San Pietro a Majella e Pietà de’ Turchini sono due luoghi utili per frequentare la musica, in maniera diversa. Il primo è il conservatorio della città, dove la somministrazione di conoscenze e competenze avanza al suono dei crediti, dei voti in trentesimi, dei part-time musicali e solo talvolta viene esposta al pubblico. Il secondo invece da ventuno anni cura in città il patrimonio della musica napoletana del Seicento e Settecento richiamandosi a un altro conservatorio, quello della Solitaria. Come è opportuno, lo studente del primo che voglia lasciarsi solleticare dagli appuntamenti musicali non può evitare il secondo.
Mariafederica Castaldo ci presenta Musica Antica Pietà de’ Turchini, indugiando su alcuni fotogrammi. «Il Centro di Musica Antica è nato su mia ispirazione nel 1997 grazie alla opportunità, inedita all’epoca, di poter operare in una sede magnifica come la Chiesa e il monastero di Santa Caterina da Siena. Il progetto era di creare una struttura dove artisti e studiosi, personale amministrativo e manageriale potessero reciprocamente supportarsi. Santa Caterina, che all’epoca era un bene dimenticato da tutti, preda di incursioni di malfattori e ladri, aveva poi una storia interessante, legata a quella di un’altra istituzione storica: il Real Conservatorio della Solitaria. Nato per volontà vicereale alla fine del Cinquecento, accoglieva le figlie dei militari spagnoli rimaste orfane, di età compresa tra i cinque e i dodici anni, per nutrirle ed educarle fino all’età di vent’anni. Raggiunta la maggiore età, alle giovani veniva assicurata una dote di cento ducati per poter “trovare marito come si conviene” oppure per essere “custodite in sacro ritiro”, secondo la regola domenicana. L’istituzione assicurava un’intensa attività educativa e formativa in cui era inclusa anche la musica, come attestano i preziosi documenti custoditi nel suo archivio storico. L’istituzione era rinomata soprattutto in virtù della processione, detta appunto “della Solitaria”, che nella notte del venerdì santo si snodava da Pizzofalcone per le vie cittadine con canti e musica. Durante il decennio napoleonico, ritenuto per errore un istituto religioso, il conservatorio fu soppresso e la sede originaria fu occupata dai militari, mentre i suoi beni furono confiscati e venduti come beni ecclesiastici. Ne nacque un contenzioso, al termine del quale, avvertito l’errore, venne accertata la laicità dell’istituto. Il conservatorio pertanto fu ripristinato e gli fu assegnata come sede il monastero soppresso delle monache domenicane. Ricollegandosi, quindi, alle finalità educative, nonché all’antica tradizione musicale barocca che ha caratterizzato il lavoro della Solitaria fin dal suo primo secolo di vita, con la Pietà de’ Turchini il cerchio si chiude in un felice ritorno».
Mariafederica Castaldo è la direttrice generale della fondazione Pietà dei Turchini dal 1997, data di costituzione. «I miei studi sono stati indirizzati alla storia del teatro e dello spettacolo, ma la musica ha accompagnato tutta la mia vita, dapprima attraverso la pratica della danza dall’età di cinque anni, in seguito per le necessarie connessioni con il mio percorso di studi alla facoltà di Lettere della Federico II in discipline dello spettacolo, alla cattedra di Franco Greco, al quale devo l’apertura verso orizzonti di ricerca che mai avrei immaginato di esplorare. Fu lui infatti ad accendere in me la curiosità per lo spettacolo a Napoli tra Sei e Settecento, con particolare attenzione all’opera in musica, oggetto di ulteriori approfondimenti confluiti in una tesi di dottorato».
Studiare la musica può significare affrontare la cura di un patrimonio nei suoi diversi aspetti, al tempo stesso materiali e immateriali del bene musicale.
