Continuano le manifestazioni in tutta Italia a difesa del diritto alla scuola per tutti e per tutte. Lunedì 19 gli attivisti di Priorità alla scuola sono scesi in piazza con dei presìdi in numerose città, mentre a Napoli da giorni genitori e insegnanti si radunano all’esterno del palazzo della Regione Campania perché sia revocata l’ordinanza di chiusura delle scuole. Nella giornata di ieri il presidente della regione De Luca ha annunciato una possibile riapertura delle scuole elementari per lunedì 26.
Pubblichiamo a seguire l’appello alla mobilitazione diffuso in questi giorni dalla rete napoletana Scuola e bambini nell’emergenza Covid-19.
“A Napoli saremo in presidio dalle 12:00, per il terzo giorno, sotto il palazzo della Regione Campania, perché sia revocata l’ordinanza di chiusura delle scuole. Perché le ragazze e i ragazzi, i bambini e le bambine non pagheranno un’altra volta il prezzo di politiche scellerate. Negli otto mesi passati dall’inizio della pandemia niente è stato fatto per potenziare sanità pubblica e trasporti: il vero problema è l’inefficienza, il mancato investimento di risorse nei servizi pubblici che possano garantire una tenuta nell’emergenza. Con centodieci letti occupati in terapia intensiva, in Campania siamo già al collasso!
Il diritto all’istruzione va garantito!
Ai dirigenti scolastici campani, che scrivono denunciando a ragione di essere stati lasciati dal governo nazionale soli e senza risorse a cercare di garantire scuole sicure e aperte, vogliamo dire che sappiamo bene di cosa parlano, perché sono ormai mesi che chiediamo, inascoltati, investimenti strutturali nella scuola pubblica: ma questo triste dato non basta certo ad assolvere le mancanze della Regione. De Luca vuol farci credere che la scuola non chiude perché continua con la didattica a distanza.
La didattica a distanza non è scuola, ma un surrogato che esclude definitivamente i più deboli e impoverisce miseramente ogni processo di crescita, e non è una soluzione accettabile né per i più piccoli, né per le scuole superiori.
Nessuno si azzardi a chiamarci negazionisti: vediamo bene l’emergenza sanitaria e sociale e proprio per questo abbiamo chiesto fin da marzo più tamponi, più prevenzione, interventi seri sui trasporti pubblici, maggiori investimenti e interventi straordinari per sanità e scuola. Ma niente di tutto questo è stato realizzato: al contrario, siamo arrivati a oggi ancora più impreparati e, di fronte al possibile collasso di un sistema sanitario rimasto più inadeguato di altri, il presidente De Luca ha fatto la scelta più semplice e drastica, considerando la scuola il bene più sacrificabile. La chiusura delle scuole non è un atto di responsabilità, ma la fotografia di un fallimento, dell’inadeguatezza di una gestione complessiva dell’emergenza.
È oramai chiaro che la criminalizzazione dei comportamenti dei cittadini e le uscite da avanspettacolo sono solo tristi strategie di comunicazione per nascondere le enormi responsabilità di chi doveva, in questi mesi, costruire condizioni di tutela sanitaria e sociale per tutti e tutte e semplicemente e tragicamente non lo ha fatto. Se oggi la scuola chiude non ci sentiamo più “al sicuro”, ma “solo” derubati dell’ennesimo diritto fondamentale. Non accettiamo la finta contrapposizione tra diritto all’istruzione e diritto alla salute e diciamo chiaramente che i due diritti vanno tutelati congiuntamente.
Sullo scenario futuro vogliamo dire: il punto non è essere favorevoli o contrari al lockdown, fermo restando che è inattuabile senza un fortissimo sostegno ai redditi dei ceti più deboli e precari. Ma che cosa si è fatto e che cosa si farà per evitarlo, per non essere con le spalle al muro di fronte a una nuova misura di “cieca disperazione” che si avvicina sempre di più. Quali sono le strategie oltre il tentativo di organizzare i rapporti sociali fin dentro le case? Che interventi si stanno facendo? Quali sono in programma? Dai trasporti alla sicurezza sui luoghi di lavoro, alla sicurezza di scuole, ospedali e RSA, al potenziare e velocizzare l’attività di testing e tracciamento ben oltre i livelli attuali, al sostegno economico ai precari e disoccupati in quarantena per evitare che gli asintomatici la violino per ragioni di necessità.
Perché se invece si pensa di affidarsi “solo” a un cambiamento del quadro epidemiologico possono dirci fin d’ora che le scuole non riapriranno il 30 ottobre. Perché i dati clinici e sanitari della crisi sicuramente peggioreranno in questi tempi. Possono dirci fin d’ora che la scuola potrebbe non riaprire fino a primavera e assumersi allora fino in fondo la responsabilità di un fallimento dalle enormi conseguenze sociali, e dimettersi. Sia De Luca che la Azzolina. Così magari chi verrà farà qualcosa di diverso”.