Era il 20 ottobre 1918 quando Emilia Gubitosi e Maria De Sanna, figlia di un facoltoso industriale napoletano e animatrice della vita culturale cittadina – già fondatrice della Compagnia degli Illusi che aveva sede dove un tempo era il cinema degli Ambasciatori – si incontrarono a Villa Maria. Il sogno di fondare un’associazione dedicata alla scoperta e alla valorizzazione della musica antica a Napoli cominciò a prendere corpo fin dal giorno successivo, quando le due si recarono da Salvatore di Giacomo, chiedendo quale nome dare all’associazione. Di Giacomo era intento allo studio dei conservatori napoletani, studio confluito in seguito nei due volumi de I quattro antichi Conservatorii di Napoli. In quella fase studiava l’attività di Alessandro Scarlatti come docente del conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo in Santa Maria della Colonna – da poco riaperto – e suggerì loro di dedicare a lui l’associazione. Tre giorni dopo ebbe luogo l’offensiva della battaglia di Vittorio Veneto.
Il giorno 8 dell’aprile successivo, la Scarlatti celebrò il suo primo concerto presso San Paolo Maggiore (la San Gaetano dei napoletani), con la Rappresentatione di Anima et Corpo di Emilio de’ Cavalieri, nella riedizione che aveva fatto Giovanni Tebaldini, musicologo bresciano molto legato in quegli anni all’associazione. L’attività concertistica proseguì su livelli molto elevati con l’Euridice di Jacopo Peri e Giulio Caccini, eseguita al teatro Politeama il 28 e il 30 gennaio 1920; con l’oratorio Jephte di Giacomo Carissimi (14 aprile 1920); con l’Orfeo di Claudio Monteverdi (teatro di San Carlo, 13 e 16 maggio 1920). Toccò infine punte di interesse unico con i tre concerti diretti da Arturo Toscanini, che scelse la Scarlatti per presentarsi a Napoli prima di partire per gli Stati Uniti, ma anche al suo ritorno in Italia.
Come scriveva nel 1926 Franco Michele Napolitano, che fu dell’Associazione Scarlatti per lunghi anni il direttore artistico, l’intento dei fondatori era quello “di raggruppare intorno a sé quegli spiriti fervorosi animati da fede sincera per una rinascita e divulgazione dell’antico patrimonio musicale nazionale – innalzare razionalmente la coltura artistica cittadina a mezzo di concerti, conferenze, corsi d’istruzione, concorsi”. Nel solco della vocazione originaria dell’associazione, la valorizzazione della musica antica non è mai stata abbandonata, sebbene affiancata dall’attività della musica romantica, del Novecento, con incursioni che sfociano anche nella musica contemporanea. La tradizione antica risulta evidente grazie ad appuntamenti come La stagione del barocco, anche grazie al lavoro di musicisti come Antonio Florio e Dinko Fabris che, con le loro scoperte di musiche sepolte negli archivi delle istituzioni napoletane, danno nuova vita a questo repertorio. Si aggiunge poi Scarlatti Contemporanea, alla sua seconda edizione, rassegna dedicata quest’anno alla produzione musicale contemporanea napoletana e in particolare a due compositori come Francesco d’Avalos e Roberto De Simone, diversissimi per indole, indirizzi ed esiti artistici, ad anticipare la densa stagione concertistica di scena presso il teatro Sannazzaro di via Chiaia.
C’è la musica antica, in apertura; cinque appuntamenti dedicati alla musica per quartetto, solisti come Shlomo Mintz (violino) e Sol Gabetta (violoncello) impegnati in due recital con l’accompagnamento di pianoforte, ma anche due grandi interpreti della chitarra come Manuel Barrueco (che torna alla Scarlatti dopo molti anni) e Aniello Desiderio. Senza dimenticare la musica per ensemble e il consueto quanto necessario sguardo dedicato a repertori di confine, come il concerto del trio formato dal sassofonista americano Roscoe Mitchell, Michele Rabbia e Gianni Trovalusci.
Attraverso un excursus sulla produzione corale italiana antica e moderna – e anche con l’innesto di due prime esecuzioni di brani di Gaetano Panariello e Patrizio Marrone – l’appuntamento conclusivo del 2018 (20 dicembre) sarà affidato all’Ensemble Vocale di Napoli: un tributo alla donna che ebbe la tenacia di fondare e portare avanti per un cinquantennio quella che oggi è la più antica associazione concertistica del Mezzogiorno. Un’associazione che si affaccia al suo centesimo anno di vita con la consapevolezza di rappresentare, come scriveva Il Mattino del 9 aprile 1919, “la realizzazione di propositi estetici inconsueti, alti e nobilissimi”, in una città dove è “così difficile essere dei realizzatori. In ispecie quando si tratta di musica pura che non sia di teatro o di strada”. (antonio mastrogiacomo)