Venerdì 11 marzo. Sono circa le dieci quando un gruppetto di persone si raduna all’esterno dell’aula 115 del tribunale di Napoli, al Centro Direzionale. Sono amici, parenti, giornalisti interessati alla vicenda processuale che coinvolge Giovanni Macchiarolo, carabiniere, unico imputato di omicidio colposo per l’uccisione di Davide Bifolco, adolescente ammazzato al Rione Traiano la notte tra il 4 e il 5 settembre del 2014. All’esterno del tribunale c’è anche un presidio convocato dall’associazione intitolata alla memoria di Davide, presidio al quale partecipano molti abitanti del quartiere, arrivati con due autobus presi a noleggio per l’occasione. A presidio del presidio quattro camionette di polizia, decine di poliziotti, una mezza dozzina di agenti della Digos. In aula, all’interno del tribunale, ci sono il padre di Davide, Giovanni, i fratelli Alberto e Annachiara, rappresentati dall’avvocato Anselmo, ma anche i legali dell’Associazione contro gli abusi in divisa. Dall’altra parte Carmine Baiano, il perito (ex ispettore di polizia) nominato dal pm Persico e convocato dal giudice Ludovica Mancini per approfondire alcune questioni non troppo chiare emerse dalla perizia da lui firmata.
Le domande effettuate dal giudice lasciano evincere se non uno scetticismo nei confronti della perizia, quantomeno la necessità di una comprensione più adeguata rispetto ad alcuni punti delicati. La prima questione riguarda il foro di ingresso del proiettile che ha colpito Davide, in relazione con la distanza rispetto al punto da cui Macchiarolo avrebbe sparato, uccidendolo. Si tratta di un elemento importante per stabilire se il braccio con cui il carabiniere impugnava l’arma fosse o meno teso verso il giovane, smentendo in tal caso la possibilità di una caduta, e non è una coincidenza il fatto che su questa questione il giudice abbia molto insistito. Determinante, in questo senso, risulta una frase di Baiano con cui, incalzato dalle domande della parte civile, quest’ultimo afferma di aver sempre sostenuto che il colpo sparato da Macchiarolo fosse “non mirato” ma non per questo necessariamente accidentale, come invece lasciava intendere la perizia.
A tal proposito, la parte civile ha anche depositato due documenti interessanti: il primo costituito da “note tecniche critiche” alla consulenza di Baiano, firmate da Marco Zonaro, iscritto all’albo dei periti del tribunale di Roma. Si tratta di un documento che mette in rilievo l’assoluta mancanza di ipotesi alternative nella perizia, nel merito alla ricostruzione della traiettoria e delle posizioni di sparatore e vittima. Per costruire la sua ipotesi, però, Baiano simula l’omicidio utilizzando un manichino, posizionato in una posizione assolutamente anomala per un essere umano (tanto è vero che, sempre nella simulazione, vi è una persona dietro di questo a mantenerlo). Il secondo è una memoria redatta dall’avvocato Anselmo, che evidenzia come – attraverso lo studio di alcuni fotogrammi della telecamera di sorveglianza di una sala giochi prossima al luogo dell’omicidio – il carabiniere Del Vecchio, compagno di pattuglia di Macchiarolo, avrebbe avuto in mano, durante quei concitati momenti, la radiolina di servizio portatile. La presenza di quest’ultima è molto importante, implicando che la radiolina da cui Macchiarolo comunica con la centrale immediatamente dopo aver sparato, non è quella mobile (ogni pattuglia ne ha una sola in dotazione) ma bensì quella collegata, con un filo, all’autovettura. Il trovarsi, però, in prossimità dell’auto entro i due secondi circa dopo lo sparo, rimetterebbe in discussione il posizionamento dell’agente al momento dello stesso, e di conseguenza anche le modalità (braccio teso o braccio in “posizione di caduta”?) con cui quest’ultimo ha fatto fuoco.
Ulteriore attenzione, infine, è stata dedicata nel corso dell’udienza al rapporto tra le SIT (sommarie informazioni testimoniali) rilasciate dai testimoni e la perizia di Baiano. Ci si è soffermati, per esempio, sul processo di rimozione della sicura e la quantità di forza necessaria per premere il grilletto di un’arma come quella dell’agente Macchiarolo; o sulla misteriosa scomparsa dal luogo del delitto del bossolo e sui rilievi tecnici effettuati dal perito a distanza di addirittura un mese dal fatto (a tal proposito va sottolineato che nei giorni scorsi alcune persone si aggiravano nei pressi dell’aiuola dove Davide è stato colpito, qualificandosi come addetti a “effettuare delle rilevazioni”); infine, sull’affidabilità stessa della perizia, effettuata da Baiano tramite procedimenti e prove manuali e non tramite computer. Forse è anche alla luce di quest’eventualità, e considerando le possibilità di effettuare una nuova perizia, che il magistrato ha preso una settimana di tempo per decidere il da farsi, fissando una nuova udienza per mercoledì 16 marzo. In quella sede comunicherà se chiudere l’istruttoria e procedere, di lì a poco, con la sentenza, o se ritenere necessarie ulteriori integrazioni probatorie. Una di questa potrebbe essere appunto una seconda perizia, che è lecito, a questo punto sperare maggiormente attendibile. (riccardo rosa)
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