Questo weekend a Napoli è andata in scena La Repubblica delle idee, la kermesse organizzata dal quotidiano del gruppo Gedi. Non avevamo molto da fare e così abbiamo passato un po’ di tempo a Palazzo Reale. Tornati a casa non abbiamo potuto che dare i numeri.
Antonio Scurati, voto: 0. Approfitta senza ritegno dell’occasione di ergersi a martire del governo Meloni, consacrandosi come star della manifestazione e nuovo idolo dei democratici. Cinico
Maurizio De Giovanni, voto: 1. Nemmeno un’intuizione, una banalità nuova, un commento indignato su Calzona, un cappello da Pulcinella. La cosa più dozzinale che riesce a dire è che gli adolescenti si accoltellano per colpa di Gomorra. Bollito
Lucia Annunziata, Massimo Giannini, Ezio Mauro, Romano Prodi, Elly Schlein e tutti gli altri, voto: 2. Medaglie d’oro nello sport di giornata: la corsa all’indignazione “antifascista”. Sono gli stessi personaggi che due giorni fa dicevano che candidare alle elezioni una ragazza antifascista, processata in catene da un tribunale fascista, in un paese fascista, non è una buona idea. Macchiette
Gaetano Manfredi, voto: 3. La chance è quella di essere finalmente mattatore nell’incontro con Sala e De Caro sul “protagonismo dei sindaci”, spiegando come si fa ad avere i miliardi del Patto per Napoli semplicemente svendendo i pezzi più preziosi del patrimonio culturale a Invimit. E invece fa il compitino, come sempre. Noioso
Stefano Boeri, voto: 4. Surreale pippone su come l’urbanistica può salvare le città, la mixité e tutto il resto. Avrebbe potuto citare gli scempi di Marsiglia e Milano Expo nei quali ha avuto un bel ruolo, contribuendo alla finanziarizzazione e alla distruzione di interi quartieri. Smemorato
Franco Arminio, voto: 5. Il paesologo appare un po’ giù di corda, dopo qualche mese di assenza dai programmi di Licia Colò & co. Non regala spunti mistico-sensuali, e si salva in calcio d’angolo con l’idea degli “allenatori di paesi”, per salvare dallo spopolamento le aree interne. Immalinconito
Maurizio Molinari, voto: 6. Parla molto di Napoli, il direttore di Repubblica, di recente sfiduciato dalla sua stessa redazione per la mancanza di equilibrio nella trattazione del genocidio palestinese. Parla in maniera entusiasta dei giovani, gli stessi che aveva accusato di fascismo quando si erano presentati all’università per contestarlo. Schizofrenico.
Concita De Gregorio, voto: 7. Per un po’ di minuti non si riesce a capire se il suo reading sia composto da estratti dell’ultimo libro o dalla fenomenale pagina Facebook “Concita racconta il mondo”. Riesce a un certo punto a infilare diciotto avverbi in una sola frase. Tetris
Conchita Sannino, voto: 8. La vicedirettrice del giornale spadroneggia, salendo sul palco a più riprese e sfoggiando una borsa di Valentino. Strizza l’occhio al pop-glam di Trudie Styler e si inginocchia devota al pulpito beneculturale di don Antonio Loffredo, in un memorabile incontro sulla “ri-generazione di comunità”. Per tutte le stagioni
Nicola Gratteri, voto: 9. Dopo mesi di dichiarazioni parafasciste ne dice una giusta: “Noi magistrati non siamo credibili”. Sincero
Valeria Parrella, voto: 10. Quelli di Repubblica devono averle detto di fare un po’ di show mentre presenta il libro di Daria Bignardi, e lei si trasforma in uno spettacolare incrocio tra Flavia Vento e Simona Ventura. Ci tiene a ricordarci che ha fatto campagna elettorale a Tsipras (e sti cazzi?) e chiude l’incontro dicendo che i detenuti non possono votare (cosa che risulta solo a lei). Fuoriclasse
a cura della redazione