemente lesivo della dignità, e potrebbe risultarne particolarmente grave e pericoloso l’eventuale utilizzo nel corso dei trattamenti sanitari obbligatori (durante i quali interviene la polizia locale), aggiungendo a un intervento già limitativo della libertà personale una tecnica tanto invasiva, dolorosa, potenzialmente rischiosa e mortificante.
L’introduzione del taser a Napoli si innesta nel clima securitario che la giunta dell’ex rettore Manfredi sta provando a definire, con provvedimenti e regolamenti che, sotto l’egida del decoro urbano, somigliano ad atti di belligeranza quotidiana dichiarata contro poveri, indigenti, migranti, sofferenti, esclusi. Si preparano così, in un tempo di guerra, i più meschini crimini di pace. (antonio esposito)
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[1] Si rimanda a uno studio condotto dal Criminal Justice Center della Stanford University, che, oltre ai risultati della ricerca realizzata, risulta particolarmente utile anche per reperire una prima bibliografia di merito: J. Neuscheler, A. Freidlin, Report on Electronic Control Weapons (ECWs). Submitted to the city of Berkley, giugno 2015, consultabile on line sul portale: https://www-cdn.law.stanford.
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