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Non possono essere un caso le otto vittorie nelle prime otto partite di campionato per la squadra di Spalletti. Così quando al minuto ottantuno Oshimen mette in porta la rete dell’uno a zero nella gara contro il Torino, è chiaro a tutti che il Napoli dovrà lottare fino alla fine per la vittoria dello scudetto. Per una volta, però, non è dentro allo stadio che succedono le cose più interessanti, ma fuori.
La giornata di un caloroso gruppo di tifosi del Napoli comincia alle tre del pomeriggio, quando decine di scooter si muovono dall’albergo di via Carbonara, in coda al pullman che trasporta i calciatori azzurri, per scortarli verso lo stadio di Fuorigrotta. Sono appartenenti al gruppo Ultras 1972, che ha convocato questo rumoroso corteo, dal momento che il gruppo, come tutti gli altri del tifo organizzato partenopeo, si trova fin dall’inizio del campionato impossibilitato a seguire la squadra allo stadio.
«Sono anni – spiega M., tifoso della curva B – che De Laurentiis le prova tutte per allontanare gli ultras dallo stadio. Forse è perché non gli abbiamo mai risparmiato contestazioni, forse perché siamo lontani dal modello di stadio-teatro che immagina… fatto sta che ora, finalmente, è riuscito a portare a compimento il suo piano».
In effetti, quest’anno gli ultras sono rimasti sempre fuori dal Maradona, a causa del rigidissimo regolamento imposto dalla società ai frequentatori dello stadio. «Niente fumogeni, luci colorate, né striscioni. Niente megafoni, tamburi e nessuna possibilità di radunarsi in gruppi di appassionati per tifare – continua M. –. Il regolamento sembra fatto apposta per tenere gli ultras lontani dallo stadio e le multe, che arrivano fino a quattro-cinquecento euro per ogni violazione, rendono impossibile “sfidarlo”».
Non sono, però, solo le tribune del Maradona, ma anche le strade circostanti lo stadio a essersi trasformate in questi ultimi due o tre anni. Uno degli storici gruppi ultras della curva B, per esempio, si radunava prima delle partite all’esterno di un pub di piazzale Tecchio, oggi diventato una “steak house” dai prezzi poco popolari. «Un panino, una porzione di patatine e due birre proposte nel menu della nuova gestione – racconta R. – vengono a costare più di trenta euro. Per bere qualcosa in compagnia prima della partita serve un mutuo, così abbiamo dovuto spostarci da un’altra parte e abbandonare il “nostro” pub, pur di salvaguardare lo spirito di aggregazione».
Intorno alle quattro, il gruppetto in scooter partito dal centro città arriva a Fuorigrotta. I tifosi accompagnano la squadra fino all’ingresso degli spogliatoi e si recano al loro pub, il Flegò, alle spalle della curva B. Rosario, il proprietario, prova a spiegare quello che sta succedendo. «Il pubblico dello stadio sta cambiando, sulla spinta delle iniziative messe in atto da De Laurentiis. Il caro biglietti non era stato sufficiente a cacciare gli ultras dallo stadio, ma il vero spartiacque sono state le multe per il mancato rispetto del Regolamento d’uso. Per me gli introiti sono quasi gli stessi, ma vendo cento birre in meno e cinquanta Coca Cola in più ogni partita. Questo spiega il cambiamento più di ogni filosofeggiare!».
Al fischio d’inizio, alle sei del pomeriggio, all’esterno del pub ci sono quasi duecento persone. Non soltanto ultras, ma anche ragazzi che senza l’apporto del tifo organizzato si annoiano a frequentare la curva e così hanno cominciato, settimana dopo settimana, a recarsi fuori al pub per guardare la partita insieme, cantando, saltando, bevendo birra e accendendo fumogeni. Fuori al settore, intanto, nonostante la partita sia già iniziata, decine di steward e poliziotti sono ancora intenti a controllare tagliandi, abbonamenti, documenti, Green Pass e qualsiasi altra documentazione idonea a schedare chiunque entri nell’impianto per vedere la partita. Non sono pochi i turisti che si aggirano fuori lo stadio, così come qualche famiglia ritardataria e qualche coppia che scatta selfie con la curva sullo sfondo.
A giudicare dall’andamento della partita, però, i tifosi fuori lo stadio sembrano divertirsi più di quelli dentro. Da quando gli ultras disertano le gradinate, infatti, le tribune del Maradona – un tempo uno degli stadi più caldi d’Europa – mettono una certa malinconia, senza fumogeni e bandiere, senza cori e tamburi. Un basso profilo paradossale se si considera l’entusiasmo generato in città dalle vittorie della squadra, eppure al gol di Oshimen il boato dei tifosi radunatisi alle spalle della curva, quasi equivale a quello degli oltre trentamila che sono dentro l’impianto.
Dieci minuti dopo il gol dell’attaccante nigeriano l’arbitro fischia la fine e i tifosi cominciano ad abbandonare lo stadio. Molti di loro, intenti a raggiungere l’auto, si fermano fuori al pub alle spalle della curva per unirsi al gruppo di tifosi festanti che ha raggiunto nel frattempo le quasi cinquecento unità. I più giovani ragionano sulla possibilità di rimanere fuori il Maradona in occasione della prossima partita, per risparmiare i soldi del biglietto e aumentare il divertimento. Certo, l’emozione rispetto al seguire una partita allo stadio non potrà essere la stessa, ma se qualcuno nella società azzurra ha ancora il polso della passione che una parte di città riversa nei confronti della squadra, farebbe bene a porsi qualche domanda. (riccardo rosa)