La visita napoletana di Renzi ha deluso le aspettative di tutti, o quasi. Dopo il buco nell’acqua di marzo, quando a Città della Scienza i rappresentati di governo, Regione e Comune annunciarono tra l’imbarazzo generale di aver bisogno di altro tempo per la firma, la vigilia di Ferragosto è stata la volta buona: l’accordo sulla ricostruzione del museo è stato trovato e, alla presenza di de Magistris e Caldoro, il premier ha suggellato un impegno da oltre quaranta milioni di euro di fondi pubblici.
Dell’accordo, tuttavia, non si sa molto. Gli unici documenti finora resi pubblici sono la bozza di Accordo di programma sulla ricostruzione di CdS e quella del Protocollo di Intesa sulla bonifica dell’area Bagnoli-Coroglio. Per quanto riguarda il primo, la parte più controversa, ovvero l’arretramento dei padiglioni dal litorale pubblico, viene liquidata con formule tipo: “il massimo arretramento possibile” e ricostruzione “ripensata per trovare un equilibrio” tra il museo e la spiaggia. Il protocollo, invece, altro non è che un foglio in cui il governo si impegna “a promuovere le iniziative atte a realizzare la bonifica”. Su tempi, cifre, e provenienza dei fondi, nemmeno una parola.
Ancora meno tracce ha lasciato il resto della visita del premier: a Ponticelli, Renzi ha visitato la sede della Kfora, azienda che produce elicotteri all’avanguardia, affidando il suo commento entusiasta al solito tweet; nessun passaggio a Scampia e nella Terra dei Fuochi, tanto che a Bagnoli il presidente del consiglio ha trovato un piccolo gruppo di cittadini della zona a contestarlo. In questo senso, se la scelta di una data così assurda per un passaggio politico importante e delicato ha avuto delle ragioni tattiche anti-contestazione, il piano è riuscito quasi alla perfezione. Il giorno precedente all’arrivo di Renzi, in verità, un gruppo di militanti appartenenti al movimento per la spiaggia pubblica aveva occupato per alcune ore il cantiere di Corporea, il museo del corpo umano che Città della Scienza sta costruendo con l’ennesimo accordo di programma, in deroga alle norme urbanistiche. I manifestanti protestavano contro una intesa, quella firmata ieri, che impedisce il ripristino della linea di costa, principio sancito invece da una delibera comunale nata proprio su iniziativa del coordinamento; ieri mattina, poi, un gruppo di giovani studenti e lavoratori del quartiere ha presidiato le strade di Bagnoli, effettuando blocchi stradali fino a essere disperso dalle forze dell’ordine.
Sul fronte istituzionale, il sindaco de Magistris ha provato fino all’ultimo istante a tirare per la giacchetta Renzi, cercando di strappargli promesse su Scampia e soprattutto su Bagnoli, promesse che sono però rimaste tali. Eppure era stato proprio il Comune, a marzo, non soddisfatto del mancato inserimento di un impegno per la bonifica all’interno dell’accordo sulla ricostruzione del museo, a far saltare la firma. Quali sono oggi, le nuove condizioni per cui il sindaco si dice soddisfatto e appare sorridente al fianco del presidente del consiglio? Le vaghezze sul decreto Sblocca Italia? La fuffa con cui Renzi annuncia di puntare sul capitale umano e l’innovazione? Difficile dirlo, non conoscendo in dettaglio i termini dell’accordo.
Più interessante, invece, appare l’interlocuzione avviata da Renzi, alla vigilia del suo viaggio, con il quotidiano Il Mattino (di proprietà del gruppo Caltagirone), come se lo stesso Renzi avesse individuato nel mondo dell’imprenditoria che ha interessi in zona flegrea il riferimento più adatto per la risoluzione della questione, scavalcando giunta, consiglio comunale e quel che resta del suo partito a livello locale. Lo stesso quotidiano ha colto i numerosi assist offertigli dal premier negli scorsi mesi (l’ultimo ieri mattina, con una lettera apparsa in prima pagina in cui il presidente annunciava i suoi piani per il Sud), e ha dato ampio risalto all’appello indirizzato a Renzi da un folto gruppo di intellettuali, politici e imprenditori per “una svolta su Bagnoli”. Una richiesta talmente vaga da essere condivisa da tutti: da studiosi e tecnici che hanno una posizione critica sulla mancata bonifica, fino a vecchi e nuovi arnesi della politica cittadina, pronti senza pudore a chiedere ancora uno spazio decisionale per sé e per i rispettivi cerchi magici, cercando di accreditarsi come candidati per la guida di una Bagnoli Futura#2 o di qualche Alto commissariato per la bonifica. Quella che, in sostanza, tutti chiamano “nuova governance” ma che sembra vecchia già prima di nascere.
Dopo venti anni, l’unica cosa su cui questa variopinta corte dei miracoli sembra essere d’accordo è la revisione del piano regolatore, oltre che l’impossibilità di vendere i lotti perché c’è troppo verde e troppo poco cemento o la necessità di lasciare tutto il processo in mano ai privati, che saranno da domani corteggiati per regalargli a prezzi stracciati un’area che doveva essere il polmone verde della città. La linea, dettata negli scorsi giorni da uno dei promotori dell’appello – ex assessore della giunta Iervolino –, sembra essere stata sposata da tutte le parti in causa (fatta eccezione per i cittadini bagnolesi a cui, come al solito, nessuno domanda nulla). Le stesse parti che chiedevano fino a ieri al Principe di turno un magnanimo intervento su questa o quella vertenza, e che oggi si rimettono in fila dopo aver mendicato a vuoto, elaborando confuse analisi nei loro editoriali sull’ennesima e inutile campagna meridionale di un presidente del consiglio qualsiasi. (riccardo rosa)