da: Repubblica Napoli del 4 maggio
Giovedì 5 maggio, alle 10,45, nella sala Valeriano a piazza del Gesù Nuovo ci sarà il dibattito: L’abitare difficile dei rom. Sarà un’occasione per presentare il libro Lo stato della città. Napoli e la sua area metropolitana, pubblicato da Monitor edizioni, a cura di Luca Rossomando.
Da almeno venti anni nelle città italiane la questione delle baraccopoli e dei campi in cui vivono i rom è un problema spinoso su cui si confrontano con gravi limiti e difficoltà tutte le amministrazioni comunali. La grave questione dei profughi mischiati ai migranti economici in fuga ha poi occupato l’agenda dell’informazione e la questione è ridiventata un occasionale fatto di cronaca.
Nelle medie e grandi città italiane la problematica viene da tempo affrontata costituendo una catena di interventi che, non senza problemi e ambiguità, prova a realizzare un strategia di riduzione e contenimento dei danni, protezione effettiva di almeno una parte delle famiglie rom, razionalizzazione dei costi. Al centro di tali programmi, nei casi virtuosi, è stato messo il superamento di pratiche di segregazione e discriminazione, la costruzione di pratiche tese all’autonomia abitativa di quote significative delle famiglie rom che stanno nei campi.
Come prevede la strategia nazionale la regione Campania ha costituito un tavolo di confronto fra istituzioni e altri soggetti implicati, ma da quel poco che si sa, si tratta ancora di una modalità formale e burocratica che non influisce sulle politiche. Il presidente De Luca si è impegnato a trattare la gravissima questione del campo di Masseria del Pozzo a Giugliano predisponendo, di intesa con quel comune e gli interlocutori presenti al Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, lo spostamento delle famiglie in un altro diverso campo attrezzato definito “mini eco villaggio”. La permanenza in un’area precedentemente destinata a discarica è certamente un male da cancellare ma le prefetture e i vertici regionali esprimono ancora una visione tutta legata ai campi e alla provvisorietà per persone che molto spesso vivono da decenni nell’area napoletana.
A Napoli la Città Metropolitana non ha neanche messo in agenda la questione. In una città ove vi sono circa duemila rom nei campi, il Comune invece ha una strategia con un campo comunale ufficiale a Secondigliano dove vi sono circa quattrocentocinquanta persone, un’altra struttura che dovrebbe essere di passaggio nella ex-scuola Grazia Deledda a Soccavo (con poco più di cento persone), un programma di riqualificazione per l’area di Cupa Perillo e qualche area ove prova ad allestire prefabbricati per sistemazioni provvisorie, accogliendo rom da spostare per gli sgomberi imposti dalla Magistratura.
Per Cupa Perillo, dove sembra vi siano meno di settecento persone, entro un iter lungo e complicato, l’amministrazione De Magistris ha elaborato in un paio di anni un progetto di costruzione di alloggi e attrezzature, approvato con una variante urbanistica. Per lo sforamento dei tempi nell’uso dei fondi POR 2004-2007, per alcune contestazioni espresse da parte di alcune associazioni, per una concertazione non chiara con la regione, questo processo di fatto è stato bloccato senza darne conto né agli abitanti del campo né alle organizzazioni del laboratorio e del gruppo di lavoro che è stato animato da chi scrive secondo un accordo di ricerca stipulato dall’università Federico II con il comune stesso.
In queste settimane la questione campi a Napoli è tornata d’attualità per lo sgombero del campo abusivo di Via Brecce a Poggioreale, per cui il comune si sta adoperando sempre con una logica di spostamento emergenziale da un posto in cui i rom vivono in condizioni insopportabili, a un luogo meno visibile ove sia possibile allestire qualche servizio. Di fatto anche solo la pratica degli annunci produce spostamenti e diaspora da parte di alcune delle famiglie.
I discorsi della campagna elettorale sono troppo veloci e schematici per poter trattare una questione spinosa. Ovviamente siamo tutti sinceramente scossi dalle scene dei campi profughi a Lesbo o a Idomei, dove migliaia di persone sopportano condizioni terribili. Di fatto però stendiamo un velo di sostanziale indifferenza sui campi di casa nostra. La questione non può essere trattata in modo propagandistico o miracoloso. Certo è che le città che nel medio periodo hanno avuto migliori risultati sono quelle ove si è costruito un impegno durevole teso a superare i campi, abusivi e ufficiali, con amministrazioni che hanno organizzano seriamente gruppi di lavoro, con idonee risorse e una chiara intenzionalità del sindaco. Ma, forse insieme a tanti altri, eterna costante nel prossimo mese di giugno, i rom non votano. (giovanni laino)