Il concerto n.3 per la stagione 2016/2017 dell’associazione “Alessandro Scarlatti – Ente Morale” si è tenuto giovedì 20 ottobre in via Vetreria a Chiaia 12, presso la struttura del Teatro delle Palme. Una stagione diversa dalle altre per la più antica associazione musicale del Mezzogiorno: da un lato il trasloco, giù in centro, per via dei lavori all’auditorium di Castel Sant’Elmo, luogo principe della sua programmazione musicale; dall’altro la concomitanza degli stessi con la sospensione del servizio della funicolare centrale, di durata giorni trecento. Due piccioni con una fava. E gli affezionati abbonati sembrano aver gradito il cambio sala. Comoda, e senza quelle scale in tufo.
Stranamente, di giovedì. Il giorno designato per questi appuntamenti è solitamente il mercoledì, centro della settimana lavorativa. E credo i turchi non c’entrino affatto, in questa storia (perché l’Europa del calcio li ammette e quella della politica no?). Come assentarsi dall’esecuzione della Histoire du soldat, soprattutto quando la voce recitante è quella di Corrado Augias!
Agghindata e puntuale la società civile si rincontra in platea: l’appuntamento settimanale serve come cornice pubblica in cui calare la propria presenza, tra saluti e chiacchiere che da sempre accompagnano gli eventi culturali. Gli acciacchi dell’età avanzata non scalfiscono la forza di volontà di un pubblico che ritrova la sua eterna giovinezza nel discorrere di musica, nello scorrere della musica col suo forte carico immateriale in grado di ravvivare il fisico. Qui gli smartphone non trovano tanto spazio: al massimo, viene sottratta loro la suoneria, come intimato dalle note di sala distribuite allo stacco del biglietto.
Circa il sessanta per cento della platea è occupato: i ticket last-minute a tre euro per gli under 25 non riescono proprio a fare breccia nel cuore dei giovani. Se non fosse per quello zoccolo duro educato all’ascolto del classico, cosa ne sarebbe dell’uditorio? La puntualità dell’inizio del concerto è da menzionare, in quanto sono poche le istituzioni che rispettano in modo cosi certosino gli orari.
Calcano il palcoscenico i musicisti, seguiti da una giovane pianista, Chiara De Quarto, che da loro si distingue per l’abito. Esegue una riduzione e trascrizione per pianoforte solo di Danza Russa, da Petruska, balletto dello stesso compositore. Qualche fella (e ci può stare), ma soprattutto piattezza esecutiva per la pianista tarantina che sembra un po’ scocciata, soprattutto dei siparietti tentati da Corrado Augias. Questi la richiama in scena dopo l’esecuzione prima che, insieme a Marcello Panni, il direttore dell’Ensemble del sud in scena, performi i 3 Pezzi per pianoforte a quattro mani. Nel mentre i musicisti ripassano i passaggi sui propri strumenti.
Questa l’introduzione musicale che contestualizza il concerto, prima di entrare nel vivo dell’Histoire con la voce di Augias che prova a scandire i temi e i tempi della serata col pretesto narrativo: gli anni inquieti che preludono alla guerra mondiale, quelli della crisi dell’individuo al cospetto dei primi barlumi della società di massa, visibili da un lato nella plurale produzione artistica dall’altro nelle prime propaggini della cultura elettrica. Il pubblico tutto pende dalle sue labbra, a rinverdire ricordi di una generazione non del tutto lontana.
L’ottantunenne narratore gusta la propria presenza ad solum sul palco, con quegli inserti di storia che così tanto gli sono cari. I testi sono semplici ed è la sua voce, il suo timbro conosciuto a rubare la scena. Con la derisoria marcia del soldato si entra davvero nel vivo. Ogni momento è ritmato da applausi di una durata minima, intorno ai cinque secondi, puntuali nell’adesione al cerimoniale concertistico. Siamo nel 1917. Scappato dalla rivoluzione in Russia, Igor Stravinsky è di stanza in Svizzera. Charles-Ferdinand Ramuz e lui concordano un testo da mettere in musica per fare un po’ di soldi con un teatrino mobile girando i cantoni della Svizzera. Si veda la composizione orchestrale ridottissima, sette elementi (due archi, due ottoni, due legni oltre alle percussioni) come scheletro dell’orchestra: tutte le famiglie nelle tessiture estreme, saltando le classi intermedie. In realtà questo teatrino ambulante svizzero non funzionò mai, però quello che ci è rimasto è il piccolo gioiello stravinskiano che ci è permesso ascoltare. Celeberrime le tre danze: tango, valzer, ragtime.
I respiri di Corrado sono in contatto con l’esecuzione musicale, in quanto il suo microfono non viene mai staccato. Dunque, l’accompagnamento pneumatico e i sorsi d’acqua ritmano ogni momento della serata. Inoltre, si prende la briga di ricordare al pubblico come la concordanza del genere femminile della parola assessora non sia grammaticalmente corretta, nelle mode linguistiche del nostro tempo. Un sassolino dalla scarpa che non poteva non condividere con il colto pubblico napoletano. Legge passi scelti dal romanzo La paura di Gabriel Chevallier.
Nella marcia nuziale la cadenza eseguita dalla tromba risulta un po’ impacciata; solo al quarto tentativo tutto fila davvero liscio. Il maestro poi fa cadere le parti al contrabbassista: il lenzuolo di pagine legate tra loro mediante lo scotch è di difficile presa per il musicista alle prese con lo strumento. Ilarità e chiacchiericcio invadono la sala. Augias il simpatico gli ricorda la possibilità di suonare a memoria. Il maestro si riscatta raccogliendogli le parti, finalmente. Poi torna a dirigere, con una mano in tasca.
Siamo alle battute finali, quelle di un congedo giocato tra cadeaux musicali e poetici. Un piccolo omaggio a Napoli nello stile di Stravinsky, in cui l’ensemble si scioglie un po’ regalando sorrisi, prima della lettura delle Ricordanze di Giacomo Leopardi. Scendono le lacrimucce, per una lirica dai contenuti emotivi che stende il pubblico. La richiesta di un nuovo bis, doppio e alternato. Un Gershwin mix, in cui l’orchestra dimostra di essere a suo agio con questo genere di arrangiamenti, più in linea con le musiche da film felliniane che con la letteratura proposta. Poi, il Discorso di un italiano intorno alla poesia romantica. Per chiudere. Tra gli applausi. Fragorosi.
Le parti si sono strette in un tenero abbraccio che ha permesso loro di sentirsi cullate. Ogni elemento di rottura in seno all’Histoire è stato pacificato secondo l’abitudine che fa della memoria il migliore intrattenimento. (antonio mastrogiacomo)
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