Maria Luisa Iavarone è una docente universitaria. È una donna impegnata nel sociale, e presidentessa di una nota associazione. È una candidata al consiglio comunale con la lista dei Verdi che appoggia Manfredi come sindaco. L’abbiamo incontrata al termine del convegno “Quando si’ martiello… vatt’!”, organizzato dall’associazione nazionale Professionisti dell’antimafia e le abbiamo fatto alcune domande sul suo programma politico.
Professoressa Iavarone, lei è da sempre attiva a livello sociale, ma ha raggiunto la ribalta da quando è scesa in campo in prima linea dopo il ferimento di suo figlio Arturo per mano di alcuni suoi giovani coetanei. Quello delle “baby gang” è un tema ricorrente nei suoi interventi pubblici.
Beh, mi sembra evidente. Il tema della violenza giovanile è centrale nel dibattito politico, perché da quello si può arrivare a cascata a tutti gli altri problemi che affliggono la città, dalla privatizzazione dello spazio pubblico al problema dei rifiuti, dal rischio default che blocca le casse comunali al cattivo funzionamento dei mezzi pubblici. Una volta sconfitte le baby gang, la strada sarà in discesa per una città e per un mondo migliore.
Lei è candidata nella lista di Francesco Emilio Borrelli ed è apparsa molto spesso al suo fianco in campagna elettorale. Quali sono le linee del vostro programma?
Con Borrelli condividiamo tante battaglie per la legalità, come quelle contro i cialtroni e i parcheggiatori abusivi, il sottoproletariato di “giù Napoli”, i venditori del filo di Scozia negli scompartimenti della metropolitana. Anzi, a tal proposito le dirò: meglio una metropolitana che non passa mai, piuttosto che una piena di ambulanti.
Fino a qualche tempo fa lei strizzava l’occhio alla giunta de Magistris, tanto che in molti la davano come una possibile candidata al fianco di Alessandra Clemente. Come mai è con Manfredi?
Innanzitutto perché ho capito in fretta che con la Clemente e i suoi quindici voti non si andava da nessuna parte. Poi perché c’era un caos: chi voleva candidare quelli dei centri sociali, chi i colonnelli della polizia municipale, insomma rischiavo di rimanere “appesa” dopo tutto il lavoro che ho fatto da quando hanno ferito Arturino. E poi guardi, detto tra noi, per me non fa tanta differenza l’una o l’altra lista. L’importante è combattere le baby gang.
Un suo recente intervento su un quotidiano locale ha suscitato qualche polemica. Ha detto che non c’è più spazio per il garantismo e che sono i genitori dei baby rapinatori a dover pagare. Può spiegarci meglio?
Non possiamo più essere in balia di una plebaglia che evade dalla scuola e dal carcere solo perché vuole fare i soldi con la droga e le rapine. Se i ragazzi intraprendono questa strada la colpa non è loro, è sui genitori che bisogna intervenire. Non penso a niente di trascendentale, solo a provvedimenti semplici e di buon senso: impiccagioni in pubblica piazza, castrazioni chimiche, anni di carcere proporzionali ai coltelli posseduti in casa… anche quelli da cucina. È il momento di non stare più a guardare, ma di intervenire.
Tra le sue proposte c’è anche l’istaurazione di un corpo speciale di polizia municipale che si occupi delle baby gang. Ha idee precise anche su questo?
Naturalmente. Una mattina, prima di andare in radio alla trasmissione di Gianni Simioli per festeggiare la millesima intervista sul caso dell’aggressione a mio figlio, mi è venuta in mente quella vecchia pubblicità. Se lo ricorda lo slogan: per dipingere una parete grande ci vuole un pennello grande!
In realtà diceva che ci voleva un grande pennello. E comunque?
Beh, la mia idea è che per arrestare ladri piccoli, ci vogliono agenti piccoli.
Piccoli di statura?
Anche, ma soprattutto di età. Mi immagino la città attraversata da centinaia di poliziotti under 15, con le loro manettine, le loro pistole semiautomatiche tascabili, i loro manganellini che ancora non hanno fatto lo sviluppo… insomma, per ogni bambino che accoltella o scippa e poi sguscia nelle intercapedini tra un basso e l’altro ci sarà un bambino poliziotto che con grande agilità potrà infilarsi con lui e acciuffarlo. Per ogni ragazzino bullizzato nel cortile della scuola ci sarà un agente-scolaro infiltrato che lo immobilizzerà e lo consegnerà a una pattuglia in monopattino pronta ad accorrere. Forse per lei sarò una visionaria, ma questa è la società che sogno, la società della legalità.
Un’ultima domanda, professoressa. È sicura che il suo sia un programma politico di sinistra?
No.
Grazie, arrivederci.
(intervista a cura di pazzaglia)
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