Da: repubblica napoli del 2 gennaio
I mesi autunnali si confermano periodo di agitazioni studentesche con occupazioni di scuole, cortei e lezioni autogestite. In certi anni le proteste dislocate nei tanti istituti superiori della penisola raggiungono una massa critica che attira l’attenzione dei media nazionali, con l’immancabile attribuzione di un nome collettivo che identifica il “movimento” agli occhi dell’opinione pubblica. L’ultimo è stato quello dell’Onda. Ma ogni anno, anche senza la copertura di stampa e televisioni, le agitazioni si ripetono un po’ ovunque. C’è chi pensa che sia solo un modo per far baldoria e saltare qualche lezione, e punta il dito sui contrasti con i dirigenti scolastici, sui danneggiamenti alle suppellettili, sulle prevaricazioni verso chi vorrebbe frequentare regolarmente. Altri, con benevolenza ma senza dare troppo peso ai contenuti della protesta, interpretano il fenomeno come una specie di rito di passaggio in cui ragazze e ragazzi sperimentano insieme i rischi dell’autonomia e dell’assunzione di responsabilità. C’è poi una terza ipotesi, che nei nostri territori si impone in tutta la sua urgenza e concretezza, e cioè che le scuole in cui sono destinati a passare tante ore migliaia di giovani e adolescenti siano strutture inadeguate ad accoglierli, a stimolarne le potenzialità e gli interessi, a formarli secondo standard sufficienti ad affrontare gli ostacoli del mondo adulto. E che quindi sia inevitabile, e anzi salutare, chiedere conto delle condizioni in cui si trova oggi la scuola pubblica.
A Napoli le proteste, soprattutto nelle scuole di periferia, mettono spesso in primo piano la fatiscenza degli edifici, la loro insufficiente capienza, i rischi per la sicurezza, il disagio quotidiano di abitarli per parecchie ore al giorno. Basta andare ad ascoltare le voci degli studenti. Quelli del liceo scientifico “Labriola” vengono da Bagnoli, Fuorigrotta, Pianura, ma anche da Pozzuoli, Baia, Monte di Procida. Il liceo ha tre sedi, ad Agnano, Rione Traiano e Bagnoli. Da quattro anni è in vigore una rotazione tra gli alunni di Agnano e Bagnoli, che a turno passano una settimana in una scuola e la settimana successiva nell’altra. La sede di Bagnoli è ospitata in due condomini. La palestra, raccontano gli studenti, è stata ricavata nel garage di questi condomini e per questo è disseminata di colonne che rendono complicate, o impraticabili, le normali attività di una palestra scolastica. Aggiungono che tra un paio d’anni scadrà il contratto con il proprietario, per cui la scuola dovrà trasferirsi altrove. Nel quartiere ci sono altre scuole in agitazione, tutte con problemi strutturali: il Nautico è fatiscente, l’Alberghiero fa i doppi turni, al liceo scientifico e commerciale “Nitti” le aule non bastano. Per questo il coordinamento degli studenti ha proposto alle istituzioni di guardare agli enormi spazi lasciati liberi nei mesi scorsi dalla Nato, proprio a due passi dal Labriola, per immaginare una soluzione unitaria, e di qualità, alla desolante situazione dell’edilizia scolastica nella zona flegrea.
In questo panorama, c’è poi il caso paradossale del liceo artistico “Boccioni”, situato all’interno della Mostra d’Oltremare, che a differenza di tanti istituti in difficoltà si trova invece in un ambiente ideale per l’apprendimento delle arti, al riparo dal traffico, con i laboratori perfettamente funzionanti, in un edificio storico progettato in modo che tutte le aule ricevano la maggior quantità di luce naturale possibile. Il contratto tra la Provincia (che paga l’affitto del Boccioni) e la Mostra è in scadenza, e nonostante una delibera del 2003 preveda la permanenza della scuola in quel posto per altri 29 anni, il contratto non verrà rinnovato. Alla fine di quest’anno scolastico gli studenti dovranno fare le valigie con destinazione Soccavo, in un plesso, inutile dirlo, molto meno adatto alle loro esigenze. Al posto della loro scuola, dicono gli studenti in agitazione, la Mostra vuole metterci un albergo.
Dalla parte opposta della città, gli allievi del “Petriccione”, storico istituto professionale di San Giovanni a Teduccio, raccontano di avere ottenuto il riscaldamento nelle aule solo dopo aver protestato con qualche giorno di autogestione. Il problema principale resta però l’inagibilità dei capannoni che ospitano i laboratori. Al Petriccione, antica scuola di arti e mestieri, in molti si iscrivono soprattutto per la possibilità di acquisire abilità pratiche, ancora molto richieste, nella lavorazione del ferro, dell’alluminio, del legno. Se mancano i laboratori resta la teoria, che senza la pratica serve a poco. Al Petriccione gli studenti hanno deciso di non occupare, ma di scrivere una lettera aperta al dirigente scolastico evidenziando tutte le cose che non vanno. Una semplice presa d’atto che potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio, perché a mettere nero su bianco i problemi della scuola si rischia di avviare un processo che potrebbe portare alla chiusura e al trasferimento dell’istituto nella sede centrale di Ponticelli. Agli allievi non resta che sperare che in primavera comincino davvero i lavori di ristrutturazione dei laboratori, così come gli è stato promesso dagli adulti che hanno il potere di decidere (o di non decidere) del loro futuro. (luca rossomando)