È successo di tutto, o quasi, negli ultimi due mesi. Approvazione del nuovo piano ospedaliero, con il taglio dei posti letto, le proteste dei sindaci contro la chiusura dei presidi ospedalieri, l’introduzione dei ticket, lo sciopero delle farmacie, la presa d’atto di un deficit strutturale di oltre quattro miliardi di euro, lo sblocco delle risorse da Roma che consente nuovamente di sperare. Nel mezzo, le dimissioni del sub-commissario Zuccatelli, poi rientrate. Ma proviamo a procedere con ordine.
In primo luogo il nuovo piano ospedaliero, che prevede la riduzione nell’immediato di circa duemila e quattrocento posti letto in Campania, annunciando un risparmio di circa duecentocinquanta milioni di euro. Accanto a questo il piano prevede la riduzione di quelli che sono definiti “ricoveri inappropriati”. Si tratta di quei ricoveri che possono, secondo i tecnici, essere risolti in regime cosiddetto “ambulatoriale”, senza necessità, quindi, di impegnare posti letto. A regime, il piano prevede la riduzione di duecentomila ricoveri. Il piano prevede anche la chiusura e l’accorpamento di presidi ospedalieri.
Una razionalizzazione certo indispensabile, ma che non è stata preceduta da momenti di confronto. In Irpinia, dove è prevista la riduzione di circa duecento posti letto, scatta immediata la protesta dei sindaci e degli amministratori locali. Salvatore Frullone, sindaco di Bisaccia, si “accampa” sul tetto dell’ospedale “Giovanni Di Guglielmo” per protestare contro la chiusura della struttura. Si dichiara deluso dall’incontro con il sub-commissario. Non va meglio ai suoi colleghi, sindaci e amministratori locali irpini, che, assieme a centinaia di persone, si recano in corteo alla sede della Regione, a Santa Lucia. È il 12 ottobre. I sindaci, accompagnati perfino dal vescovo di Avellino, attendono inutilmente di essere ricevuti dal presidente Caldoro. Ma il presidente non è in sede e l’incontro viene rinviato. Il giorno fissato per il nuovo incontro, il 18 ottobre, il presidente dichiara la propria indisponibilità a ricevere i sindaci. A nulla vale la mediazione del presidente della provincia di Avellino, Cosimo Sibilia, che pure fa parte della maggioranza politica che sostiene la giunta regionale.
Sempre a ottobre è cominciata l’applicazione dei ticket sanitari, una misura considerata tra le più odiose per chi accede ai servizi sanitari. Ogni prescrizione verrà pagata due euro a ricetta, e si pagheranno anche le prestazioni per l’assistenza specialistica, dieci euro fissi che sono ridotti a cinque per gli “esenti” (quella categoria di persone che, in teoria, per reddito o per patologia, non dovrebbero pagare nulla per usufruire delle prestazioni sanitarie). Si paga cinquanta euro, invece, il ricorso a un pronto soccorso con quello che è definito un codice bianco (un caso non urgente). Misure che dovrebbero rimanere in vigore per il solo 2011 e che dovrebbero portare nelle casse del sistema sanitario circa duecento milioni di euro, a fronte di un deficit che è di circa settecentocinquanta milioni.
In questo scenario pieno di tensioni non sono mancati ulteriori colpi di scena. Il primo di ottobre, a freddo, il sub-commissario alla sanità, Zuccatelli, insediatosi un anno prima e nominato dall’attuale governo, annuncia le sue dimissioni. “Sono venute a mancare le condizioni per assolvere compiutamente al mandato in Regione Campania”, scrive nel comunicato ufficiale, e annuncia di voler continuare il suo impegno solo fino a fine mese. Le sue dimissioni scatenano commenti e prese di posizioni differenti che lacerano lo stesso schieramento di maggioranza. Per una decina di giorni si succedono le ipotesi sulla sua successione, il più accreditato sembra essere il senatore Calabrò, consigliere di Caldoro sulla sanità. Ma, dopo dieci giorni, ecco che Zuccatelli annuncia il ritiro delle sue dimissioni perché intende completare il lavoro svolto.
A salvare la situazione è intervenuto l’annuncio del governo di sbloccare i fondi per la sanità destinati alla Regione e bloccati a lungo perché il governo non era soddisfatto per gli interventi di rientro dal deficit. Una scelta politica secondo il centrosinistra, un atto dovuto per il centrodestra. Dovrebbe quindi arrivare nelle casse di Santa Lucia un miliardo e ventuno milioni di euro, il sessanta per cento della cifra destinata alla Campania. Il resto della somma dovrebbe essere erogato in porzioni successive, a seguito della verifica dell’andamento dei conti. Di conseguenza, nessuna delle misure adottate a carico dei cittadini sarà rimodulata. Per ora si paga. Poi, si vedrà. (dario stefano dell’aquila)