15 luglio, un venerdì pomeriggio caldissimo. In via Atripaldi, appena fuori la sede della Sesta Municipalità di Napoli (che comprende i quartieri di Barra, Ponticelli e San Giovanni), si intravede un gruppo di giovani adulti discutere con un drappello di agenti della polizia municipale. Si tratta degli organizzatori del presidio “Riaprire la Deledda! Rilanciare le Biblioteche di Periferia” che tentano di spiegare agli agenti che la comunicazione per la manifestazione è stata inviata dieci giorni prima. Gli agenti in ufficio cercano ma non trovano niente. Si riapre la discussione. Si re-inoltra la comunicazione. Per una, due volte. La si fa rivedere agli agenti. E poi le casse, non c’è l’autorizzazione. E quindi il presidio si fa a “viva voce” con un’asta senza microfono a simulare un’amplificazione “illegale”.
Al presidio sono presenti una cinquantina di persone. Numeri non trascurabili considerando il caldo, la scarsa abitudine a un certo tipo di conflittualità e, infine, il fatto che si protesti per una biblioteca. La Deledda a Ponticelli è chiusa dall’8 aprile, novantacinque giorni. Una chiusura lunghissima per una biblioteca che dall’autunno del 2020 aveva visto un processo di rilancio all’insegna della “normalità”, guidato da tre organizzazioni del terzo settore locale (Noi@Europe, Terra di Confine, Sepofà): orari prolungati fino alle 21 e apertura il sabato mattina, corsi di lingua, laboratori per bambini, presentazioni di libri, la realizzazione di un’aula studio all’aperto. Da ottobre 2021, quando si è concluso il progetto finanziato “Socializziamo in Biblioteca”, il lavoro delle associazioni prosegue a titolo volontario. Qui nasce il primo paradosso: a questa richiesta delle associazioni la Municipalità fa resistenza, dichiara che non può assumersi la responsabilità di lasciare gestire uno spazio a privati “fuori progetto”, anche se gratuitamente. Si accende il conflitto e si arriva a una mediazione che garantisce per altri due mesi i servizi potenziati in biblioteca.
Con il 2022, si insedia la nuova giunta: la Municipalità è guidata da Sandro Fucito, ex assessore al patrimonio e presidente del consiglio comunale durante gli anni di governo de Magistris. Arriva anche un nuovo dirigente e si riapre il paradosso: da una parte le associazioni che chiedono di poter offrire servizi gratuitamente, dall’altra il dirigente che frena. Si arriva a un nuovo compromesso: le associazioni possono tenere aperta la biblioteca e offrire servizi aggiuntivi, sì, ma solo quattro giorni alla settimana, non continuativi (ci deve essere almeno un giorno di “spacco” in cui la biblioteca torni ad essere aperta e gestita dai soli dipendenti comunali, a orario ridotto).
Si arriva così all’8 aprile, quando vanno fuori uso tutti i servizi igienici della biblioteca. Si chiude, giustamente, per poter realizzare i lavori di ripristino, ma la biblioteca non riapre più. Passa un mese, primo sit-in delle associazioni fuori la biblioteca. Risalto mediatico, accelerazione dei lavori, associazioni invitate in Commissione cultura della Municipalità. Dopo dieci giorni la Napoli Servizi interviene, ma la biblioteca continua a non aprire. Dalla Municipalità e dal Comune filtrano notizie, ma non viene mai convocato un tavolo per spiegare, trovare soluzioni insieme. L’edificio presenta dei problemi, anche seri, al primo piano, e si chiede di poter aprire almeno il piano terra per poter dare continuità al processo di rilancio, per non lasciare sguarnito uno spazio pubblico a forte rischio di vandalizzazione. Nessuna risposta ufficiale, la Municipalità attende uno stanziamento per i lavori dal Comune, per il timore di aprire uno spazio che ha dei problemi.
Si arriva così al presidio, lanciato a luglio per non rimandare tutto a settembre. La notizia gira, passa sui giornali locali, interessa consiglieri e il mondo variegato del terzo settore che opera a Napoli Est. Si tratta di un fatto inusuale: raramente la conflittualità in questa parte di città si esprime in queste forme, e vede protagonista il mondo dell’associazionismo. All’improvviso, la sorpresa: due giorni prima, presidente della Municipalità e neo-assessore competente (Mariarca Viscovo), con un post su Facebook, pubblicato in seconda serata, dichiarano l’apertura al pubblico della biblioteca per il giorno successivo.
Una prima vittoria, la pressione esercitata ha ottenuto un effetto: stava diventando insostenibile giustificare una chiusura “difensiva” di uno spazio pubblico in una periferia così complicata. Eppure si tratta di un’apertura parziale, dalle 9 alle 15, con tanto di diniego per l’apertura pomeridiana con il contributo delle associazioni. Lo spazio va messo in sicurezza e non si può consentire alle associazioni di entrarci senza l’ausilio di personale comunale.
Il presidio allora viene confermato. Parlano i responsabili delle tre organizzazioni che hanno seguito la vertenza. Parla un consigliere di Municipalità (l’unico presente, Patrizio Gragnano). Parlano gli utenti delle altre biblioteche, gestite tanto efficacemente dall’amministrazione municipale che di fatto non sono più frequentate da nessuno. È un momento per stare insieme, in un’area della città dove sono pochi anche i posti dove bere una birra con gli amici. Si prende in giro una burocrazia talmente lontana dai problemi reali dei cittadini che spende energie per tenere aperta una biblioteca il meno possibile. In uno dei territori dove negli ultimi anni ci sono stati più omicidi. Dove solo un residente su trenta ha la laurea, dove non c’è un parco, un marciapiede, una piazza che non rechi segni devastanti di degrado. Dove se hai vent’anni e una famiglia “normale”, appena puoi fuggi in centro a Napoli, o a Portici, a San Giorgio. I luoghi della middle class vesuviana.
Così si serrano le file e ci si dà appuntamento per riaprire completamente la Deledda, oltre che per lanciare nuove vertenze sulle altre biblioteche della Municipalità. A Villa Letizia, a Barra, splendida villa vesuviana che cade a pezzi in attesa dei lavori di ristrutturazione già finanziati. Alla Labriola a San Giovanni, dove le terrazze sul mare al secondo piano sono chiuse da anni. Si chiede alla Municipalità una cosa semplice: aprire un tavolo permanente con giovani e associazioni e iniziare a fare quello che si può fare, nell’ambito della trasparenza e dell’evidenza pubblica. Di consentire, cioè, una co-gestione che garantisca servizi che sono scontati nel resto di Italia e di Europa per una biblioteca pubblica. Senza privatizzare niente, e mantenendo la totale gratuità nell’accesso agli spazi. Come andrà a finire lo sapremo a settembre, in un autunno che si preannuncia “caldo” per le biblioteche di Napoli Est. (pietro sabatino)