da: Il Corriere del Mezzogiorno dell’11 novembre
Nel corso degli ultimi cinque anni l’amministrazione comunale si è distinta per una certa attenzione alle questioni riguardanti il riutilizzo e la riqualificazione “partecipata” degli spazi abbandonati della città. In un primo momento ha provato a farlo attraverso l’operato dell’assessore Lucarelli, le consulte e i regolamenti, con risultati inconcludenti o approssimativi. Gradualmente la rigidità formale è andata ammorbidendosi e il piano generale ha lasciato spazio a quello particolare: il comune ha iniziato a interloquire con quei soggetti che si candidavano a gestire uno spazio pubblico vuoto, e ad ascoltare le loro proposte. Una interlocuzione che è avvenuta spesso in seguito a occupazioni da parte di gruppi di cittadini, oppure con incontri individuali o ancora la pubblicazione di bandi pubblici che si sono conclusi con assegnazioni anche formali.
I risultati migliori, tuttavia, si sono avuti quando il comune ha lasciato fare ai cittadini. Esempi emblematici sono costituiti dall’ex Asilo Filangieri e dalla ex base Nato di Bagnoli. Nel primo caso, un gruppo di giovani artisti, teatranti, registi, scrittori (i cosiddetti “lavoratori dell’immateriale”) ha occupato e iniziato a gestire informalmente l’edificio che fu la vecchia sede del Forum delle Culture, proponendo una visione organica dello spazio, e una proposta culturale più valida rispetto a quella precedente. Dopo qualche tempo, l’amministrazione ha autorizzato la presenza del collettivo all’interno della struttura, attraverso una delibera comunale. Nel caso dell’ex Nato, invece, dopo le promesse a vuoto su una “gestione partecipata” del luogo – molto difficile da realizzare, considerando le condizioni generali – e dopo aver propagandato con tanto di inaugurazione la nascita di una Cittadella per i giovani, il comune è sbattuto sul muro alzato dalla Regione e dalla Fondazione Banco di Napoli per l’infanzia, e oggi quegli spazi, che sarebbero tra i più belli e utili per la città (centri sportivi, teatri, piscine, scuole), vengono assegnati attraverso modalità discutibili.
Con l’avvicinarsi delle elezioni, le assegnazioni di spazi a gruppi di cittadini vanno moltiplicandosi (sotto la regia degli assessori Fucito-Clemente) aumentando il divario tra gli aspetti positivi e i limiti che emergono in modo sempre più palese. Nella maggior parte dei casi, infatti, dopo aver completato l’iter (ascolto dei cittadini-trattativa-assegnazione), gli spazi, e chi è stato ritenuto meritevole di gestirli, vengono progressivamente abbandonati a loro stessi, mettendo in evidenza la differenza che passa tra la concessione di una autonomia di scelte per i cittadini e la totale noncuranza istituzionale rispetto a ciò che avviene dopo.
È il caso dell’ex scuola Copernico al Rione Traiano, i cui spazi sono stati in parte assegnati all’associazione intitolata a Davide Bifolco, attualmente solo attraverso una concessione temporanea, e all’interno della quale oltre quaranta bambini svolgono gratuitamente attività (doposcuola, sport, laboratori) tutti i giorni della settimana. Poco importa che nella scuola non ci siano i riscaldamenti, nella maggior parte delle aule manchino sedie, banchi e scrivanie, e che per comprare quaderni e pennarelli gli operatori debbano chiedere una mano agli stessi abitanti del quartiere a cui cercano di rendere un servizio. Un caso molto diverso per certi aspetti, ma per altri assimilabile a quest’ultimo, è quello della Casa della cultura e dei giovani di Pianura: una struttura rimessa a nuovo e riaperta dal comune, in funzione ventiquattrore su ventiquattro, la cui gestione è appannaggio dell’Assessorato per le politiche giovanili (che però incoraggia i ragazzi del quartiere a dar vita, al suo interno, ad attività di ogni genere). Nonostante le aule studio della Casa della cultura da quasi un anno siano piene di studenti, assai meno sono i tavoli, le sedie e le librerie; ci sono sale per proiezioni ma nessun proiettore, mentre per pubblicizzare un cineforum o un dibattito i ragazzi devono stampare a proprie spese i volantini, dal momento che non vi è nemmeno una stampante a disposizione; all’interno della struttura, inoltre, il personale ha soprattutto funzione di guardiania mentre scarseggiano gli operatori culturali che dovrebbero renderla dinamica e propositiva. Nel rione Sanità, poi, si arriva al paradosso per cui, con improvvisa frenesia pre-elettorale, la municipalità si stia dando da fare per impiantare una ludoteca all’interno dell’istituto Froebeliano di via Stella, in locali palesemente non adatti, ma soprattutto negli stessi spazi dove da quasi dieci anni un’associazione indipendente e non profit lavora con ottimi risultati, coinvolgendo quotidianamente decine di bambini e migranti del quartiere. (riccardo rosa)