Sono passate tre settimane dalla fine della stagione balneare ma il dibattito sulla libera fruizione del mare e delle spiagge a Napoli è ancora vivo in città e sui media.
Il 24 ottobre scorso, Maurizio Simeone, direttore dell’area marina protetta della Gaiola, è stato intervistato da Repubblica Napoli in riferimento al ricorso posto in essere dal coordinamento Mare Libero sulla gestione di quest’ultima. Mare Libero contesta al Centro studi interdisciplinari Gajola Onlus di Simeone una gestione privatistica della spiaggia libera adiacente all’area protetta, in contrasto sia con il decreto che istituisce l’area marina sotto tutela – che non prevede forme di limitazione alla balneazione in quell’area –, sia alla normativa comunale che destina l’area alla libera fruizione dei cittadini. Nei fatti invece, l’ente limita sia la quantità di ore in cui la spiaggia è accessibile, sia il libero accesso a tutti in qualsiasi momento, attraverso la politica di prenotazioni e numero chiuso istituita durante la pandemia Covid-19 e tutt’ora avallata dal comune di Napoli.
Nell’intervista a Repubblica Simeone difende la posizione di Gajola Onlus, descrivendo in maniera apocalittica la situazione precedente al suo arrivo ed elencando “ataviche problematiche” risolte, come i rifiuti che inquinavano la zona, il sovraffollamento, la gestione “selvaggia” dei parcheggi con conseguente pericolo per la sicurezza, una presunta “illegalità diffusa” sulla spiaggia. Senza citare una fonte, Simeone riferisce del gradimento totale dei bagnanti rispetto alla gestione attuale (“il 99%”, anche se non è chiaro tra chi…) e sostiene che tanti cittadini si direbbero “terrorizzati dall’idea di un ritorno al passato” (bisognerebbe chiedere un parere anche ai tanti che da anni non riescono a mettere piede su quella spiaggia).
Il tema, ovviamente, non è la gestione dell’area del parco, ma il fatto che un ente che si occupa di una spiaggia libera renda la balneazione un privilegio, limitandone gli accessi. A nulla è servito l’invito dei comitati che si battono per il mare libero a elaborare proposte differenti, con presidi di informazione e vigilanza, e con il coinvolgimento di gruppi di cittadini coinvolti nella protezione della spiaggia: l’unica soluzione è stata la limitazione degli accessi.
Il sovraffollamento, però, non è un problema che deve ricadere sulle spalle dei cittadini ma un tema di competenza del Comune, che offre un numero limitato di spiagge libere, in città, rispetto alla legittima domanda della popolazione. Un’accelerazione dei processi di bonifica delle aree di Bagnoli e San Giovanni aiuterebbe di certo ad avere più spazi, non dimenticando il nodo principale, ovvero la necessità di un azzeramento delle concessioni ai privati che ormai vanno avanti in automatico, e senza nuovo bando, da oltre vent’anni (il Consiglio di Stato ha disposto la “scadenza definitiva irrevocabilmente al 31 dicembre” di quest’anno).
A pochi giorni di distanza dall’intervista di Simeone sulla Gaiola, il 31 ottobre, anche il cancello che dava accesso alla spiaggia libera di palazzo Donn’Anna è tornato a chiudersi in faccia ai cittadini, su indicazione ricevuta dall’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Centrale, sollecitata dal concessionario privato Bagno Elena Srl. L’impedimento di accesso alla spiaggia libera è stato giustificato alla luce di “un’assenza della pianificazione comunale di difesa della costa”, pianificazione che non è arrivata in nessuno dei ventitré anni in cui si è lasciata mano libera al proprietario del lido adiacente la spiaggia nella gestione del cancello che ne permetteva l’accesso. Il comitato Mare Libero nel 2022 ha riportato a galla la vicenda vincendo poi, con un ricorso al Tar, la battaglia, e festeggiando il successo con un rito collettivo a inizio ottobre. Ma tutto ciò non è bastato, e dopo poco più di un mese la paradossale situazione è tornata al punto di partenza.
Ora, il punto è capire se il fatto che si ritorni a parlare di pianificazione comunale proprio al momento della riapertura del cancello sia una coincidenza, quando per anni si è lasciata nel dimenticatoio, facendo gestire tutto al lido privato. Nel caso di una mancata elaborazione di un piano all’arrivo della stagione balneare, infatti, anche il Bagno Elena e gli altri concessionari dovranno far fronte alla possibilità di rimanere chiusi.
Questi due episodi descrivono in maniera efficace la risposta delle istituzioni che, parallelamente agli avanzamenti e alle piccole vittorie dei comitati per il diritto al mare, si organizzano per limitarne la crescita tutelando i concessionari privati in ogni maniera possibile, facendo riemergere questioni sparite dall’interesse comunale per anni e ignorando precise indicazioni normative. (angelo della ragione)
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