«Il tempo trascorso tra le sale della Biblioteca Nazionale e tra le carte degli archivi non sarebbe stato foriero di tanta energia creativa se non lo avessi anche impegnato ad ascoltare chi, quel repertorio ancora tutto da valorizzare e riscoprire, lo eseguiva in scena. Leggere un libretto di un’opera di Francesco Provenzale senza ascoltare le note che lo intonavano era un piacere monco per me, fu così che incontrai alla fine degli anni Ottanta Antonio Florio e i suoi musici, tra i primi in Italia a ripercorrere le glorie del repertorio di scuola napoletana. Ascoltare dal vivo quelle pagine, insieme ad altre di Gaetano Greco, Alessandro e Domenico Scarlatti, Leonardo Vinci, Leonardo Leo, Nicola Fago, per citare solo alcuni dei protagonisti di quel fenomeno che fu la Scuola Napoletana, segnò l’inizio di una passione che dura da più di vent’anni e che è stata il motore del mio progetto professionale oltre a dare significato alla mia vita.
«In questi primi ventuno anni di attività la Pietà de’ Turchini si è giovata della collaborazione di musicologi, musicisti, cantanti, registi, esperti amministrativi e di management dello spettacolo. Gli indirizzi della fondazione sono molteplici: ricerca ed editoria, con la doppia collana di saggi e partiture della Turchini edizioni, nata nel 2003; programmi di formazione vocale e strumentale sulla prassi esecutiva barocca; produzione e diffusione di concerti e spettacoli dal vivo. Inoltre, dal 2015, cura una collana discografica dedicata ai protagonisti della Scuola Napoletana, per l’etichetta Arcana-Outhere, cui contribuisce, con le sue opere in copertina, Mimmo Jodice. Il tutto all’insegna del fare “molto con poco”: le sovvenzioni stabili sono poche e neanche molto consistenti rispetto ai nostri cugini europei; facciamo affidamento sul contributo del ministero; a seguire, ma con grande ritardo nell’erogazione, la regione Campania, mentre è attivo il sostengo di diversi soggetti privati per i programmi di inclusione sociale e diffusione della musica tra i bambini.
«Il pubblico della Pietà de’ Turchini conta su un gruppo inossidabile di affezionati frequentatori, ma più ancora su un ampio gruppo di seguaci a distanza, come lo sono i tanti studiosi che acquistano in tutta Europa i nostri volumi scientifici, gli appassionati dei nostri dischi. La nostra è una stagione che si svolge da ottobre a giugno, dunque un tempo lungo rispetto alla più consueta e diffusa forma di programmazione per la musica antica in Italia e in Europa, che è quella dello spazio e del tempo dei festival. Una stagione di circa trenta concerti all’anno, ai quali si sommano altre manifestazioni collaterali come i convegni, le master class, le conferenze, il concorso internazionale di Canto barocco. Negli anni abbiamo ampliato la platea di coloro che ci seguono, grazie a progetti mirati come quello, ultradecennale, che realizziamo a palazzo Zevallos di Stigliano o quelli che portiamo avanti nella seconda sede istituzionale della fondazione, la Chiesa di San Rocco a Chiaia, legati soprattutto alle attività corali dei bambini e degli adulti e ad alcune residenze artistiche».
Anche la stessa formula di partecipazione del pubblico ai concerti traduce le intenzioni di chi anima l’offerta, scandita da una progettualità fuori abbonamento.
«Non abbiamo mai voluto adottare la formula dell’abbonamento, consapevoli che di abbonati in città ce ne sono fin troppi, di cui molti assenteisti, o peggio ancora, che nemmeno sanno cosa gli propone in calendario l’associazione o il teatro cui sono abbonati. Chi viene ai concerti della Pietà de’ Turchini sceglie di farlo per autentico interesse e partecipazione a quello che gli verrà proposto in quella occasione, non per vincolo sottoscritto da un abbonamento. Sovente ci troviamo ad accogliere appassionati di passaggio a Napoli che, provenienti da ogni dove, ci contattano per avere informazioni sui nostri concerti e per verificare se questi si incastrano, felicemente, con la loro permanenza in città».
Qualche volta in quel pubblico mi nascondo pure io. (antonio mastrogiacomo)
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