Foto e testo di Davide Schiavon
La guerra è una cosa stupenda. Consente all’uomo di manifestare se stesso e di essere giovane. Non c’è nulla che consenta all’uomo di essere giovane come la guerra. Molto più dell’amore. (dino buzzati)
La guerra dura cinquanta minuti e quando parte la prima bomba Matteo Salvini è già un lontano ricordo. Mentre il candidato premier della Lega Nord parla e riceve una felpa da “un ex contestatore convertito” (fonte omninapoli), mentre Luigi de Magistris accoglie il futuro segretario del Partito Democratico Michele Emiliano nel confortante tepore del Maschio Angioino, i ragazzi delle scuole superiori e medie che guidavano in precedenza il corteo vengono affiancati dai riottosi.
In piazza per il sindaco c’è la moglie, Mariateresa Dolce, cognome che già sconfessava ogni intento bellico. Gli studenti più giovani al microfono ingrossano le vene, frenati dall’emozione prima, e poi sempre più convinti. Gli africani si rivolgono al “caro Salvini” e al “caro primo ministro Gentiloni”. Nel gruppone i vecchi militanti Pci e i neoborbonici con i fischietti, quelli che vendono birra acqua cipster e coca cola, i sindacati, il controllo popolare, i giovani consiglieri comunali.
Dopo il tunnel di Mergellina una luce sovrumana filtra dalla collina di Posillipo. Viale Augusto viene percorsa lentamente, si dettano istruzioni, i giornalisti accelerano, sembrano desiderare il clou dopo il colore. Le camionette della polizia sono già ben visibili in lontananza. Qualcuno sale le scale del commissariato per scattare foto dall’alto. Una bomba, due bombe, i timpani fischiano e per qualcuno è già tempo di dileguarsi. Le aiuole isolano le fazioni: giornalisti al centro, stavolta esposti, qualcuno protetto dal casco con la scritta “press”, altri che a casa torneranno malconci. Poliziotti a destra, vicini alla stazione dei Campi Flegrei e poi ancora più polizia all’imbocco di via Diocleziano. Viale Giulio Cesare è il luogo in cui danzano e corrono cento persone in nero. Lanciano bottiglie vuote e bombe, pietre e pezzi di legname, finiscono quasi col colpirsi fra di loro, qualcuno prova a mettere ordine nel fumo.
In una prima fase i manifestanti tengono a bada la polizia, i reparti indietreggiano di qualche metro. Poi entrano in scena gli idranti e si indietreggia verso la Galleria di Posillipo. Qualcuno fa il giro dell’isolato e bastona i giornalisti. Si contano tre arresti, un ragazzo piange e pare sincero quando dice di non aver lanciato nulla. Sta pensando alla telefonata che dovrà fare, che era bello e giusto all’inizio, poi si è fatto prendere la mano e per essere rimasto in quel trambusto è diventato preda. “Prigioniero”, lo definiscono così i poliziotti che l’hanno ammanettato.
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