Le Sentinelle in Piedi sono un gruppo di persone che protesta contro il disegno di legge Scalfarotto, che prevede alcune misure contro l’omofobia e le discriminazioni di tipo sessuale. Francesco, il loro giovane portavoce, spiega che le sentinelle ritengono il provvedimento “liberticida” in quanto «andrebbe a colpire, sul piano penale, non solo chi usa violenza e discrimina ma anche chi esprime opinioni contrarie, per esempio, alle unioni tra persone dello stesso sesso», o chi «semplicemente mette in discussione l’uguaglianza tra omosessuali ed eterosessuali». Discriminazioni, appunto.
Le sentinelle hanno organizzato questa mattina, in tutta Italia, una serie di proteste per dire la propria contro il disegno di legge. La manifestazione – i giornalisti la chiamano flash mob – prevede il raduno di un gruppo di persone in una piazza, e la lettura silenziosa (o in alternativa la recitazione di una preghiera) di alcuni libri di riferimento. A Napoli le sentinelle sono una trentina. Si radunano in via Scarlatti, al Vomero, intorno alle dodici.
Francesco ha l’aspetto di un ragazzo tranquillo. Ha una camicia blu, organizza tutto già mezz’ora prima dell’inizio della manifestazione. Mentre spiega le ragioni del suo gruppo, risponde al telefono: «Yuri, cazzo! Non è possibile che chi deve portare il megafono ancora deve venire a quest’ora, porca troia!». Lo abbandono per discrezione, aggirandomi tra le altre sentinelle – che cominciano a disporsi nell’isola pedonale – e le tre camionette della polizia parcheggiate all’incrocio con via Luca Giordano. «Chi siete?», domando. «Siamo cittadini», mi risponde una signora con una busta marrone della vicina Coin, piena di nuovi acquisti.
La media età dei manifestanti è variegata: ci sono eleganti donne sessantenni e giovani tra i venti e i trenta con la barba fatta e i mocassini. Uomini in giacca e cravatta e smanicati Harmont&Blane. Lo schieramento di sentinelle è protetto da un cordone di agenti in assetto antisommossa, che impugnano il manganello senza riflettere sulla simbologia che l’immagine di una ventina di mazze nere strette tra mani bianche provoca in un contesto del genere. A parte i due o tre portavoce, le sentinelle non parlano, nonostante le insistenze di alcuni giornalisti. Un giovane cronista del sito FanPage gli porge invano il microfono, avvicinandolo ripetutamente alla loro bocca come il cronista di TeleCalifornia di un vecchio film di Moretti.
Se le sentinelle non parlano, comunque, leggono molto: tra i più gettonati ci sono Ghandi e i vangeli; il più erudito legge The free market in Catholic Society; abbondano testi su Giovanni Paolo II, ma più forte ancora va il nuovo pontefice, protagonista di Così è Francesco, Le pecore di Bergoglio e altri. I più agguerriti leggono Della fede: la certezza, il dubbio, la lotta, mentre in fondo compare Lettera a un bambino mai nato della Fallaci e addirittura un Anfitrione di Molière.
Subito dopo l’inizio delle letture, arriva da piazza Quattro Giornate un gruppo di contestatori. Sono giovani dei collettivi studenteschi e dei centri sociali, attivisti dei movimenti LGBT, qualche volto noto dell’Arcigay. Portano cartelli con scritto in maiuscolo “Stop Omofobia”, palloncini colorati, preservativi gonfiati fino a scoppiare ed altri afflosciati come solo il lattice, subito dopo l’uso, sa afflosciarsi. Le contestazioni in realtà erano iniziate già prima, quando alcuni passanti avevano cominciato a inveire contro le sentinelle, trattenuti a fatica dalla Digos che aveva poi deciso di disporre gli agenti in cordone a protezione della manifestazione. L’arrivo dei numerosi contestatori attira maggiormente l’attenzione dei passanti vomeresi. Non è facilissimo, per i militanti, spiegare al popolo dello shopping domenicale il paradosso di un presidio “contro una manifestazione contro una legge contro l’omofobia”. Nell’aria infatti c’è un po’ di confusione, anche se quando cominciano gli interventi al megafono pure i brizzolati e le loro mogli annuiscono definendo “repressi” o “fanatici” le sentinelle. «Non è importante il sesso dei suoi componenti: la famiglia è amore!», urla un ragazzo con un preservativo in mano. Dal ciglio della strada gli risponde un padre di famiglia a bassa voce: «’A famiglia è ‘na nevrosi, sient’ a me…».
Il quadro rimane questo per circa un’ora, poi le sentinelle vanno via. Nel frattempo tra loro è comparso qualche militante dell’estrema destra locale, che provoca i contestatori con gestacci di vario genere. In mezzo a loro c’è Francesco, il portavoce, che smette la maschera da bravo ragazzo e impugna a due mani una mazza, minacciando gli “antagonisti” dai quali è comunque separato dal folto cordone di polizia.
Poi, una volta sparite le sentinelle e i fascisti, la polizia rompe le righe. Restano i ragazzi venuti a protestare, che invadono via Scarlatti incitando all’amore, alla libertà sessuale, alla gioia di vivere. All’altezza di Zara si imbattono in un gruppo di musicisti di strada, che solidarizza con le loro ragioni interrompendo una gradevole versione free-jazz di I’ve just seen a face dei Beatles per dedicargli la più inflazionata Bella Ciao, accolta da un grosso applauso. Qualche canzone dopo si va via: per qualcuno è ancora ora dell’aperitivo, mentre altri già pregustano la calamarata domenicale che li attende a casa. (riccardo rosa)
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