“Mentone, perla della Francia, è felice di accogliervi”. Recita così, in francese, il primo cartello che si incontra dopo aver attraversato la frontiera di Ventimiglia. Ben diverso, però, è il messaggio che trasmette la presenza massiccia di police nationale e gendarmerie, sia alla stazione di Menton-Garavan che lungo la strada che attraversa il confine, intorno a quello che una volta era il posto di frontiera. Anche sul lato italiano la polizia è molto presente. Ma, mentre sul fronte francese “cerca negri sui treni”, come sintetizza bene Rafael, del presidio permanente NoBorder, a Ventimiglia sembra concentrarsi soprattutto sui militanti antirazzisti, mentre nessuno ha interesse a identificare gli extracomunitari: meglio sbarazzarsene e farli passare in Francia. «I passeurs – aggiunge Rafael – hanno mobilità totale in stazione e sono stati visti più volte con il braccialetto che consente di entrare nel centro di accoglienza della Croce Rossa».
Dal lato francese, le scene di violenze verbali da parte della polizia nei confronti dei migranti sono all’ordine del giorno: i controlli d’identità si fanno o meno in base al colore della pelle, e chi non ha i documenti viene riportato a Ventimiglia. Sul fronte italiano è frequente vedere persone che avvicinano i migranti per sapere se “cerchino aiuto” per attraversare il confine.
Già da oltre un mese e mezzo a Ventimiglia si è costituito un campo-presidio, tra il ponte San Ludovico e gli ormai famosi scogli dove i migranti si accamparono per protesta al grido di «We are not going back!» a metà dello scorso giugno. Per tre giorni, tra il 24 e il 27 luglio, al presidio hanno partecipato decine di militanti antirazzisti provenienti sia dall’Italia che dalla Francia, ma ora che la tre giorni è finita e l’attenzione mediatica è al minimo, il presidio è oggetto di pressioni sempre più incalzanti. «La polizia ci filma, ci controlla, ci blocca sulla strada per il presidio, ma non fa una piega davanti a movimenti di trenta persone con gli zainetti in stazione», spiega Rafael, alludendo ai trafficanti di uomini che si aggirano in questi giorni. «Chi fa il lavoro sporco sono maghrebini, in particolare tunisini che hanno imparato i sentieri per la Francia durante l’ondata di sbarchi del 2011, ma i capi sono italiani». Molte voci concordano sulla presenza della ‘ndrangheta dietro i movimenti dei passeurs.
D’altronde il transito in Francia per vie legali è quasi impossibile, per chi non ha parenti stretti con gravi problemi in un paese terzo. La convenzione di Dublino impone di fare richiesta d’asilo nel primo stato europeo in cui si arriva: Italia o Grecia, nella maggioranza dei casi. Sempre per il “sistema Dublino”, molti migranti sono stati costretti a fornire le impronte digitali in Italia, nonostante, giuridicamente, la polizia non sia autorizzata a estorcere le impronte digitali con la forza.
A dormire nel campo, in questo momento, sono, oltre agli attivisti e a pochi migranti di altre nazionalità, uomini, neri, soprattutto di nazionalità sudanese. In Europa cercano una vita diversa da quella che li aspetterebbe nel loro paese, ancora dilaniato dai conflitti interni e governato da Omar Al-Bashir, il dittatore arabo su cui vige un mandato di arresto internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. «Mi piacerebbe continuare gli studi di legge in Inghilterra» racconta A., partito dopo aver ottenuto la laurea in Sudan. «Nel mio paese comandano gli arabi, ma per i neri non c’è futuro», sussurra, con lo sguardo rivolto al mare.
La Francia si trincera dietro file di camionette di polizia, ma sembra che i ragazzi extracomunitari bloccati a Ventimiglia non abbiano nessuna intenzione di raggiungere il paese per rimanervi a lungo. E, rispetto a un dispiegamento di forze così massiccio alla frontiera, è bene ricordare che moltissimi francesi sono ancora in preda allo choc seguito all’attentato a Charlie Hebdo, su cui i partiti di destra, che governano la maggioranza dei comuni della Costa Azzurra, potrebbero giocare le prossime partite elettorali.
Intanto, al campo, c’è chi ha degli amici in Olanda, chi uno zio in Inghilterra, chi vuole cercare lavoro in Germania: i loro destini sono appesi alla distrazione di un poliziotto, alla fortuna di un passaggio in macchina. A complicare la vita del campo, qualche settimana fa, sono arrivate anche le pressioni del Comune, con un’ordinanza che impone la Croce Rossa come l’unica realtà autorizzata a distribuire cibo ai migranti. Ma sono stati i migranti stessi a rifiutare i sacchetti distribuiti dall’organizzazione, preferendo preparare i pasti da soli o insieme alle persone dimostratesi solidali, grazie alla cucina messa in piedi dal presidio, o accettando i pasti caldi offerti dalla moschea dell’Imam di Nizza. Quest’ultimo è a Ventimiglia quasi ogni giorno per celebrare le funzioni religiose e offrire supporto ai migranti, quasi tutti musulmani. Migranti che riescono, comunque, ad andar via ogni giorno, mentre la situazione generale sembra rimanere piuttosto di stallo.
Il prossimo appuntamento internazionale a Ventimiglia è previsto per fine agosto. Fino a quel momento il presidio resiste ed è aperto a nuovi migranti, antirazzisti, o a chiunque senta di essere entrambe le cose. (giulia beatrice filpi)