Martedì 6 novembre 2018, ennesima serata mediata dalla trasmissione a distanza di un evento sportivo, quello che avrebbe pareggiato i conti tra la Napoli e la Parigi del calcio. Negli stessi minuti presso la Domus Ars andava in scena un altro evento irripetibile, data la fisionomia dell’opera: la sonorizzazione in tempo reale de Gli ultimi giorni di Pompei (1913), regia di Eleuterio Rodolfi, a cura di Edison Studio e Dissonanzen.
Entrambe le formazioni festeggiano venticinque anni di attività, scanditi da una produzione incredibile di momenti musicali. L’anniversario è celebrato con un evento dalla doppia data, napoletana e romana, al fine di incontrare il pubblico di due diversi territori, laddove le due stesse scuole compositive, così vicine sulla carta geografica, mostrano differenti sensibilità.
L’elettronica di Edison Studio, dal respiro più internazionalista, riporta stringenti implicazioni da un lato nella produzione musicale elettroacustica, dall’altro nella realizzazione di colonne sonore di film da cineteca, una sorta di archeologia delle immagini in movimento (all’epoca sonorizzate in tempo reale, secondo una prassi improvvisativa più o meno codificata). Dissonanzen fa della valorizzazione e della divulgazione delle pratiche musicali contemporanee – e non solo – una questione etica prima che estetica; lavora strenuamente alla diffusione della sensibilità musicale legata alla creatività dei musicisti, facendo ricorso a strumenti più tradizionali (il confine tra tradizione e nuove tecnologie sembra fare da ganglio esclusivamente all’attività didattica dei conservatori); si confronta spesso con la danza, col teatro e con l’arte visiva nelle sue diverse forme (prossimamente andrà per esempio in onda su Radio Tre la registrazione di Parole e Musica, lavoro radiofonico di Samuel Beckett e Morton Feldman, prodotto da Teatri Uniti per la regia di Andrea Renzi).
Prendiamo posto senza difficoltà grazie alla presenza discreta di un pubblico fatto ormai di volti familiari, amici della musica senza tessera. Una passeggiata perlustrativa rendiconta l’apparato elettroacustico impiegato, per una precisa sonorizzazione dell’area grazie a una voluta spazializzazione attraverso i diffusori. La presenza del mixer digitale riscrive intanto la mobilità del miscelatore di suoni. Lo stesso visual del film sarebbe stato riscritto grazie alle elaborazioni di VJ Lapsus, Andrea Pennis al secolo. L’ottetto dei musicisti è invece ben ripartito dai quattro “edisonini” (Cardi, Ceccarelli, Cifariello Ciardi e Cipriani) addetti alla regia del suono, e i quattro dissonanti (Rossi al fluato, Sannini alla tromba, D’Errico ai sintetizzatori e Longobardi al pianoforte digitale e campioni).
Il visual tende a vivacizzare l’andamento delle immagini attraverso una gestione controllata delle opacità. Qualche parola va spesa a favore dell’agilità permessa dal controllo digitale dell’apparato audiovisivo, che incoraggia una manipolabilità decisamente aptica. Se il cinema muto offriva il sonoro all’improvvisazione, qui tutto è studiato in funzione di una sincronia con le immagini, manifestando un lavoro pregevole nella progettazione di un dispositivo che risulta efficace ma controllabile. Pregevoli le sottolineature, con la sonorizzazione di una tenda che taglia la time-line. Riprodurre in tempo reale qualcosa di non diverso dalla fono-fissazione in tempo differito, pone dei problemi seri laddove queste pratiche tendono alla diffusione di un repertorio che potrebbe essere messo nero su bianco su partitura, a disposizione di nuovi esecutori. Lo strato di immagini sotterraneo alla narrazione della pellicola richiama i movimenti continui del magma che si agita nelle viscere, creando una certa attesa, culminante nella storica eruzione. Eppure i titoli così poco filologici nella grafica, affidati a un Times New Roman adeguato all’ambientazione latina della faccenda, offrono una leggibilità altra che non i soliti cartelli. Anche questa continuata trama per immagini confeziona la novità proposta dunque non solo all’ascolto, ma propria alla audiovisione. Raccolgo l’omaggio al clima da stadio che si respira in città quando le immagini si spostano verso il teatro dei giochi, poco prima che l’eruzione abbia da compiersi: i suoni scelti, così strombazzanti, poco hanno a che fare con la misurata filologia, offrendosi nel carico di un inconscio acustico non meglio controllabile.
Questo lavoro collettivo si pone sulla scia della pubblicazione di Edison Studio in collaborazione con la cineteca di Bologna per la collana Cinema ritrovato del 2011. Rimane il problema dell’esponibilità dell’opera che ne accompagna la distribuzione; se sia possibile, in altre parole, disporre di un lavoro del genere oltre la sua realizzazione in tempo reale, considerando la sua natura così poco improvvisata. (antonio mastrogiacomo)
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