Decine di disastri accadono ogni giorno nel mondo coinvolgendo sistemi sociali, economici e naturali. I disastri rappresentano la cifra per cui un evento di varia natura (terremoto, alluvione, frana, esplosione, inquinamento) e di una certa durata e intensità colpisce persone, abitazioni e territori. Oggi il disastro viene analizzato in tutta la sua complessità, come prodotto e al tempo stesso frattura della quotidianità. Il disastro diventa interprete di processi sociali, modelli economici e prassi politiche che generano e modificano le relazioni materiali e immateriali dell’attuale società neoliberale. I disastri in seguito alle alluvioni di Genova degli ultimi anni raccontano il sistematico ratto del territorio nelle città italiane dal secondo dopoguerra attuato tramite speculazioni edilizie, consumo di suolo e stravolgimento degli equilibri ambientali. Raccontano anche l’annosa carenza di investimenti finanziari e strutturali per la gestione delle risorse naturali e la prevenzione del dissesto idrogeologico, dibattute per qualche tempo dal governo Renzi ma poi dimenticate. Il crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia dopo il terremoto del 2002 (ventisette bambini morti e un’insegnante) e della casa dello studente all’Aquila (otto studenti universitari morti), così come le scuole danneggiate dal sisma in Emilia-Romagna nel 2012, sono sintomi del disinteresse istituzionale per la sicurezza delle strutture scolastiche, ancora più marcato dalla scure dei tagli inferta al settore dell’istruzione.
Di cosa si fa interprete, allora, la collisione tra due treni in opposta direzione sulla tratta a binario unico Andria-Corato del 12 luglio? Secondo la European Railway Agency (ERA), l’Italia ha valori sostanzialmente in linea con la media europea e i paesi europei ad alto reddito per numero di incidenti gravi, vittime e feriti. Le collisioni, come i deragliamenti (quello di Viareggio nel 2009, per esempio), sono incidenti poco frequenti. Secondo l’Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie in accordo con l’ERA, quelli più frequenti e che causano il maggior numero di vittime totali sono dovuti a pedoni indebitamente presenti sulla sede ferroviaria o ai passaggi a livello (80% nel 2014).
La collisione provoca ventitré morti e circa cinquanta feriti, principalmente studenti e pendolari. Nell’area colpita giungono i soccorsi, si svolgono le operazioni di emergenza, si assistono i parenti delle vittime. Negli ospedali, i volontari fanno la fila per donare il sangue. Ѐ un disastro, una frattura nel quotidiano di quelle comunità, in una giornata afosa tra due piccole stazioni ferroviarie ai piedi delle Murge.
La notizia rimbalza sul web, dove trovano spazio addirittura le analisi neoborboniche di Pino Aprile e le interpretazioni pasoliniane dei pendolari di Nicola Lagioia. Dopo un paio di giorni il capostazione di Andria, Vito Picarreta, ammette a Repubblica di aver dato via libera al treno per Corato, non sapendo del convoglio in arrivo in direzione opposta. Si scopre però che sulla tratta negli ultimi mesi è aumentato il numero dei treni. A capistazione e macchinisti si aggiunge un carico di lavoro al quale non corrisponde però un ammodernamento del sistema di sicurezza, basato ancora sulle obsolete comunicazioni via telefono del blocco telefonico. Come scrive Gianluca Coviello su Il Manifesto, in seguito alla collisione frontale sul binario unico di Crevalcore nel 2005, il 90% della rete ferroviaria nazionale si doterà di un sistema di sicurezza innovativo, un blocco automatico che consente alle stazioni e ai treni di comunicare elettricamente, e alla locomotiva di rallentare fino a fermarsi in caso di anomalie. I treni sono anche obbligati a rispettare una distanza di sicurezza che rende impossibile gli scontri frontali e richiede il blocco telefonico solo in pochissime eccezioni e per tratte brevi.
Resta però ancora un 10% scoperto. A partire dal 2006, per iniziativa dell’allora amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, il trasporto ferroviario subisce un rapido e drastico ridimensionamento per risanare i conti societari. Secondo Legambiente, nel periodo 2010-2015 i tagli ai servizi ferroviari sono pari al 6,5%, con rincaro delle tariffe in alcuni casi superiori al 20% e con la chiusura di oltre mille chilometri di ferrovie. Contemporaneamente cresce a dismisura il numero e la frequenza giornaliera dei treni ad alta velocità, che sostituiscono di fatto i treni a media e lunga percorrenza preesistenti ma escludono il Mezzogiorno, il cui ultimo capolinea è Salerno. Nella tonnara dei tagli vi è anche l’assegnazione di moltissime tratte regionali a compagnie private, come la Ferrovia Nord Barese che gestisce la tratta Andria-Corato. Queste compagnie possono derogare dall’adozione del blocco automatico e continuare a operare col blocco telefonico, a più alto margine di errore in caso di problemi ma certamente economicamente più conveniente. Il blocco telefonico, sulla Andria-Corato, ha probabilmente avuto un ruolo decisivo nelle dinamiche dell’incidente. Le compagnie private possono, pertanto, barattare la sicurezza con il raggiungimento dei profitti e degli obiettivi di mercato.
Per rispondere alla domanda iniziale, questo incidente ferroviario, come disastro che rompe la quotidianità, si fa interprete del modello economico e politico neoliberale che lavora ai fianchi il settore pubblico, conducendolo artatamente all’inefficienza fino all’unica deriva possibile: la privatizzazione. Gli interessi di pochi prevalgono dunque su quelli di molti, in questo caso la sicurezza e il diritto alla mobilità. Per garantire maggiore sicurezza e provare a evitare disastri futuri, sarebbe auspicabile il ritorno a una gestione pubblica che sia però efficiente e in grado di offrire un trasporto dignitoso a prezzi accessibili. L’alternativa, seguendo disillusi la realpolitik, è che le istituzioni pubbliche effettuino almeno controlli rigidi e serrati sull’operato dei privati, garantendo gli sforzi massimi per preservare l’incolumità di viaggiatori e lavoratori e salvaguardare i territori e l’ambiente naturale. Analizzare l’incidente ferroviario secondo la prospettiva del disastro pone un ulteriore tassello alla comprensione della società neoliberale, ed eventualmente alla messa in discussione dei suoi modelli economici e dei processi politici costituenti. (giuseppe forino)