A Nagyszékely non c’erano bar, negozi o boutique. Soltanto un piccolo spaccio di alimentari era aperto tre ore la mattina e due il pomeriggio, fino alle cinque. Invero chiuso la domenica. Karl definiva la proprietaria «una persona davvero scontrosa». Passavamo i nostri pomeriggi fuori dallo spaccio bevendo birre ungheresi in lattina, eravamo in compagnia di zingari, diseredati e nullafacenti. Fra uno sputo sulla ghiaia e l’altro discutevamo gli scritti di Jean Celan dedicati al sistema culturale nella città australe.
“Febbraio 1989. Ho compreso che un tempo la produzione industriale avveniva entro i confini urbani. Solo negli ultimi decenni le fabbriche si sono spostate lontano e in città restano gli edifici delle acciaierie, gli altiforni, i capannoni di assemblaggio – vuoti. Diversi spazi dismessi sono stati restaurati grazie ai contributi della Banca del Bene e ora sono teatri per spettacoli, letture, concerti. Possono accedere tutti gli artisti accolti nell’albo delle Eccellenze artistiche e morali, un albo redatto dal Polo Culturale della Banca” (Jean Celan, Note sul campo, foglio c4). Qui dovevamo fermarci e interrogarci sul significato di “eccellenze morali”, gli sbandati di Nagyszékely non capivano la nostra lingua, sorridevano e per farci stare buoni aprivano per noi una nuova birra. Che le cinque si stavano avvicinando e la proprietaria ci fissava con la scopa in mano. “In uno di questi capannoni ho ascoltato uno scrittore con riccioli declamare un romanzo accompagnato dai commenti sonori di un musicista dai gesti solenni. Fra il pubblico nessuno ascoltava, ma si scambiavano strette di mano e numeri di telefono” (JC, Ibidem, c4).
Voce: Editoria. Dall’Enciclopedia australe di Jean Celan. “Nel governo australe la libertà di stampa è un valore riconosciuto, ma una casa editrice deve chiedere un finanziamento alla Banca del Bene per ogni pubblicazione. Entro il sistema culturale della città australe nessun libro, sostengono i dirigenti, può generare un margine di profitto senza gli aiuti economici della Banca. ‘Sosteniamo il capitale culturale’ è scolpito sull’ingresso del Polo Culturale della Banca del Bene. È pertanto obbligatorio che ogni libro riporti in prima pagina il logo a forma di cuore della Banca e la dicitura: ‘Stampato grazie al contributo della Banca del Bene’ . E in quarta di copertina: ‘Vivi ringraziamenti alla Banca del Bene’. La dirigenza culturale della banca filantropica non s’interessa dei contenuti: questi possono essere anche asociali, cinici, immorali. Alcuni esempi: la raccolta collettanea di giovani ribelli Fanculo la scuola, mi fumo la droga, Edizioni Filantropiche; Contro il sistema della Banca del Bene. Una proposta di rivoluzione, Edizioni della Banca del Bene, con pagine a colori dotate di schemi per attaccare gli edifici del potere. All’Indice delle Opere Spiacevoli e Incomprensibili appartengono soltanto i libri che sono pubblicati senza finanziamento e logo della Banca del Bene. Alcuni volumi irregolari alimentano i fuochi in piazza ogni domenica d’inverno, consentendo così ai poveri di riscaldarsi un poco”.
Un pomeriggio un suonatore accompagnava le nostre bevute con la fisarmonica. Un anziano sbronzo girava per il cortile con una pagnotta in testa, un matto con il basco cercava di sedurre una strega di Nagyszékely e uno di noi batteva un cucchiaio a ritmo sul tavolino. Abbiamo declamato un frammento dei diari di Jean Celan: “Secondo gli australi esiste un principio maligno contrapposto alla teologia del bene. Esso ispira gli anormali che agiscono senza l‘intenzione di operare il bene e non eseguono il rito della restituzione. Disegnano sui muri di notte, a volte scrivono insulti, organizzano stornelli e serenate ai balconi delle amate, improvvisano discussioni in piazza senza loghi istituzionali. I governanti australi, sconcertati e impietositi dall‘amoralità dei devianti, hanno costruito delle Case di Cura della Devianza. Ogni anno un bando della Banca del Bene finanzia le Case di Cura. Voci di spesa principali: costo del lavoro degli operatori, corde di contenzione, corsi di filosofia tenuti dai migliori accademici dell’università”. (JC, Note…, d13).
Fra gli appunti abbiamo trovato fogli ciclostilati con sonetti e stornelli. Forse sono opere di devianti? Trascriviamo dalla prima pagina, che porta in alto il titolo: “Io non so, gli urbanisti”. Presumiamo sia una canzone ritrovata.
“Io non so, gli urbanisti
da noi che ci stanno a fare,
fan strade dove non si può andare.
Ovunque bandi progetti e artisti
e tagli, come d’alacre barbiere
finché non si sia purgato il quartiere.
Bella scontrosa,
Bella scontrosa mia, versa del vino.
Ci vuole pazienza o un acciarino.
Il ricco dà al ricco,
un povero dice all’altro: ‘Povero’.
Ma, per noi, questo Bene è un ricovero.
Il ricco pensa al ricco,
un povero dice all’altro: ‘Scemo’.
Ma, per noi, questo Bene è un veleno.
Bella scontrosa,
Bella scontrosa mia, versa del vino.
Ci vuole scaltrezza o un acciarino.
Ci vuole scaltrezza o un acciarino.
Bella scontrosa mia, stammi vicino”.
“Solo una piccola parte dei libri irregolari è bruciata nei fuochi invernali. Il falò, per gli australi, è un rito umanitario che riscalda e fra le fiamme si gettano anche vecchi mobili inservibili o mestoli tarlati. Nella città australe non esiste un’intransigente forma di censura. I materiali che ho recuperato si possono spesso trovare in polverosi scaffali di librerie prossime a fallire. I funzionari del Polo Culturale sanno che il modo migliore per emarginare gli atti devianti è una disattenta indifferenza”. (JC, Note…, e3). Jean Celan ha raccolto e trascritto diversi frammenti di opere devianti o anormali. Da che parte stava Jean Celan, ci chiedevamo mentre finiva la musica, tutti se ne andavano e restavano solo le ragnatele sul tavolino di Nagyszékely. (relazione a cura dell’Assembramento di Ricerca Etnografica).