Salgo le scale del teatro Mediterraneo con la curiosità di chi non ci ha mai messo piede. La struttura si trova all’interno della Mostra d’Oltremare, alla fine del vialone delle fontane. La promenade, così inondata dal sole, mi fa sentire una specie di star al festival di Cannes. La sensazione perdura quando metto piede nella sala, lasciandomi alle spalle le auto blu e la schiera di persone che si attardano a sfumacchiare all’esterno. L’atrio è grande ed elegante, un colonnato separa l’ampio ingresso dalle porte che conducono alla platea. All’interno non manca qualche posto vuoto, ma la partecipazione è tutto sommato buona. L’evento della giornata è l’incontro del candidato sindaco del partito democratico, Mario Morcone, con il segretario nazionale dello stesso, il postcomunista Pierluigi Bersani. All’interno del teatro la gente parlotta aspettando l’ingresso dei due ospiti, e alcuni striscioni si innalzano come ai vecchi tempi, con i vessilli dei gruppi provenienti da Castellammare, Pozzuoli e Fuorigrotta.
Sono le sei, i lavori sembrano pronti a partire, all’appello non manca nessuno. Ci sono i dirigenti di primo piano del Pd, Cozzolino e Ranieri su tutti. Ma ci sono anche assessori, il sindaco Iervolino, l’ex governatore Bassolino, e tutta l’élite politica del centrosinistra campano. La discontinuità, come sappiamo, è una delle parole chiave di questa campagna elettorale. Gli unici assenti, rispetto al passato, sono gli artisti e gli intellettuali che da quasi venti anni si sono schierati più o meno apertamente al fianco dei dirigenti di cui sopra, alcuni dei quali sono dati in transito dalle parti della lista civica di Luigi De Magistris.
All’arrivo di Bersani l’applauso è piuttosto timido, ma come si capirà dopo, è solo questione di distrazione. Il primo a parlare è Orlando, divenuto commissario del partito dopo il pasticcio delle primarie, il quale si lancia a capofitto nel dibattito politico di queste settimane. Dopo aver rispolverato un “compagni” che fa brillare gli occhi a qualche anziano in platea, il commissario parte forte, e non le manda a dire. Attacca la gestione milanese dell’Expo, «che se una cosa del genere fosse capitata a Napoli, se ne parlerebbe per anni, come esempio di malgoverno»; prosegue sulla legalità, rincarando la dose su Cosentino, ed esaltando il concetto di rispetto delle regole come unica speranza capace di condurre alla vittoria sulle destre. A questo proposito scivola un po’ sui rifiuti, dimenticando che in platea siede anche l’ex governatore Bassolino, per il quale, proprio oggi, la procura di Napoli ha chiesto un rinvio a giudizio per abuso d’ufficio ed epidemia colposa, a causa della gestione della crisi rifiuti del 2008. L’intervento, in ogni caso, termina con l’ammissione da parte del commissario di una fase «travagliata e difficile per il centrosinistra campano», e i conti sono chiusi.
A questo punto entra in scena Morcone, tra gli applausi del pubblico. A colpire, fin da subito, è il timbro di voce alla Sandro Ciotti con cui si appresta a parlare, condito da una “sc” molto napoletana che lo rende assai più umano del fu grande giornalista della Rai. Prima di cominciare l’intervento non può mancare il dovuto saluto al sindaco uscente e all’ex presidente della regione, i quali «al di là di qualsiasi analisi politica, rappresentano un pezzo di storia, e hanno dimostrato con il loro lavoro di amare la nostra città». Non si capisce se è un complimento, ma tant’è. L’intervento di Morcone è interessante, anche se la tendenza a leggerlo per intero dalla cartellina degli appunti, lo rende meno dinamico, tanto che qualcuno tra il pubblico si assopisce per qualche minuto.
Morcone parla di differenziata, di lavoro sommerso e riutilizzo dei beni della camorra, e qui l’ex prefetto gioca in casa. Non manca una stoccata a Lettieri, che aveva annunciato la possibile costruzione di un nuovo stadio, «e a chi intende speculare sulla speranza di noi tutti, che la squadra della nostra città possa vincere il campionato di calcio». L’applauso più lungo arriva su questa sortita, e resterà tale fino alla fine.
A concludere il pomeriggio ci pensa il segretario Bersani. Non appena prende la parola il pubblico si rianima, e si vede subito che il capo è fatto di tutt’altra pasta rispetto a chi lo ha preceduto. Raccoglie subito grandi applausi in due-tre occasioni, e strappa qualche risata anche fragorosa. Saluta anche lui, ancora una volta, «Bassolino e Rosetta», spendendo parole di elogio nei confronti di Morcone, «l’uomo giusto per fronteggiare i problemi della città». Il grosso del suo intervento, però, si rivolge a temi di attualità nazionale: dalla crisi economica al federalismo, un breve inciso sui processi al presidente del consiglio, e una riflessione sull’allarmismo fatto dal governo a proposito del problema immigrazione. La chiusura, un po’ prevedibile, è un appello alla legalità, e alla responsabilità necessaria «per non consegnare la città nelle mani di Cosentino e Berlusconi».
Si conclude così l’incontro “Legalità è sviluppo” organizzato dal Pd: alla fine sono grandi applausi, la platea dimostra di aver gradito. Al saluto di Bersani, per non farsi mancare nulla, c’è tempo per un po’ di sano patriottismo, termine a cui il segretario aveva fatto riferimento durante l’intervento. Dalle casse, infatti, partono le note di ’O surdato ‘nnammurato, cantate da Massimo Ranieri. Sopra e sotto il palco baci, abbracci e pacche sulle spalle anche tra chi, fino a qualche ora prima, non aveva particolari scrupoli a battagliare all’interno del partito. Un sorriso cancella tutte le amarezze, al cospetto del segretario, non più fratelli coltelli ma nuovamente compagni (di partito, si intende), uniti per la vittoria. Perché è l’unione che fa la forza. Forse. (riccardo rosa)
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