Nella notte tra sabato 4 e domenica 5 maggio due ragazze vengono investite mentre tornano a casa dopo aver passato una serata con delle amiche. La prima muore sul colpo. Si chiamava Sara, aveva ventun’anni, ed è stata ammazzata tra Coroglio e Cavalleggeri da un’automobile dileguatasi dopo l’impatto (nei giorni a seguire il guidatore si consegnerà alla polizia). La seconda si chiamava Rita, aveva ventisette anni, ed è stata travolta davanti casa, al centro di Fuorigrotta, mentre attraversava la strada. Rita rimane per diversi giorni in coma, ma alla fine il suo corpo cede nella giornata di mercoledì.
Il Mattino apre la settimana, lunedì, con un editoriale intitolato “Se anche il Vomero diventa terra di nessuno”. Partendo dall’episodio di una rissa notturna particolarmente violenta, Gigi Di Fiore, giornalista esperto di mafie e con dichiarate simpatie neoborboniche, si lascia andare a una serie di riflessioni sulla “piazza (Vanvitelli) violata”, sul fatto che “non esistono più oasi felici”, e che “non serve rintanarsi in collina, lontani da giù Napoli”. Di Fiore si indigna inoltre perché “l’arrembante albero di lauro ha coperto le immagini registrate” dalle telecamere di sorveglianza. Difficile continuare l’articolo, che inizia in prima e continua a pagina 23, per chi ha almeno una volta nella vita visto – e si farà bastare – questo.
Martedì 7 si diffonde la notizia che il Pallone d’oro vinto da Diego Armando Maradona nel 1986 come miglior giocatore del Mondiale di calcio verrà messo all’asta il 6 giugno prossimo. Il premio era stato rubato nell’ottobre 1989 da alcuni appartenenti al clan Misso, nel corso di una rapina nella banca che custodiva i beni di Maradona. Il Pallone d’oro era stato ritrovato nel 2016 ma ci sono voluti quattro anni per accertare la natura del trofeo. Maradona è morto pochi mesi dopo la conclusione di queste operazioni, e il collezionista che è entrato in possesso dell’oggetto non ha ritenuto opportuno contattare i familiari. Il valore dell’oggetto si aggira tra i dodici e i quindici milioni di euro.
Proprio a fine 2023, mentre la prestigiosa casa Aguttes si preparava a mettere all’asta il trofeo di D10s, anche i voti dell’ultima tornata elettorale nel comune di Cercola erano oggetto di accalorate compravendite. Secondo il giudice, il mercimonio di preferenze nel popolare rione Carovita era “prassi avvertita come necessaria dai protagonisti politici […], diffusa e trasversale a tutti gli schieramenti”. In carcere e agli arresti domiciliari finiscono sei persone, con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso. Tra questi Giusy De Micco, candidata non eletta al consiglio comunale con Europa Verde e Sabino De Micco, attualmente consigliere di municipalità a Ponticelli, con Fratelli d’Italia; stesso destino per Antonietta Ponticelli, capolista di Europa Verde, già condannata per associazione camorristica, e figlia dell’ergastolano Gianfranco Ponticelli, capo dell’omonimo clan. I prezzi dei voti erano di trenta euro per il primo turno e venti per il ballottaggio. Sulla casella di voto di Giusy De Micco, che lavorava in un Caf del paese, era scritto appunto “Giusy De Micco, detta Caf”.
Sempre il 7, un folto gruppo di studenti si accampa, dopo un corteo, nel chiostro della sede della Federico II in via Porta di Massa. Gli studenti sono da mesi in lotta contro il genocidio in atto in Palestina, ma chiedono anche al rettore della propria università di dimettersi dalla discussa fondazione Med-Or e di cancellare gli accordi dell’ateneo con gli enti accademici e imprenditoriali israeliani, o comunque coinvolti in qualche modo nella ricerca scientifica su e nel commercio di armi. Il rettore, circa due settimane fa, aveva garantito di attivarsi su entrambi i fronti, ma nulla è stato fatto fino a questo momento.
