Giovedì 13 febbraio l’assemblea dei soci della Bagnoli Futura – disertata da Regione e Provincia – ha formalizzato la messa in liquidazione della società. L’idea di liquidare la società partecipata (che ha accumulato debiti per duecento milioni di euro) era nell’aria, ma piuttosto che le spinte di associazioni e cittadini che ne chiedevano lo scioglimento, decisiva è stata l’istanza di fallimento inoltrata nelle scorse settimane dalla Fintecna, che da Bagnoli Futura vanta un credito di sessanta milioni. Liquidatore sarà l’attuale presidente Omero Ambrogi.
Dal momento dell’annuncio, il Comune di Napoli (che detiene il novanta per cento delle quote) ha cominciato a lavorare per la cosiddetta “liquidazione in continuità”, una modalità che concederebbe un periodo di tempo limitato (si parla di un anno) al commissario per operare su alcuni punti programmatici: in primo luogo l’impegno di quel che resta della Bagnoli Futura per un nuovo disegno urbanistico dell’area; poi la messa in funzione delle opere terminate ma mai aperte al pubblico; infine, e soprattutto, un accordo con la Fintecna, cui verrà proposto un ingresso in società in cambio dell’acquisizione di – o quantomeno con garanzia su – alcune delle opere come la Porta del parco e il Parco dello sport.
L’ingresso di capitali privati è caldeggiato anche dal governatore Caldoro, che sottolinea «la necessità di cambiare il piano regolatore e il piano urbanistico attuativo per accrescere l’interesse sulla zona da parte degli imprenditori». La malcelata intenzione di chi (dal presidente Ambrogi passando per Regione, Fintecna, Cementir, imprenditori interessati all’edificazione, creditori come il Monte Paschi Siena, Città della Scienza e non ultimo il Comune di Napoli) sostiene la linea secondo cui «il vincolismo eccessivo sia il principale responsabile dell’immobilismo di Bagnoli», è quella di stravolgere gli strumenti urbanistici vigenti per spostare gli alberghi a pochi metri dalla linea di costa. Nel caso in cui la possibilità della “liquidazione in continuità” non dovesse prendere corpo, si procederà con il tradizionale iter fallimentare previsto dalla legge.
Quale che sia la via, gli scenari per l’area tra Coroglio e Bagnoli risultano piuttosto inquietanti. Dopo l’incauto ottimismo degli scorsi mesi – provocato dagli annunci del sindaco su un piano di rilancio per la bonifica, dalla delibera sulla spiaggia pubblica e dall’ordinanza che obbligava Fintecna e Cementir a provvedere alla messa in sicurezza della aree inquinate – la situazione è precipitata nell’arco di poche settimane. La liquidazione di Bagnoli Futura arriva in contemporanea all’accordo (che sarà firmato il prossimo 4 marzo) che sancisce la ricostruzione di Città della Scienza sul litorale, accordo che sconfessa la delibera comunale approvata sulla spinta di un movimento forte di quattordicimila firme, adoperatosi per il ripristino della linea di costa e la nascita di una spiaggia pubblica e gratuita tra Nisida e Pozzuoli.
Se Città della Scienza, nonostante le ripetute ordinanze, non ha ancora presentato le certificazioni sulla bonifica, persino più grave è la posizione di Fintecna. La società (controllata dalla Cassa depositi e presiti, e quindi dal ministero delle finanze) ha ereditato il patrimonio di Eternit e Italsider, ma nel corso degli anni si è occupata soltanto di rivendicare i propri diritti – i sessanta milioni di credito – senza mai prendere in considerazione l’idea di adempiere alle incombenze dovute in quanto soggetto inquinante: la bonifica dell’area e la rimozione della colmata a mare. L’impressione, insomma, è che il prezzo da pagare per vedere Fintecna mettere in atto il proprio dovere, sia molto più alto di sessanta milioni di euro: in primo luogo la svendita di una parte di città, e di opere pubbliche costruite negli anni e mai realmente consegnate alla cittadinanza; in secondo, l’avanzamento ulteriore delle edificazioni a ridosso del mare; in terzo, un ingresso incontrollato di capitale privato e con ogni probabilità speculativo, negli affari per la bonifica e l’edificazione (si torna a parlare persino di costruzione di case).
Gli eventi di questi giorni non fanno altro che dare ragione a chi – Il Mattinoli definisce “gli intransigenti ambientalisti di ieri e di oggi” – sottolinea da anni come ad aspettare la chiusura di Bagnoli Futura non fossero solo i movimenti cittadini ma anche gli imprenditori che hanno disertato negli anni i bandi per la vendita dei suoli, e che oggi sono pronti a gettarsi come avvoltoi su quella carne morta, ormai in saldo per liquidazione. In prima fila tra questi ci sarà il gruppo Caltagirone, proprietario dei suoli della Cementir e dello stesso quotidiano che da venti giorni mette in atto una goffa campagna perché il rilancio del quartiere avvenga previo superamento, senza se e senza ma, del piano regolatore. E ovviamente a suon di mattoni. (riccardo rosa)