La bella stagione porta con sé la musica all’aperto: anche se le vibes migliori alcuni fratacchioni le trovano esclusivamente nei pressi della natura, la reggae music abbisogna della strada per risuonare. Napoli Rockers Syndicate è una formazione di effettiva matrice reggae che da più di un lustro caratterizza la scena performativa del genere in città, impegnandosi finanche nella autoproduzione musicale. L’occasione dell’uscita di un singolo targato NRS ft. Mr. Ken Boothe dal titolo Throughout the Moonlight ha offerto un pretesto per costruire una due giorni di promozione e diffusione musicale il più orizzontale possibile.
Se al suo principio la band animava le lunghe ore di luce che segnavano l’ingresso dell’estate, marcando un certo soundstizio musicale, quest’anno porta in scena una festa post-equinozio, da tenersi rigorosamente in tuta, come lo zoccolo duro della band suole insegnare. Come è insito nelle migliori pratiche, i pezzi pregiati restano inamovibili, mentre vari pedoni si alternano rigorosamente senza che il cambiamento risulti troppo evidente.
Così l’arrivo della primavera si festeggia venerdì 6 aprile, l’appuntamento viene dato a largo Banchi nuovi, sede di un riassetto urbano che si confà quale opportuno scenario concertistico. Si inzia alle 22 e 22, dopo un po’ di musica in diffusione acusmatica (must della pratica da sound system) sparata sempre a volumi un po’ troppo alti.
L’inizio è un viaggio nelle fondamenta musicali di un gruppo in grado di annodare le tracce sonore della sua storia recente, soprattutto con il pubblico di sempre, maggiormente fidelizzato. Sezione ritmica in grande forma con basso e percussioni sugli scudi, l’olezzo di weed garantisce a tutti un fumo passivo degnamente olfattivo. Il flusso dei brani è ininterrotto, si susseguono come in una playlist dal vivo senza speaker radiofonico. In effetti, siamo di fronte a un concerto dalla segmentazione facilmente individuabile grazie agli interventi del singer Jobba che spezza in prima battuta il flow. La sezione fiati resta opportunamente assortita tra improvvisazioni più o meno virtuosistiche, sempre coerenti dal punto vista compositivo, eppure alle volte forzatamente diluite per via elettronica.
La danza si muove sferzata dai colpi di interventi strumentali che assecondano un pubblico contento di presenziare attraverso lauti applausi e urla e fischi vari. La piazza gremita festeggia il rientro alle danze mentre le fioriere rispondono colmandosi di birre esaurite. A volte i cambi da switch radiofonico disorientano, se non fosse per la puntualità del basso nel far filare sempre le cose nel verso giusto. Tra skunk e accenti degni di un puntato senza troppa gentilezza, la sezione fiati si sviluppa intorno all’utopia testuale di un mondo che si ferma alla reggae music. La ressa si conferma puntuale all’orario di discesa massiva del pubblico, un quarto d’ora dopo le 23: la aspetta l’intervento di Youthman che intona la hit You’re no good. La singolare interpretazione del singer salernitano, che ha fatto della voce il suo strumento improvvisativo, risulta un particolare momento di sincronia nonostante la diacronia: in altre parole, ogni volta che ribadisce: «This is Napoli Rockers Syndicate!», il tempo sembra fermarsi. Per non correre troppo, col suo ingresso si inizia a correre davvero.
Accade poi il lancio promozionale del disco che riportiamo per tradizione indiretta: giusto il tempo di inserire un po’ di sano silenzio, almeno musicalmente parlando, per garantire ognuno ai suoi posti di registrazione. La sonorità del flauto conduce a una dimensione più auletica nella quale tutto si avvolge in confusione tra melismi orientali e mediterranee melodie. La voce passa da quella registrata di Boothe a quella live di Squillante degli Ars nova, mentre la sezione fiati si attesta su atteggiamenti da Madonna dell’Arco che fanno omaggio al calendario tanto civile quanto liturgico.
Di cose ne accadono tante, anche troppe, che in realtà riannodare tutti i fili di quanto succede mi sembra eccessivo, anche perché documentare la “scena” in città è operazione di ricerca sì di un musicologo, ma con una buona formazione in economia. Resta il fatto che la reggae music a Napoli conserva il suo gratuito seguito nell’omologare un po’ tutti al suono di una danza che profuma di primavera. (antonio mastrogiacomo)