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scuola
19 Dicembre 2010

Scuole, una questione di merito

Monitor
(disegno di ottoeffe)

Poche settimane fa, concludendo una lezione sulla storia delle costituzioni democratiche all’Istituto di studi filosofici, Luciano Canfora sosteneva che in un progetto di ricostruzione politica e sociale a lungo termine «la scuola è forse la trincea più importante, che produce effetti che gli operatori stessi non vedono. Li vedranno gli altri, dopo».

Non sembra d’accordo con questo assunto il nostro ministero dell’istruzione, che prova a nascondere i disastrosi tagli imposti al sistema scolastico e universitario, la carenza di personale docente e non, le allarmanti condizioni degli edifici scolastici dietro la maschera della razionalizzazione e della valutazione – immediata, efficace, inappuntabile – della efficienza dei docenti.

Così, mentre tutta l’attenzione è concentrata sulla discussione della riforma universitaria, comincia a circolare per le scuole una laconica circolare ministeriale, che illustra un progetto sperimentale di valutazione del merito che dovrebbe essere varato all’inizio del 2011. I progetti in effetti sono due: nel primo sarà valutata la produttività (sic) degli istituti, che riceveranno un premio per un massimo di settantamila euro; la sperimentazione coinvolgerà venti scuole medie dei comuni di Pisa e Siracusa e sarà tra l’altro basata sui sistemi di misurazione dell’efficacia didattica messi a punto dall’Invalsi (istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), che più volte sono stati oggetto di critiche da parte dei docenti. Il secondo progetto ci riguarda più da vicino, perché sarà avviato in venti scuole di Torino e in venti istituti di Napoli; in questo caso saranno valutati i risultati conseguiti dai singoli docenti che, nella misura massima del quindici, venti per cento dell’intero organico, saranno premiati con l’elargizione di una mensilità extra.

La valutazione, naturalmente, non sarà affidata a una commissione esterna, a un comitato di saggi in grado di considerare le scelte metodologiche di ciascuno e la loro efficacia a lungo termine; uno snello e manageriale comitato interno, composto da un sempre più potente Dirigente Scolastico e da due insegnanti eletti dal Collegio dei docenti, selezionerà l’élite dei docenti, basandosi sul curriculum di ciascuno e su una non meglio descritta scheda di valutazione, e tenendo conto del gradimento espresso dagli alunni e dai loro genitori, che vanno sempre più qualificandosi come “clienti” che comprano saperi e devono poter orientare le scelte di mercato del loro fornitore.

Si tratta, insomma, dell’ennesimo tentativo di scardinare i principi di collegialità ed egualitarismo tra docenti, un modo surrettizio per far rientrare dalla finestra la presunta “professionalizzazione” degli insegnanti, con tanto di specchietto per le allodole della creazione di un albo professionale, che già aveva suscitato forti critiche al momento della pubblicazione del ddl Aprea, e che vedrebbe come ultimo approdo l’assunzione diretta del personale docente da parte del Dirigente Scolastico, con contrattazione individuale, che sembra stare tanto a cuore al ministro Gelmini.

Per fortuna la classe docente sembra reagire e in molti resistono alla misera lusinga della mensilità extra. Certo, è facile immaginare il coro di critiche ai fannulloni che difendono i propri privilegi e non si vogliono sottoporre a valutazione. Nei collegi dei docenti straordinari convocati in tutta fretta dai dirigenti, in un panorama di scuole occupate e con le vacanze di Natale incombenti, molti istituti napoletani e torinesi si sono detti contrari a partecipare a questa sperimentazione e hanno prodotto documenti fortemente critici con i principi che la animano.

Certo, non è facile quantificare le scuole in cui, invece, è stata accolta la proposta, ed è quasi ridicolo fare conteggi e previsioni. Resta però l’esigenza di invertire la tendenza delle politiche ministeriali, che non obblighino la classe docente – e quanti tra studenti, genitori, dirigenti scolastici siano davvero interessati alla qualità della didattica – a vigilare costantemente sul rispetto dei valori di libertà e democrazia all’interno del fragilissimo sistema dell’istruzione pubblica. (raffaella bosso)

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