I musei offrono sale da concerto invidiabili, sembrano sentenziare le campagne culturali a marca acustica presso Capodimonte, la Reggia di Caserta, il Museo archeologico nazionale di Napoli, e tutti gli altri insieme, appassionatamente. La musica ha il potere di trascinare il pubblico grazie alla logica dell’evento che mina il calendario in modo altro che non la collezione. Allora, proprio il collezionare appuntamenti su un calendario, sposta la musica da essere liquida a fare liquidi. Mica male.
La sperimentiamo come pubblico, questa nuova valorizzazione dei siti storici e archeologici, proprio lì dove non doveva starci ma puoi portarcela ugualmente. Una cosa tipo i cinema all’aperto, laddove il video è importante ma l’audio è come viene. Ma questa è un’altra storia, ugualmente estiva. In effetti, il solo spirito olistico dell’arte accomuna i fruitori tutti del godere del bello, del buono, del meraviglioso all’aperto perché fa caldo, perché è suggestivo. Domenica 22 luglio abbiamo rotto gli indugi e siamo andati a Capodimonte, per il Luglio musicale. A piedi, ché a Napoli i mezzi pubblici, d’estate, di domenica, sono un miraggio. E quando li vedi passare vanno sempre in direzione opposta. E quando ci sali non godi dell’aria condizionata, ma almeno noti che l’obliteratrice è spenta, quasi a ripagarti di questa fatica.
Sono le 19 quando varchiamo Porta piccola per raggiungere il belvedere: ci aspetta la Mandolin orchestra curata e diretta da Mauro Squillante, docente di mandolino presso il conservatorio Giuseppe Martucci di Salerno. Sono reduci da una tournée in Giappone, di quelle che rafforzano il made in Italy nel mondo. A introdurli Sylvain Bellenger prima, Elsa Evangelista poi. Il primo parla di Capodimonte come luogo aperto all’arte tutti i giorni, dalla mattina alla sera. Carta bianca al pubblico nel decretarne il destino, «stiamo provando in tutti i modi a insegnarvi che il museo è meglio del centro commerciale». La retorica bagna Napoli, allora si accoda Elsa Evangelista che guida la selecta musicale e porta solo i grandi successi a Capodimonte.
Un po’ di notizie sul mandolino, questo strumento spagnolo ben adeguatosi alle sonorità nostrane da suggerire iconografie spicciole; poi il tema dell’ospitalità partenopea, dell’accoglienza mediterranea e vai di pubblico abbandonato all’ascolto senza programma di sala. In tanti seduti sull’erba, in pochi sulle sedie, non è esiguo il numero di amici a quattro zampe. Il problema di questi strumenti a corda sta nella resa acustica: abbisogna di una microfonazione, si opta per dei panoramici. Le plettrate a suggerire le note lunghe e qualche esecuzione perfettibile corredano un programma che deve alla lirica la sua conoscibilità. In effetti, la serata è infarcita di trascrizioni ad hoc per l’orchestra di mandolini, chitarra, contrabbasso, mandoloncelli: tutte grandi hit ridotte a medley perché il pubblico misura l’esecuzione a seconda della sua riconoscibilità. Con buona pace di Adorno, la colpa non è dell’omuncolo della metropolitana che fischietta il tema dell’Eroica. L’opera ridotta a medley colma la distanza tra pubblico e repertorio, e insieme pubblico e artista lavorano alla scalfitura della memoria musicale, ripetendo pedissequamente il già noto
Apprezzo l’intermezzo dalla Cavalleria rusticana di Mascagni, il solco rossiniano anima gli interventi musicali: a centocinquant’anni dalla morte del cigno di Pesaro, doveroso è l’omaggio, mentre gli aerei spazzano il cielo di Napoli, sorvolando Capodimonte e intrecciandosi con l’esecuzione in atto. Il tutto si acquieta nel più doveroso tra tutti i medley, quello di canzoni napoletane, dove il pubblico si riscatta dall’applauso e con voce leggera intona solo i ritornelli di Santa Lucia, Funiculì Funiculà et alia.
Dopo il concerto non torniamo a casa. Ci aspetta, manco a farlo apposta, il cinema all’aperto presso la fagianeria: colti di sorpresa, accettiamo di buon grado. Peccato solo si tratti di Sorrentino. (antonio mastrogiacomo)