Venerdì 16 giugno. Sono circa le nove del mattino quando le agenzie di stampa rilanciano una dichiarazione di Renzi che fa mea culpa per l’incapacità espressa dal suo governo nel limitare (dice: regolamentare) il diritto allo sciopero. È successo che la mobilitazione indetta da alcune sigle di base, nel campo dei trasporti e della logistica, ha avuto un discreto successo, “paralizzando” – ripetono tutti i lanci d’agenzia – le principali città d’Italia.
Mentre Renzi recrimina, a Napoli, già da un’ora, un centinaio di lavoratori per la maggior parte legati al sindacato SiCobas, ma anche appartenenti al gruppo dei Disoccupati 7 novembre, stanno effettuando blocchi all’interno del porto, considerato, da comunicato, “uno degli epicentri dello sfruttamento e delle precarie condizioni dei lavoratori”. Tante sono in effetti le questioni critiche che convergono nello scalo napoletano, dal carico e scarico merci fino ai rapporti con il mercato internazionale, passando per il tormentone “dragaggio”, un’operazione attesa da almeno un trentennio, e senza la quale, spiegano gli addetti ai lavori, sarà difficilissimo tornare competitivi. I lavoratori così bloccano il varco Sant’Erasmo, impedendo l’accesso ai camion per lo scarico dei container, delle merci e delle forniture per i cantieri. Non manca qualche tensione, e dopo qualche ora il blocco diventa un corteo, che attraverserà il porto fino ad arrivare a piazza Municipio.
La scelta del porto è simbolica anche rispetto ad alcuni eventi degli ultimi mesi, a cominciare dai quindici licenziamenti di aprile da parte dei concessionari Conateco e Soteco; giustificati, secondo le imprese terminalistiche, da una condotta scorretta dei lavoratori, ma contestati dal sindacato, che chiede il reintegro immediato, considerandoli strumentali al riassestamento del gruppo, in evidente situazione di crisi. Negli ultimi due anni, infatti, gli operai Conateco hanno lavorato in cassa integrazione a rotazione, alla scadenza della quale l’amministratore Legora De Feo ha proposto a tutti un passaggio da contratto full-time a part-time. La figura di De Feo è legata a doppio filo alla corazzata MSC (Mediterranean Shipping Company, compagnia di navigazione di Sorrento con quartier generale in Svizzera, la seconda più potente su scala globale), che possiede la quasi totalità delle quote azionarie di Soteco e Conateco, e i cui attracchi utilizza come parcheggio dei container vuoti a tariffe molto vantaggiose.
Nonostante molti lavoratori non abbiano accettato il ridimensionamento dei contratti, Conateco non ha aperto le procedure di crisi, ma qualche mese dopo ha cominciato a licenziare. Alcuni tra questi provvedimenti, quelli contestati con più vigore dal sindacato, sono avvenuti grazie a veri e propri blitz da parte dei vigilanti dell’azienda, che accusavano gli operai di “non lavorare” in situazioni in cui non era prevista alcuna attività lavorativa: è il caso dei momenti, durante i turni notturni, in cui due (come previsto dai regolamenti) dei tre operai in servizio, operavano su una ralla (il trattore portuale su cui i gruisti depositano i container), mentre il terzo rimaneva ad attendere all’interno del box pesa.
Le polemiche di questi mesi non riguardano soltanto i licenziamenti, ma anche le condizioni lavorative e di sicurezza all’interno del porto (sebbene in alcuni di questi quindici casi le due questioni si intersechino, come per uno degli operai licenziati che ha perso l’uso di un orecchio a causa delle emissioni sonore con cui è stato a contatto negli ultimi dieci anni). Sono passati sette mesi, per esempio, da quando un altro operaio è morto, subito dopo aver terminato il proprio turno di lavoro, essendosi visto negare nei giorni precedenti una richiesta di malattia dall’azienda. Su questa tragedia i sindacati confederali non hanno ritenuto opportuno sbilanciarsi, esattamente come in occasione dei licenziamenti di questa primavera, mentre sono all’ordine del giorno passaggi di lavoratori da una sigla all’altra, come quando la Uil ha tesserato diverse centinaia di operai della Filt-Cigl subito prima dell’accordo riguardante il piano di riduzione delle ore, diventando il sindacato maggioritario del gruppo.
Di queste questioni, al termine dei blocchi, i lavoratori hanno deciso di discutere con l’assessore al lavoro del comune di Napoli, Enrico Panini, dopo le proposte di un tavolo ricevute dall’Autorità Portuale e mai concretizzate. All’incontro con Panini hanno partecipato anche i delegati del Culp, la Cooperativa unica di lavoratori del porto, pure loro costretti da tempo a contratti di solidarietà dal momento che, negli anni del commissariamento, l’Autorità Portuale non si è mai adoperata per impedire o almeno limitare la frequente esternalizzazione del lavoro. All’assessore, oltre a intercedere per l’organizzazione di un vertice in prefettura per ridiscutere dei licenziamenti con l’azienda, i lavoratori hanno chiesto che il comune si attivi per lo stanziamento dei fondi europei finalizzati alle operazioni di dragaggio, e allo stesso tempo hanno domandato come fossero stati possibili i rinnovi delle concessioni dei terminal senza le adeguate procedure di evidenza pubblica. Se per la convocazione dell’azienda in prefettura, Panini si è impegnato ad attivarsi, per quanto riguarda quest’ultimo punto ha chiosato laconico: «Ma voi vi rendete conto che questi hanno dietro MSC e sono i padroni del porto?». (riccardo rosa)