A Napoli il tempo è strano in questi giorni. Fa caldo fino a ora di pranzo, di solito c’è il sole. Poi piano piano si fa scuro, sempre più scuro, e spesso la sera piove. Marcella e Alessia al mercatino di Poggioreale ci sono andate alle dieci. Dovevano comprare delle scarpe, e perdere un po’ di tempo. Nei mercatini c’è sempre un sacco di gente, soprattutto nei quartieri popolari. Sudore e colori. Folklore e prezzi bassi. «Signurì, vutate a Gianni!». Prego? Tra ballerine e stivali, uomini gridano in segno di giubilo. «Vutate a Gianni, signurì, evviva ‘o sindaco!». Poco lontano uno sciame di giovani in giacca e camicia, in mezzo qualcuno che stringe mani grosse e lavoratrici. Elegantissimo. Ballerine a dieci euro. «Signurì, vuje ‘o vutate a Gianni?», questa volta è una signora, spuntata pare da sottoterra. «Seh, come!». Alessia e Marcella volevano solo comprare le scarpe. Lo seguiamo? Calca e sudore, troppo. Due passi e stop. Non sembrano due rivoluzionarie. Studentesse, piuttosto: «Domenica provo con De Magistris, dice cose giuste sui rifiuti, differenziata eccetera, e poi Lettieri è troppo losco, circondato da camorristi», fa Marcella. Non si è occupata spesso di politica. Stavolta dice che è diverso: «Questa volta mi pare più importante di altre». Lo sciame procede spedito. Cortigiani omaggiano il Signore. Mani e mani strette, giovani, anziani, donne. «Signurì, allora, ‘o vutate a Gianni?», non se ne esce. Loro volevano solo comprare le scarpe e fare due chiacchiere. Non se ne esce. «Si, si, lo votiamo, come volete voi. Ora mi fate vedere queste? Ce l’avete il trentasette?». Napoli è sua, ma Poggioreale sembra essere di quell’altro.
«Vado a casa di Tizio o di Caio, i nomi o me li segnalano, oppure vado in giro così, a quello che trovo. Faccio: “Lo conoscete il candidato, questo qua? È una brava persona, vuole fare le cose sistemate”. Qualcuno mi arronza, altri vogliono sentire, forse già hanno capito qualcosa. Di solito quelli che hanno capito mi fanno entrare. Gli dico due stronzate sul candidato, e poi gli allungo i soldi, queste cose si pagano sempre prima. “Sono ottanta. Mi raccomando nun ve ‘mbrugliate, che noi teniamo bene i conti nostri”. Se quello mi ha fatto entrare e ha capito, stai sicuro che lo scemo non lo fa. Se non ci troviamo con i conti del seggio, niente per me niente per nessuno, si va dalla gente e ridanno tutto dietro, questi so’ i patti. Col cellulare o le macchinette non si può fare più, ci hanno sgamato troppe volte. Ormai si guadagna sempre a percentuale, sia che stai in un’agenzia immobiliare, che vendi aspirapolvere, o che fai questo servizio. Per ogni persona che si piglia gli ottanta euro e che segno sul blocco, me ne danno quaranta a me. Oggi funziona così: una cosa fissa alla fine del mese non te la da più nessuno»
Comunque vada, abbiamo scassato. (testi di riccardo rosa)
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