L’8 maggio i giornali raccontano la storia di una donna condannata a sei mesi di reclusione per “insolvenza fraudolenta continuata”: aveva eluso per ottocentosettantadue volte il pedaggio sulla tangenziale di Napoli, imbucandosi subito dopo il passaggio di altre vetture che sfruttavano dispositivi Telepass o Viacard. La donna dovrà versare la cifra non pagata, rimborsare la società Tangenziale Spa per danni e pagare le spese legali.
Lo stesso giorno, quarantotto milioni di euro falsi vengono trovati dalla Guardia di finanza in un capannone a Ponticelli, insieme ai due falsari che producevano le banconote e che vivevano lì per non allontanarsi mai dal luogo di produzione (la banda – sono sette le persone arrestate – aveva ingaggiato anche un vivandiere che gli portava il cibo più volte al giorno). Il cervello del gruppo, nonché l’artigiano che disponeva del know-how necessario all’operazione, è un tipografo settantenne titolare di un’azienda che produce carte da gioco, che già nel 2006 era stato arrestato in flagranza a Castelvolturno mentre produceva denaro falso.
Sempre mercoledì, Il Mattino pubblica un’intervista di Luigi Roano al sindaco Manfredi sulla questione Bagnoli, dopo la trasformazione in legge del cosiddetto Decreto Coesione, che stanzia un milardo e duecentodiciotto milioni (in cinque tranche) per il periodo 2024-29, per il processo di risanamento dell’ex area industriale. Roano non si lascia sfuggire l’occasione per compiacersi di quelle che sono due vere e proprie sue ossessioni: gli investimenti dei privati e la permanenza sul litorale della colmata a mare. Manfredi, naturalmente, non può assecondare del tutto posizioni che sono anche scorrette alla luce di quello che dicono gli accordi al momento esistenti. Con garbo ricorda a Roano che è compito di Inivtalia raccogliere le offerte di imprenditori privati per quella parte di piano che prevede un loro coinvolgimento, e che il comune tornerà proprietario delle infrastrutture solo quando tutti i lavori saranno ultimati. Roano non la prende bene: “Va bene Invitalia, ma il comune mica resterà fermo sulla questione dei privati?”. Manfredi, per tagliare corto, risponde che chiunque interverrà si dovrà muovere nelle more del Programma di rigenerazione (avrebbe anche potuto rispondere: “Chi vivrà vedrà”).
A parte la solita tirata sulla colmata (“Secondo lei il dibattito sulla colmata è una delle principali cause che ha determinato il ritardo nella riqualificazione?”) l’intervista non offre alcuno spunto di interesse. Ma Roano si prepara a tornare sui suoi cavalli di battaglia nei giorni successivi.
Dopo un trascurabile articolo il 9, il giornalista del Mattino intervista infatti il presidente dell’Associazione nazionale costruttori edili. Fin dalla prima domanda Roano sostiene che l’intervento dei privati sia stato “invocato dal sindaco per restituire Bagnoli ai napoletani”, lanciando un assist al presidente Lancellotti. Questo risponde che gli imprenditori “hanno sempre fatto la loro parte”, ma allo stesso tempo chiede garanzie (dall’alto di cosa, non si sa) sui tempi di bonifica. Successivamente, Lancelotti, si allarga e scavalca a destra persino Roano: chiede esplicitamente di ampliare il porto turistico a discapito della balneabilità del litorale, dice a chiare lettere che di responsabilità in termini di manutenzione delle infrastrutture gli imprenditori non vogliono sapere nulla e recita la solita cantilena sul fatto che un parco verde pubblico e una spiaggia gratuita per tutti i cittadini non sono sostenibili economicamente.
Venerdì 10 finisce sui giornali la “Sant’Antimo connection”. I giudici condannano in primo grado una serie di politici, imprenditori e uomini d’affari tra cui i tre fratelli di Luigi Cesaro, ex senatore di Forza Italia e ras del partito in Campania per oltre un decennio. Aniello e Raffaele Cesaro vengono condannati a dieci anni e sei mesi, mentre Antimo Cesaro a undici (i primi due rispondevano di concorso esterno in associazione mafiosa, mentre il terzo anche di corruzione elettorale). Secondo i magistrati il processo ha accertato l’origine opaca delle fortune imprenditoriali della famiglia Cesaro, che sarebbe stata in relazioni continue (spesso di subalternità) con il potente clanPuca. (redazione)
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