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ambiente
8 Gennaio 2013

È stata morta una terra

Davide Schiavon

 

(archivio disegni napolimonitor)

È perché sono cresciuto in città e sono circondato da nient’altro che asfalto e cemento se alla mia età non so distinguere un fiore da un altro. Ma tra i Colli Aminei e il Frullone, dai finestrini della metropolitana, ti rendi conto che la natura sta anche in città, infatti vedi larghi campi coltivati e un cavallo che scorazza libero. Quelle terre sono immacolate? Non so, non penso. Ma che differenza fa? In Campania, nonostante l’inquinamento di vaste porzioni di terra sia documentato, non c’è un metro quadrato inibito alla coltivazione.

I motivi non si sanno, avrei voluto chiederli oggi al ministro Balduzzi ma mi è stato impedito. Troppe domande, ne sono state concesse solo cinque a fine conferenza. Come se un problema che riguarda almeno tre milioni di persone possa essere liquidato con cinque risposte (peraltro intrise di retorica e mai convincenti, mai concrete). Si presentava oggi la “relazione finale del gruppo di lavoro sulla situazione epidemiologica della regione Campania e in particolare delle province di Caserta e Napoli (città esclusa), con riferimento all’incidenza della mortalità per malattie oncologiche”. Il risultato è… che non ci sono risultati.

Di che stiamo parlando? A luglio il ministro della sanità Balduzzi ha istituito un gruppo di lavoro per monitorare la situazione sulla salute dei cittadini campani ed eventualmente accertare il nesso tra incidenza di malattie oncologiche in Campania superiore alla media nazionale e l’evidente inquinamento dei territori. Dopo sei mesi la risposta è: può essere. Boh. Non abbiamo capito ancora. Testualmente: “Si può affermare che non c’è nesso causale accertato tra l’esposizione a siti di smaltimento di rifiuti e specifiche patologie, ma potenziali implicazioni sulla salute non possono essere escluse”.

All’esterno del municipio di Aversa, alle 15, cento persone aspettano il ministro Balduzzi. Comitati anti discarica, Movimento Cinque Stelle e Insorgenza Civile, che espone lo striscione: “Lo Stato fornisce dati falsi, in Campania si muore di tumori veri”. Il dottor Antonio Marfella, dirigente dell’Istituto Nazionale Tumori del Pascale, si fa intervistare con piacere dai numerosi giornalisti presenti. Chiede la fine dei confronti, il passaggio all’azione. Chiede il biomonitoraggio ambientale che certifichi il nesso tra troppe morti e inquinamento. Alla fine non ci sarà né confronto, né azione: tutti i manifestanti resteranno fuori, alla conferenza sono ammessi solo giornalisti accreditati e istituzioni. Il ministro all’arrivo è contestato, qualcuno grida: «Allora moriamo perché siamo grassi, eh? Moriamo perché mangiamo troppo, Balduzzi?».

Indiscrezioni sulle conclusioni dello studio erano uscite già stamattina su Il Mattino, che titolava: “Campania, record di tumori: difficile curarsi”, “Balduzzi: «Rifiuti tossici e cancro, il nesso non è ancora dimostrato»”. Quindi da luglio a ora che passo in avanti è stato fatto? Che il territorio fosse inquinato lo diceva già lo studio precedente, il rapporto Sebiorec, datato 2010 ma pubblicato solo nel 2011. E le modalità dell’inquinamento le raccontavano i camorristi durante gli interrogatori. Con l’istituzione del registro tumori (settembre) e lo studio commissionato dal Ministero della Salute si aspettava il passo decisivo, ma le conclusioni sono quantomeno beffarde.

Se non c’è nesso tra malattie tumorali e avvelenamento del territorio, com’è che in Campania l’aspettativa di vita di un neonato è di due anni inferiore a quella di un neonato marchigiano? Com’è che quasi tutte le malattie oncologiche hanno incidenze maggiori in Campania? Il ministero risponde: “Questi eccessi sono in buona parte riconducibili a fattori di rischio noti e maggiormente presenti nell’area considerata (prevalenza di infezioni da virus per l’epatite C e B, prevalenza di fumatori). […] Stili di vita e fattori di rischio comportamentali connessi all’insorgenza delle malattie croniche, quali sedentarietà, eccesso ponderale e fumo sono significativamente più frequenti nella popolazione campana che nel resto del Paese, con tendenza all’aumento. In particolare, sono da segnalare – per la provincia di Napoli e Caserta – alte prevalenze di sedentari, fumatori e scarsa adesione ai programmi di screening oncologico”.

La conferenza procede attraverso gli interventi di coloro che hanno portato avanti lo studio. Il dottor Ruocco spiega che «assolutamente non si può creare un collegamento con un solo fattore, i fattori sono molteplici: obesità, sedentarietà, fumo, difficoltà dei ceti bassi nell’accedere a cure adeguate». La dottoressa Musumeci ha l’aria della professoressa di chimica, parla per mezz’ora eludendo completamente la questione. Così si scopre che esistono anche livelli “accettabili” di diossina. Dosi che il corpo tollera. Forse non si rende conto di essere ad Aversa, la dottoressa Musumeci, e non a Berna. Poi tocca al ministro Balduzzi che traccia un quadro complessivo ipotizzando soluzioni e promettendo un incontro (anche con medici e associazioni) tra due settimane.

Nelle conclusioni del rapporto non si accenna minimamente all’inquinamento del territorio. Non è successo niente. La proposta condivisa è l’istituzione di una task force, l’ennesima, che operi un costante monitoraggio sulla salute dei cittadini, promuova nuove indagini sul territorio, sensibilizzi la popolazione sugli svantaggi di una vita sedentaria e sregolata, informi sui rischi del fumo e della cattiva alimentazione. Parliamone, discutiamone, confrontiamoci. «Hann’ ancor’ parla’, ancora parlano! Ma che cazz’ parlano a’ffa’?», urlano le mamme vulcaniche dalla piazza. Vorrei urlare anche io, questa volta avrei dovuto urlare anche io. (davide schiavon)

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