Il premio Grande Vomero è una kermesse (prendo in prestito parole dall’opuscolo consegnatomi questa mattina) organizzata dalla Holding Studio da ormai quattordici anni, e che in occasione dei centocinquanta anni dell’unità di Italia ha voluto contribuire ai festeggiamenti “creando, con elementi tipici caratterizzanti e con la collaborazione del territorio collinare venti zone in ognuna delle quali saranno identificate le venti regioni italiane”. Traduco in italiano: in concomitanza con l’edizione annuale della manifestazione – che ha durata dal diciassette al trentuno di ottobre – il territorio del quartiere collinare sarà diviso in venti zone (in linea di massima una zona = una strada) rappresentanti le regioni d’Italia. All’interno di ogni zona, i commercianti che aderiscono alla kermesse avranno il compito di allestire la vetrina del proprio negozio dedicandola a un personaggio famoso e/o venerabile della storia del paese.
Flavio Briatore, Paola Barale e il cioccolatino Gianduiotto (celebre personaggio della storia moderna nazionale) fanno così compagnia, per esempio, a Cavour, Coppi, il vino piemontese, Carla Bruni e la Mole Antonelliana. Momenti di gaudio quando si scopre che la paninoteca Dog Out, in via Luca Giordano, rappresenterà la Puglia con “Raf + Orecchiette alle Cime di Rapa” (tutto scritto in maiuscolo, per non far torto alle orecchiette, anche loro personaggi qui definiti “caratterizzanti”). Ancora, si nota con un pizzico di rammarico come a Verga e a Emilio Fede venga riservato lo stesso trattamento, quello di una sola scelta a testa, per la regione Sicilia.
Sfogliando le pagine e i nomi dei personaggi scelti per l’Emilia Romagna, però, ecco la nota più dolente. Due tra i nove rettangolini sono stati oscurati, per la precisione quelli della (premiata) pasticceria Bellavia, e dell’edicola Parisi, entrambe in piazza Vanvitelli. Approfittando della conferenza stampa presso la camera di commercio (che patrocina l’iniziativa così come fanno il comune, la provincia e la regione), vado a chiedere lumi. In realtà so già che i rettangolini sono stati oscurati (sul depliant così come sul sito internet) in seguito alla protesta di un negoziante, che non aveva gradito la dedica fatta dai due “esercenti” (vocabolo molto usato nel giro) niente popò di meno che a Benito Mussolini, “statista e giornalista”.
Alla conferenza non manca nessuno, e l’occasione per chiedere una spiegazione è più che ghiotta: per il comune c’è l’assessore alla cultura Di Nocera, per la municipalità Vomero il presidente Mario Coppetto, poi il presidente della camera di commercio Maddaloni, la giornalista Serena Albano e Aldo Foggia, vero e proprio organizzatore del premio. Il clima si mantiene abbastanza sereno, con picchi di goliardia.
https://www.youtube.com/watch?v=ShuMh0zinT4
Quando le lancette dell’orologio mi suggeriscono che è arrivato il momento di andar via, intervengo, chiedendo spiegazioni sulla caduta di stile rappresentata dall’inserimento di Mussolini tra i venerabili, e di conseguenza dalla sua celebrazione vetrinesca. A quel punto decido di strafare, e domando ai presenti anche quella che in gergo è chiamata (e difatti i colleghi mi guardano finalmente come un loro pari), “una netta e decisa presa di distanze”. Da quel momento, per qualche secondo, rimangono in pochi a sorridere, e l’impressione è quella di essere un ospite sgradito che si è messo a tirare la torta in faccia al festeggiato. Il presidente Maddaloni liquida la cosa come uno sgradevole incidente di percorso a cui è stato già posto rimedio, mentre ritiene che sarebbe più opportuno anche da parte di noi giornalisti «enfatizzare ancora una volta gli aspetti positivi che il premio e gli organizzatori provano a…» eccetera eccetera. Aldo Foggia non risponde, ma mi verrà a cercare in un secondo momento per tirarsi, con classe, fuori dalle responsabilità: «Sai, sono i singoli commercianti che hanno scelto da soli i personaggi a cui dedicare la vetrina, probabilmente prendendoli da Wikipedia. In ogni caso grazie per la segnalazione, avevamo proprio ieri provveduto a risolvere il problema». Un po’ di imbarazzo, invece, coinvolge forse i due esponenti istituzionali. Il presidente Coppeto – che se l’era andata anche un po’ a cercare, richiamando ai valori della resistenza durante il suo intervento – annuisce mentre faccio la domanda, e fa un gesto con le mani disegnando una sorta di croce nell’aria, come a voler cancellare il più velocemente possibile il ricordo dello spiacevole inconveniente. L’assessore Di Nocera prende la cosa più di petto, ruba il microfono dopo aver ascoltato le parole vaghe di Maddaloni, e condanna la cosa come si suol dire “passando appresso”. Il momento migliore, in realtà, arriva dopo, nel post conferenza, quando una lavata di testa agli organizzatori non gliela leva nessuno: «Certo dottor Foggia – fa l’assessore un po’ stizzita per il mezzo scivolone – un po’ più di attenzione ai personaggi scelti si poteva avere». Lui esita, e allora arriva la stoccata finale: «Ma soprattutto, da quand’è che il Colosseo è diventato un personaggio?». Imbarazzi vari.
Finita la conferenza non c’è più niente di interessante. Domande di rito, dichiarazioni, microfoni, riprese («Si metta lì assessore, vicino ai divanetti. Vai, riprendi!») e tutti a casa. Mi accorgo che però qualcuno l’ha fatta franca, e mi avvicino a Serena Albano, tanto bionda quanto nota giornalista napoletana, di simpatie non proprio filo-sovietiche. «Allora, la condanniamo questa cosa di Mussolini, Serena?». «Ci mancherebbe altro, la condanniamo». Mi basta e spengo la telecamera. Dopodiché, accorgendosi di essersi spiegata male mi fa: «Si ma io intendo non la scelta, teniamo la politica fuori da questa cosa. Io condanno il fatto che l’abbiano levata, ognuno deve essere libero di esprimersi, per come la vedo io». Poi mi stringe la mano senza che io riesca ad aggiungere altro, e mi rassicura. «Non che mi piaccia Mussolini, per carità! Però tu lo vieni a chiedere a me, e noi di centrodestra…». Certo, il centrodestra. Che ingenuo. (riccardo rosa)
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